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La riforma costituzionale? «È scritta male, è pasticciata e non risponde nemmeno agli obiettivi che a parole si dà». Gianfranco Fini spera che al referendum del 4 dicembre prevalgano i No. «Il superamento del bicameralismo paritario è un'intenzione più che condivisibile ma il modo in cui Boschi e Renzi l'hanno congegnato fa inorridire. Si passerà da due procedimenti legislativi, ordinario e costituzionale, a nove o dieci procedure diverse di approvazione di una legge», argomenta l'ex presidente della Camera. Ma non solo, «aumenterà anche il contenzioso tra le due Camere perché al Senato non ci sarà più la fiducia e tuttavia manterrà tutte le prerogative. La più bizzarra è i consiglieri regionali e i sindaci voteranno norme relative ai trattati europei, vorrei capire qual è il nesso col Comune o la Regione di provenienza».Presidente, avrebbe preferito l'abolizione del Senato?Sì, se si deve superare il sistema bicamerale, tanto vale andare verso verso un sistema realmente monocamerale.I sostenitori del Sì però dicono che la riforma velocizzerà il processo legislativo...È un ritornello che non mi convince per niente. Se oggi una legge si ferma in uno dei due rami del Parlamento non è per il perverso meccanismo del sistema, ma molto più semplicemente perché uno dei partiti che alla Camera o al Senato ha votato quel provvedimento nel frattempo ha cambiato idea e chiede una pausa di riflessione. Sono sempre questioni di carattere politico a fermare o a consentire la navetta per una legge.Qualora vincesse il No, prima di tornare alle urne servirebbe una nuova legge elettorale?Sì, questo è pacifico. L'auspicio però è che si trovi una convergenza ampia perché se si insinua il sospetto o c'è la volontà di fare una legge in ragione dell'interesse di una parte, la nostra democrazia, già ampiamente contestata, ne uscirebbe male. Il paradosso dell'Italicum è che Renzi ha prima fatto approvare la legge elettorale e poi ha riformato la Costituzione. Sarebbe stato più saggio seguire il processo inverso, nella speranza di scrivere poi una legge ampiamente condivisa. Invece, l'Italicum è stato addirittura votato col voto di fiducia, una cosa senza precedenti.Per molti, un'eventuale vittoria del No equivarrebbe a un salto nel buio per il Paese...Macché. Il presidente del Consiglio è un propagandista in questa fase. Esempio di scuola: quando dice che lo spread sale se non si fanno le riforme. Lo spread non è altro che il calcolo dell'interesse sul debito rispetto alla Germania. In tutta Europa lo spread è aumentato con la vittoria di Trump, ad esempio. Ma il dato provato che non è la stabilità in assoluto a far salire o scendere lo spread è la Spagna: sono stati un anno senza governo e hanno uno spread inferiore a quello italiano perché hanno un debito inferiore e una crescita maggiore.Silvio Berlusconi dice che l'unico leader in giro è Matteo Renzi. Concorda?Non sono d'accordo, poi il personaggio Berlusconi è molto complesso. Perché se vincesse il Sì paradossalmente nel centrodestra ci sarebbero meno problemi: rimarrebbe l'Italicum col premio di maggioranza al partito e questo faciliterebbe la nascita di un listone con Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e con tutti coloro che non cadranno vittima del veto di qualcuno.Sta dicendo che il Sì farebbe rinascere centrodestra?Rimarrebbe un'ambiguità di fondo sulla natura di questo listone. Mi spiego meglio, nel centrodestra si confrontano due opinioni in questo momento: quella sovranista - che vorrebbe addirittura uscire dall'Euro - e quella iscritta al gruppo del Partito popolare europeo, quanto di più antitetico alla linea precedente. La presunzione o l'illusione di tenere insieme tutto all'insegna della necessità di unirsi perché non vincano gli altri è destinata a scontrarsi con la realtà. Oggi la gente premia proposte nette, chiare, anche radicali, per questo non possono convivere Salvini e Parisi in nome dell'unità. Chi oggi non vota più il centrodestra è perché non capisce cosa vuole il centrodestra.E Silvio Berlusconi sa cosa vuole?Secondo me spera e si illude di riuscire insieme posizioni inconciliabili. Ci si può riuscire, per carità, ma viene meno l'appeal elettorale.È ancora il Cavaliere a dare le carte nel centrodestra?Le danno Berlusconi e Salvini congiuntamente. Si illude chi pensa che il centrodestra abbia un'identità definita, non a trazione leghista, dovrà rendersi conto che, in caso di listone, ci saranno pochi margini di manovra per incidere sul programma.Il tentativo di Parisi è dunque già morto sul nascere?No, vedremo cosa deciderà di fare. Mi ha fatto sorridere oggi (ieri, ndr) Berlusconi quando ha chiesto a Parisi di arruolare persone nuove. Ma su quale progetto? Berlusconi scarica su Parisi l'incapacità del centrodestra di farsi un'identità. Renzi un'identità ce l'ha, tanto da essere contestato da pezzi importanti della vecchia sinistra, così come ha un'identità forte Grillo. L'identità del centrodestra è difficile da cogliere.Lei che identità darebbe?Certamente non sovranista. La destra dovrebbe rispondere a una domanda: dove finisce il legittimo interesse nazionale e dove comincia un egoismo nazionale? Non si può continuare a credere di riportare le lancette al nazionalismo del secolo scorso.Salvini sarà candidato premier?Non credo che Berlusconi possa accettarlo.