Stefano Fassina, deputato di Leu, ragiona sul fatto che «le sanzioni decise finora non hanno inciso sulle iniziative militari di Putin» e che «occorre chiarire il loro obiettivo, che non deve essere un cambio di regime a Mosca ma la pace».

Onorevole Fassina, è d’accordo con l’aut aut di Draghi: o pace o condizionatori accesi?

Più che allo slogan che ha utilizzato dobbiamo concentrarci sulla questione di fondo cioè come costruire le condizioni per arrivare alla pace e a che cosa devono servire le sanzioni. A me pare che su questo ci sia una carenza dell’Unione europea e dei principali governi. Nel senso che non riusciamo come Ue a individuare l’obiettivo del nostro impegno nei confronti dell’Ucraina. L’obiettivo non può essere dare armi e inasprire sanzioni per far impantanare la Russia e arrivare al regime change a Mosca, ma quello di costruire le condizioni politiche per un compromesso, in completa alleanza con Washington ma anche con la consapevolezza di avere interessi diversi. Il compromesso deve garantire sovranità dell’Ucraina mettendo fine alla guerra. La notizia dell’invio di carri armati dalla Repubblica Ceca all’Ucraina conferma una pericolosissima deriva militare e un’assenza di iniziativa politica per arrivare alla tregua prima e alla pace dopo.

Il pagamento del debito russo in rubli testimonia il funzionamento delle sanzioni?

Non mi pare che le sanzioni decise finora abbiano inciso sulle iniziative militari di Putin. Come ha ricordato Borrell, continuiamo a dare circa un miliardo di dollari al giorno a Mosca e la scelta della Russia di pagare in rubli è politica più che valutaria. L’inasprimento delle sanzioni dovrebbe essere utilizzato come strumento per promuovere la trattativa, non per prolungare la guerra sperando che Putin si impantani e che le sanzioni generino negli oligarchi un sentimento di rivolta che porti alla cacciata di Putin.

Tornando a Draghi, per quanto possiamo ancora continuare a comprare gas da Mosca rimandando l’embargo?

Le dichiarazioni di Cingolani in Parlamento avevano il contenuto che lei ricordava, cioè che anche un’interruzione rapida delle forniture di gas da Mosca non avrebbe conseguenze insostenibili per l’Italia nel breve periodo. Perché abbiamo ancora gas in deposito e perché è iniziativa la costruzione di fonti alternative. Certamente non sarebbe indolore e andrebbe accompagnato da sostegni alle famiglie e alle imprese. Il problema non è spegnere i condizionatori ma che milioni di famiglie oggi fanno fatica a pagare la bolletta del gas per cucinare.

Dipende tutto dal gas o crede che la guerra continuerebbe anche se l’Ue decidesse per l’embargo?

Le sanzioni devono servire a costruire i presupposti per la pace. Serve più politica e meno armi. Se arrivassimo all’embargo di gas, dovremmo chiarire quale è l’obiettivo politico di questa ulteriore sanzione. È evidente che la nostra dipendenza, che è simile a quella della Germania, è un elemento che condiziona le scelte politiche, sia di Putin che dell’Occidente. Sebbene l’embargo di gas e petrolio non porterebbe frutti sul campo, renderebbe evidente ancor di più l’isolamento russo rispetto all’Europa. Con tutte le conseguenze del caso, sia positive che negative.