La scorsa settimana, la Commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo base della legge che vuole rendere la gravidanza per altri (GPA) reato universale punibile anche se commesso da uno straniero in territorio estero. Sarà fissato ora il termine per gli emendamenti e per diventare legge dovrà seguire l’iter di approvazione nei due rami del parlamento. Ferma restando la difficile applicazione di un reato universale in assenza di alcuni requisiti necessari processuali, come la doppia incriminazione, perseguire l’utero in affitto come reato universale risulta una scelta di politica criminale censurabile sotto molti punti di vista. Il divieto di “surrogazione di maternità” è stato introdotto dalla legge del 2004 n. 40, in materia di procreazione medicalmente assistita (PMA). La legge interveniva colmando un vuoto normativo in materia di PMA disciplinato solo con Decreti ministeriali mentre il Codice deontologico dell’Ordine dei Medici, del 1995, all’articolo 41 vietava l’applicazione di tecniche con maternità surrogata (divieto oggi non più presente). La legge da subito suscitò critiche sia tecnico giuridiche che sui limiti anche nel suo evidente approccio antiscientifico, fu promosso un referendum di abrogazione totale e 4 quesiti di abrogazione parziale, ma non fu raggiunto il quorum sui 4 quesiti ammessi dalla Corte costituzionale. Oltre al divieto di “commercializzazione di utero surrogato”, di sperimentazione sugli embrioni non idonei per una gravidanza, e alle discriminazioni relative all’accesso alle tecniche di procreazione assistita, il legislatore del 2004, nel vietare la fecondazione eterologa aveva anche previsto che comunque il nato da tale tecnica, anche se in violazione di legge, avrebbe avuto lo status di figlio legittimo o riconosciuto dalla coppia. Attualmente la legge n. 40/04 al comma 6 dell’articolo 12 sancisce: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600 mila a un milione di euro». Giuridicamente tale precetto è attaccabile, perché scritto male. Da una parte, infatti, non è chiaro se la surrogazione di maternità sia vietata sempre o solo quando è «commerciale», dall’altra, la norma non fornisce una definizione della surrogazione, il che non è accettabile per un precetto penale, che non può essere generico, ma deve essere preciso e circostanziato. Inoltre, il divieto prevede la non commercializzazione di gameti ed embrioni, e nel rispetto del divieto, le tecniche eterologhe sono applicate con donazione di gameti ed embrioni, non si comprende pertanto perché la gravidanza solidale non possa essere realizzata nella totale legalità. Le varie aporie della legge 40/04 hanno determinato una serie di azioni giudiziarie, con diversi collegi giuridici, e con coppie che si erano rivolte all'Associazione Luca Coscioni. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcuni dei divieti che furono oggetto dei referendum nel 2005. Proprio la sentenza della Corte costituzionale in tema di procreazione eterologa sancisce definitivamente il diritto della coppia sterile o infertile ad accedere alla tecnica di PMA più opportuna. La legge, dunque, dopo gli interventi della Corte costituzionale che l’ha ricondotta nell’alveo della legalità costituzionale, oggi consente la donazione di gameti ed embrioni, ma mantiene il divieto di gravidanza per altri anche se di natura solidale. Tale divieto determina un pregiudizio irragionevole per quelle coppie che, a causa di una patologia, non hanno la possibilità di portare avanti una gravidanza. Nel caso della gravidanza per altri solidale, in presenza di una idonea regolamentazione, il divieto assoluto non troverebbe giustificazione costituzionale in quanto si inquadra nella scelta informata e consapevole di chi decide di donare un proprio organo per un determinato periodo di tempo, che coincide con una gravidanza, a scopi solidaristici. In fondo, già dal 2009 in Italia la legge ha previsto norme per consentire il trapianto parziale di fegato e nel 2002 il Centro Nazionale Trapianti ha predisposto delle Linee guida per il trapianto renale da donatore vivente. Nel 2010 si è regolamentato lo svolgimento delle attività di trapianto di organi da donatore vivente mentre dal 2012 è consentito anche il trapianto parziale di polmone, e altre parti tra persone viventi. Tali donazioni oggi rappresentano una concreta speranza di vita per molti malati. Anche per questo la comunità scientifica lavora per sensibilizzare sul tema delle donazioni in vita attraverso una corretta informazione relativa alla sicurezza del percorso e ai protocolli. La legge consente di donare un organo in vita, purché non ci sia “commercio” e dunque la donazione avvenga è solidale. Esattamente quanto previsto della proposta di legge in tema di gravidanza solidale per altri, depositata il 13 aprile del 2021 tramite l’on. G. Termini e altri. Insieme al contributo di esperti ed il supporto di altre associazioni, con l’Associazione Coscioni abbiamo lavorato a quel testo di legge per regolamentare il percorso di gravidanza solidale, proprio nel rispetto e nella valorizzazione di quanto avviene per la donazione di organi in Italia. Perché nel caso della gravidanza solidale non si tratterebbe di una vera e propria donazione in quanto la gestante non si priva di un proprio organo in modo definitivo come avviene per il fegato o un rene bensì ne consente l’utilizzo a tempo per un fine procreativo, e dunque per promuovere la vita. *Avvocato e Segretario Nazionale Associazione Luca Coscioni