«È stato sbagliato anche solo dare l’impressione di un ragionamento per transizione, per cui siccome la municipalizzata è sospettata di mafia allora anche il sindaco lo è» perché «è un sillogismo che non sta in piedi e che è una blasfemia dal punto di vista del garantismo». Parola del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé, che rispetto ai fatti di Bari critica centrosinistra e centrodestra per poi spiegare la necessità di avere «il coraggio di avviare una riflessione sulla legislazione antimafia tout court, senza correre il rischio di essere lapidato dai soliti corazzieri delle procure».

Vicepresidente Mulé: a bocce ferme che idea si è fatto sul caso Bari?

Intanto occorre dire che tutte le procedure sono state rispettate. Non ci sono state forzature dal punto di vista istituzionale rispetto un’inchiesta che apre una voragine nella quale occorre guardare dentro. Si dice che Amtab sia innervata alle radici da fenomeni di criminalità organizzata e quindi verificare è un dovere, proprio per tutelare l’amministrazione. Insomma, Piantedosi ha fatto bene a mandare la commissione. Poi certo, dal punto di vista politico si sono aggiunti dei fatti sui quali ragionare.

Il centrosinistra ha polemizzato sulle procedure, ma anche sui meriti e sulla scelta dei commissari: cosa risponde?

L’accusa che è stata fatta al prefetto di essere di parte perché parente di un leghista è ridicola, visto che era stato nominato da Andrea Orlando. Non si può essere allergici al controllo amministrativo quando questo riguarda una parte politica. Il Pd ha dimostrato una sorta di arbitrarietà rispetto a quello che sta accadendo che oggettivamente non gli fa onore. C’è la sensazione netta di un rifiuto del controllo, ma la commissione non è Bernardo Gui che arriva all’abbazia del Nome della Rosa. Va lì per verificare, non usa strumenti di tortura.

Eppure in molti si sono schierati con Decaro, a partire dalle migliaia di cittadini in piazza fino a esponenti di spicco dell’Antimafia come don Ciotti…

Il caso Bari è stato spettacolarizzato dal Pd e dalla sinistra. Quando chiami la piazza davanti a un’iniziativa amministrativa per denunciare l’impostura di essersi permessi di dubitare del crisma dell’antimafia fai un male non solo alla politica ma alle istituzioni. Ancor di più perché in quella piazza sono state dette frasi che hanno determinato il macello sul quale ci troviamo a discutere. Emiliano e Decaro hanno tirato fuori otto versioni dell’incontro con la sorella del boss e hanno messo loro tutte queste polemiche sul piatto. Se ci aggiungiamo che Don Cassano, in virtù non si sa di quale spirito santo, si ritiene in dovere di dare del criminale a Piantedosi senza che nessuno lo fermi…

Di “spettacolarizzazione” ne sa qualcosa anche il centrodestra, vista la conferenza stampa infuocata a Bari di viceministri e parlamentari: come ha gestito la vicenda la maggioranza e Forza Italia in primis?

Io credo che su un punto non ci possano essere fraintendimenti. E cioè che occorre essere garantisti con tutti. A oggi Decaro non è macchiato di un sospetto e quindi è sbagliatissimo riportare la vicenda su un binario penale. È stato sbagliato anche solo dare l’impressione di un ragionamento per transizione, per cui siccome la municipalizzata è sospettata di mafia allora anche il sindaco lo è. È un sillogismo che non sta in piedi e che è una blasfemia dal punto di vista del garantismo. Decaro ha responsabilità politiche delle quali è giusto discutere. Ma i toni che ho sentito negli scorsi giorni, in cui si prendevano pezzi di ordinanze come fossero sentenze, erano piuttosto garibaldini. Per fortuna stanno rientrando, ma guai a mischiare un’indagine penale con un comportamento politico, perché rifaremmo gli errori fatti per trent’anni dalla sinistra prima e dai grillini poi.

In tutta questa vicenda si ragiona poi anche della legislazione in materia di scioglimento dei Comuni, che sia da destra che da sinistra alcuni voci vorrebbero modificare: lei tra queste?

Io vorrei che ci fosse il coraggio di avviare una riflessione sulla legislazione antimafia tout court, senza correre il rischio di essere lapidato dai soliti corazzieri delle procure. E rivendico il diritto di discutere della legge sullo scioglimento, così come il diritto, anzi il dovere, di ridiscutere sulle confische, mettendo da parte il ritornello che quella legge sia invidiata da tutto il mondo quando invece è una stortura radicale nel momento in cui un sospetto sollevato da tutte le accuse non vede rientrare in suo possesso i beni sequestrati. Bisogna avviare una discussione su tutta la legislazione antimafia, con serenità, perché dopo 30 anni i tempi sono diversi e ci sono state storture evidenti nella sua applicazione. E serve una ripulitura nel ruolo di Dia e Dna, per essere al passo con i tempi della mafia di oggi.

Ha parlato poco fa di garantismo, quali sono i punti sui quali per Forza Italia non si transige, visti anche i provvedimenti che il ministro Nordio vuol far approvare nei prossimi mesi?

Non si transige sui diritti della persone, sui diritti dell’imputato e dell’indagato, sul rispetto della privacy dei soggetti terzi non indagati e sulle responsabilità che devono essere chiare da parte dei magistrati laddove ci siano errori commessi per dolo e grave negligenza. Poi bisogna riformare l’ordinamento giudiziario con questa benedetta separazione delle carriere che è il primo passo verso la modernità della magistratura italiana, senza temere l’Anm e il pregiudizio ideologico che ahimè anima una parte della magistratura che continua a esercitare un ruolo debordante rispetto al consentito.

A proposito di magistratura, la polemica in queste ore si focalizza sui test psicoattitudinali: è favorevole o scettico, come il viceministro Sisto?

Chiariamo che non servono dei test per verificare se un magistrato è pazzo o meno. Sono utili a verificare non patologie ma delle capacità che soggetti possono avere o non avere. Li trovo assolutamente giusti e quando sento dire che dovrebbero essere fatti test su droga e alcol ai politici dico che c’è una piccola differenza e cioè che i politici vengono eletti dal popolo e quindi sono controllati dagli elettori, mentre i magistrati sono assunti per concorso e quindi è giusto sapere se hanno la capacità, anche nel tempo, di amministrare la giustizia. Basta farsi un giretto nella sezioni disciplinare del Csm per trovare episodi non proprio sporadici…

L’Anm dice che proprio per l’organismo di autocontrollo del Csm non c’è bisogno dei test.

I controlli attuali arrivano ex post, e invece devono essere ex ante perché bisogna verificare se una persona è in grado di decidere sulle sorti e quindi sulla vita di una persona. Come a tutti gli uomini, visto che i magistrati non sono supereroi, anche a loro possono capitare problemi di tipo psicologico e non c’è nulla di male, anzi. Ma i test sono a tutela dei cittadini.