Alessandro Campi, politologo, saggista e da qualche mese in libreria con il suo ultimo libro, L’ombra lunga del fascismo” scritto assieme a Sergio Rizzo, dà una sua lettura del voto alle Regionali in Lazio e Lombardia, spiegando che «Fratelli d’Italia ha vinto ma non stravinto, la Lega ha ottenuto un risultato importante nella sua storica roccaforte lombarda, e il partito del Cavaliere non si è liquefatto come qualcuno temeva o sperava».

Campi è pessimista sull’ipotesi di un dialogo tra maggioranza e opposizione sulla giustizia. «Lo spazio per un confronto con l’opposizione, necessario per riformare organicamente la giustizia, si è molto ristretto da quando sono iniziate le polemiche, spesso strumentali e gonfiate ad arte, sulle posizioni del ministro Nordio - spiega - contro il quale si è condotta una sorta di guerra preventiva: le sue ipotesi di riforma sono state bocciate prim’ancora di essere ufficialmente presentate». E auspica una nuova maggioranza a Bruxelles dopo le Europee del prossimo anno. «Lo storico condominio in Europa tra socialisti e popolari ormai è divenuto un accordo di potere per la spartizione delle poltrone - dice - La nascita di nuove alleanze ed eventualmente anche di nuove maggioranze servirebbe, se non altro, a cambiare l’aria dentro le stanze dei palazzi europei».

Professor Campi, dalle Regionali il centrodestra esce compatto, ma Fratelli d’Italia aumenta la sua forza in coalizione rispetto a Lega e Forza Italia. Cosa implica questo per il prosieguo della maggioranza e del governo?

Una maggiore stabilità. Gli elettori hanno distribuito i voti all’interno del centrodestra in modo tale che tutti gli alleati possono alla fine ritenersi soddisfatti. Fratelli d’Italia ha vinto ma non stravinto. La Lega ha ottenuto un risultato importante nella sua storica roccaforte lombarda. E il partito del Cavaliere non si è liquefatto come qualcuno temeva o sperava.

Come accennava, la Lega, pur risentendo dei consensi per Fratelli d’Italia, ha tenuto soprattutto in Lombardia: pensa che dopo questa tornata elettorale ci sia spazio per il rilancio politico di Matteo Salvini?

La tenuta della Lega non era un fatto scontato, visto il trend declinante degli ultimi due anni. Più che la bandiera dell’autonomia differenziata, credo abbia funzionato il cambio di passo di Salvini ( in primis sul versante della comunicazione) da quando è tornato al governo. Ha abbandonato i toni da propaganda martellante, evita di essere onnipresente sui media con tweet e selfie, sta trasmettendo un’immagine di sé più operativa, pragmatica e concreta, che è quella probabilmente preferita dai suoi storici elettori del Nord, imprenditori e partite iva in testa. C’è stata in effetti una ripartenza, ma parliamo di una Lega che è tornata ad essere il difensore degli interessi del Nord, che ha rinunciato al progetto di partito nazionale.

Forza Italia invece naviga ancora sotto la doppia cifra, e deve fare i conti con le uscite “avventurose” di Berlusconi. Crede che da un’eventuale implosione degli azzurri possano nascere dei problemi per Meloni?

L’implosione di Forza Italia avverrà il giorno in cui il Cavaliere sparirà di scena. Sino a quel momento resterà una sorta di zoccolo duro che è poi quello uscito dagli ultimi appuntamenti alle urne: un partito che a livello nazionale oscilla tra il 6 e l’ 8 per cento. Questa è una dotazione personale di Berlusconi che nessuno può intaccare. È un consenso sufficiente per contare qualcosa restando all’interno del centrodestra, ma poco significativo per avventurarsi fuori da questo perimetro. E poi per fare cosa: un partitino di centro insieme a Renzi e Calenda?

Dopo queste regionali, da qui alle Europee 2024 il cammino del governo non ha ostacoli “elettorali” da affrontare: pensa riuscirà a portare a termine le riforme annunciate, a partire da quella della giustizia?

Lo spazio per un confronto con l’opposizione, necessario per riformare organicamente la giustizia, si è molto ristretto da quando sono iniziate le polemiche, spesso strumentali e gonfiate ad arte, sulle posizioni del ministro Nordio. Contro il quale si è condotta una sorta di guerra preventiva: le sue ipotesi di riforma sono state bocciate prim’ancora di essere ufficialmente presentate. Ma anche su altri temi mi sembra che le opposizioni, forse per il fatto che non si fidano l’una dell’altra, abbiano scelto la strada dell’intransigenza e della non- collaborazione. Questo, piuttosto che indebolire la maggioranza, l’autorizza a muoversi in autonomia come già ha fatto ad esempio sull’autonomia differenziata. Questo però significa anche che l’opposizione senza aver rinunciato a fare politica e a sperare in una spaccatura del centrodestra che però mi sembra difficilmente realizzabile visto anche l’esito di queste regionali.

Le prossime Europee sono anche l’obiettivo della presidente Meloni, che punta a spostare la maggioranza a Bruxelles da socialisti, popolari e riformisti a una tra popolari e conservatori. È uno scenario credibile?

È credibile e persino auspicabile. Lo storico condominio in Europa tra socialisti e popolari ormai è divenuto un accordo di potere per la spartizione delle poltrone. La nascita di nuove alleanze ed eventualmente anche di nuove maggioranze servirebbe, se non altro, a cambiare l’aria dentro le stanze dei palazzi di Bruxelles. Popolari e conservatori darebbero vita ad una maggioranza che oltretutto sarebbe anche più omogenea dal punto di vista politico e dei valori. Fa bene dunque Giorgia Meloni a provare questa operazione, visto che sinora lo spauracchio del populismo è servito per mantenere in Europa lo status quo.