Il presidente del Cnf Francesco Greco ha voluto fortemente che il Tralim III - il progetto di Alta formazione sul diritto all'asilo e sul diritto alla migrazione che mette insieme avvocati provenienti da tutta Europa (Cipro, Italia, Francia, Spagna, Grecia, Irlanda, Olanda e Polonia) – si svolgesse tra Agrigento e Lampedusa.

Presidente, qual è il senso della presenza dell’avvocatura su quesa piccola isola in mezzo al Mediterraneo?

Siamo qui per evidenziare che il problema non può riguardare soltanto Lampedusa o l’Italia, ma va affrontato globalmente con la presa di consapevolezza da parte dei Paesi dell’Unione europea con i rispettivi ordinamenti. Per questo abbiamo fatto in modo che da tutta Europa arrivassero qui 12 colleghi. Volevamo che vedessero con i loro occhi le grandissime difficoltà che affrontiamo e poi se ne facessero portatori nei rispettivi Paesi, perché l’immigrazione non è un fenomeno localizzabile, va affrontato tutti insieme. Il controllo del territorio, il controllo delle coste, l’identificazione e l’espulsione di chi non ha diritto a entrare sono esigenze primarie, è vero, ma parliamo di esseri umani e quindi bisogna dare il meglio a chi arriva qui con il solo intento di una vita migliore. Nessuno lascia il proprio Paese, i propri affetti, se sta bene dove vive.

Ci sono storie che l'hanno colpita particolarmente?

Mi ha impressionato sentire che ci sono spesso minori, bambini, che arrivano qui non accompagnati, come quel bimbo di tre anni arrivato da solo. I mediatori culturali non riuscivano a capire da dove provenisse perché sembrava non comprendere nessuna lingua. Ci son voluti parecchi tentativi prima di scoprire la sua regione di provenienza. Questo bambino non era in grado di dire nemmeno il suo nome ed è stato registrato come sconosciuto. Vedere bambini di tre, cinque, dieci anni arrivare da soli su queste barche ti fa davvero capire che chi parte lascia tutto.

Quanto è importante la figura dell’avvocato nella gestione del fenomeno migratorio?

Fino ad oggi si è pensato che ai migranti occorresse fornire prevalentemente assistenza medica e sanitaria. Ma bisogna anche spiegare loro che in base al nostro ordinamento giuridico hanno diritto a vedersi riconosciute alcune prerogative alle quali vanno abbinati i doveri da rispettare. Se si vuole avviare un processo di integrazione bisogna sapere che l’integrazione passa attraverso la consapevolezza delle leggi del Paese in cui si vive. Non si può pensare di integrare qualcuno che non abbia idea di quali siano i sistemi giuridici del posto in cui si trova.

La figura del legale è fondamentale anche per accompagnare il migrante lungo tutto il percorso che affronterà sul territorio italiano, soprattutto per la richiesta di asilo.

La maggior parte dei migranti che arriva qui, circa il 93 per cento, non ha intenzione di rimanere in Italia. Le destinazioni principali sono Norvegia, Svezia, Finlandia e soltanto il 7 per cento vuole rimanere qui. A queste persone dobbiamo fornire tutte le informazioni sulle procedure per chiedere il permesso di soggiorno o su come ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, per chi ne ha diritto. Magari aprendo un presidio legale qui a Lampedusa.

Un presidio legale all’interno dell’hotspot?

Probabilmente questo non è possibile perché un hotspot è una comunità complessa, governata da regole diverse. La stessa multietnicità rende difficile il governo del centro. Ma si potrebbe pensare di farlo a ridosso dell'hotspot, ad esempio. L’idea è quella di far sì che ci sia un presidio di colleghi che, gratuitamente, naturalmente, possa dare a chi arriva tutte le informazioni necessarie per avere l’assistenza di cui ha bisogno.

Avete dato la possibilità ad avvocati europei di toccare con mano cosa significa il sistema dell’accoglienza in Italia. Avete dato la possibilità di arricchirli sia da un punto di vista formativo sia umano. A lei cosa ha lasciato questa visita a Lampedusa?

Mi ha arricchito enormemente. Devo dire che mi ha emozionato moltissimo il racconto del comandante della Guardia costiera che insieme al medico ha aiutato una donna a partorire a bordo senza attrezzature idonee. Mi ha emozionato ancora di più vederlo con le lacrime agli occhi mentre ci mostrava la fotografia di Fatima, la bambina che aveva aiutato a nascere. Vedere questa umanità, questa gente che rischia la vita tutti i giorni - perché esce anche con onde altissime con il mare forza cinque - emozionarsi perché ha fatto nascere una bambina mi trasmette un patrimonio di umanità enorme. Ho registrato in tutti gli operatori dell’isola, dalla Capitaneria di porto alla Croce rossa, passando per la Polizia e la Finanza, una professionalità altissima e un’umanità straordinaria. Ho ringraziato personalmente, e ci tengo a farlo ancora, le donne e gli uomini qui impegnati perché ci rendono orgogliosi. Non sempre pensiamo al lavoro straordinario che fanno, oggi ho provato orgoglio, perché rappresentano l’Italia, ognuno di noi, e lavorano per aiutare altri esseri umani.

Possiamo dire che l’avvocatura non è qui a Lampedusa di passaggio, ma per restare?

Mediaticamente il problema esplode nel periodo da aprile a ottobre, ma il fenomeno esiste sempre. Dobbiamo fare in modo che l’attenzione e la tensione siano permanenti, non possiamo dimenticarcene tra qualche mese, perché altrimenti al prossimo aprile ci ritroveremo nuovamente in emergenza. L'inverno ci dovrà servire per studiare tutti insieme cosa fare e trovare strategie comuni tra tutti i Paesi europei. L’immigrazione è un fenomeno globale, inarrestabile, un po’ come i cambiamenti climatici: non si può pensare di regolarlo se non con iniziative globali, alla pari della globalità dell’immigrazione.