Sir Graham Watson, britannico con nazionalità italiana e già parlamentare europeo dal 1994 al 2014, è capolista per gli Stati Uniti d’Europa e spiega di aver vissuto sulla sua pelle il «disastro della Brexit in Gran Bretagna», avversandola «fino all’ultimo» e che si candida alle Europee perché sente anche in Italia «un vento simile». 

Da dove arriva, vista la sua storia personale, l’idea di candidarsi alle Europee?

Amo l’Italia, che è la mia seconda patria, ho una moglie di Firenze, due figli che parlano italiano. Per dire che per me è stato naturale accogliere la proposta di Emma Bonino, Matteo Renzi ed Andrea Marcucci di fare il capolista nel Nord Est. Ci metto la faccia, proprio per dire agli elettori che chi dice meno Europa vuole impoverire il Paese. Lo faccio, perché ho vissuto sulla mia pelle il disastro della Brexit in Gran Bretagna, che ho avversato fino all’ultimo. In Italia sento un vento simile, a quello che respirai allora.

In che modo gli Stati Uniti d’Europa possono alimentare il sogno europeo?

A Bruxelles serve una squadra di deputati liberaldemocratici ed europeisti. Una squadra che abbia il compito costante di spingere sul versante dell’integrazione, del federalismo, della reciproca solidarietà. Bisogna finalmente raggiungere un accordo europeo sull’immigrazione, l’Italia non può continuare ad essere l’unico Paese a sopportarne il peso. Un’altra priorità è la politica estera e di difesa, bisogna procedere verso l’esercito comune. L’Europa deve tornare protagonista nei tavoli globali. Poi c’è la questione della competitività, delle aziende, del lavoro. Noi europeisti ci battiamo per un Unione Europea più vicina ai cittadini ed alle condizioni economiche dei territori e meno burocratica.

Da più di due anni va avanti una guerra ai confini dell’Europa, c’è il rischio che il conflitto possa allargarsi e come dovrebbe agire l’Ue per impedirlo?

Apprezzo gli sforzi che sono stati fatti in questi due anni ma non bastano. L’Europa deve mettersi in testa che è la casa delle democrazie e delle libertà e che la Russia di Putin è un pericolo costante per tutti noi. Sostenere e difendere Kiev significa difendere i nostri confini, le nostre istituzioni, il nostro modo di vivere. Mi hanno stupito le parole di un candidato del Pd, Marco Tarquinio: siamo tutti per la pace, ma la non violenza va chiesta all’aggressore, non all’aggredito. Ho detto del Pd, ma sono fortemente imbarazzato dalla posizione della Lega e del M5S.

I partiti che fanno riferimento a renew sono divisi, con IV e piu Europa da un lato e azione dall’altro: avrebbero dovuto correre insieme?

Lo sforzo di Emma Bonino e Più Europa e dei Libdem di Andrea Marcucci da una parte, il senso di responsabilità di Matteo Renzi dall’altra, sono stati sinceri. Non c’era una preclusione verso Carlo Calenda, che secondo me ha sbagliato a dividere. Per propensione personale però, io guardo più al futuro che al passato. Mi auguro che ci siano tante nuove occasioni di incontro con Azione, facciamo tutti riferimento a Renew Europe, la nostra matrice e’ comune.

L’Europa fatica a tenere il passo di Cina e Stati Uniti nel “governo” del mondo: cosa serve per colmare il gap?

Purtroppo l’Europa è ancora un nano politico a causa della sua frammentazione. Una dinamica che ci prefiggiamo di cambiare nella prossima legislatura. Intanto passando dall unanimità al voto a maggioranza, per togliere i diritti di veto che tanti Stati esercitano, pensi all’Ungheria di Orban. Più integrazione significa arrivare ad una politica estera condivisa, solo così torniamo ad essere attori globali. Dobbiamo completare il sogno di Adenauer, De Gasperi e Schuman. Un sogno che è nato su un’isola italiana, a Ventotene, dove un gruppo di reclusi del fascismo, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, ed Eugenio Colorni, hanno immaginato un orizzonte più largo, per uscire dalle dittature.