«Ecco, appunto: è questo l’ equivoco. La Corte di Giustizia dell’Ue si era pronunciata tre volte, prima delle cosiddette liberalizzazioni, e aveva chiarito che le tariffe professionali, successivamente abolite da Bersani, non erano in contrasto con il diritto dell’Unione europea».

Guido Alpa è presidente emerito del Cnf ed è uno di quegli avvocati che rappresentano con la propria stessa autorevolezza il senso del “rilievo costituzionale” della professione forense. Alla guida della istituita presso il ministero della Giustizia per le Adr ( soluzioni alternative delle controversie) e tuttora componente dell’organismo chiamato a riscrivere il diritto societario, Alpa non usa perifrasi accademiche e definisce l’equo compenso «il ritorno a un principio di dignità del lavoro».

Partiamo dall’accelerazione che ha portato all’approvazione delle norme sull’equo compenso: se la aspettava?

No, si è trattato di una svolta inattesa anche per me che pure avevo seguito passo passo la definizione di quel testo. Davo per scontato che, visto il margine di tempo ridotto, non sarebbero state approvate leggi diverse da quelle che devono inderogabilmente passare entro la fine della legislatura.

E come giudica queste norme?

Sono molto importanti perché affermano due principi essenziali. Innanzitutto la dignità del lavoro, nel senso che non è dignitoso un lavoro che non sia adeguatamente retribuito. Si tratterebbe, mi rendo conto, di un principio costituziocommissione nale da osservare comunque. Ma a partire dal 2005– 2006 ha prevalso la convinzione che gli interessi in conflitto dovessero essere regolati solo in base a una valutazione di mercato. E ora il mercatismo è stato fugato, appunto. Non c’è più il forte che vince sul debole ma un’equa valutazione degli interesssi in gioco.

È con le lenzuolate di Bersani che si entra nel tunnel mercatista?

Quella fu un’errata interpretazione delle norme europee sulla concorrenza. Le tariffe professionali erano conformi alla disciplina dell’Ue, ma il governo di allora ritenne che si dovesse aprire il mercato in senso liberista, senza considerare che gli interessi in conflitto non erano in equilibrio.

Il mito secondo cui anche per le liberalizzazioni vale l’atout “ce lo chiede l’Europa” è dunque una bufala?

È un equivoco. Prima delle cosiddette lenzuolate, la Corte di Giustizia dell’Ue fu interpellata, in merito, e per tre volte diede lo stesso responso: mi riferisco ai casi Arduino, Cipolla e alla questione sollevata dal Consiglio di Stato in merito all’eventualità che le tariffe fossero in contrasto con la disciplina europea della concorrenza; per tre volte la Corte affermò che non c’era alcun contrasto dal momento che le tariffe non erano stabilite da organismi rappresentativi delle categorie che le praticavano, ma erano mediate dal ministero attraverso decreti, in cui si teneva conto degli effetti sociali delle misure.

Chiarissimo: abbiamo vissuto in clamoroso equivoco per più di dieci anni.

Il governo di allora ( guidato da Prodi, ndr) ritenne di interpretare diversamente la disciplina europea, in base a un’idea per cui ogni forma di tariffa sarebbe un ostacolo al libero mercato. L’effetto fu deleterio: ad essere avvantaggiati non furono i consumatori ma i clienti forti, che hanno potuto imporre compensi non equi ai professionisti. Ma il rilievo delle misure sull’equo compenso è anche nell’affermazione di un secondo principio.

Quale?

La rivalutazione di una specifica dignità del lavoro professionale, e quindi della necessità di tutelarlo al pari di quello dipendente. Il vantaggio di non dover sottostare alle direttive del datore di lavoro non può far dimenticare lo svantaggio per cui i rischi sono tutti in carico al lavoratore.

La sinistra– centro di Bersani ha lasciato macerie, a porre rimedio è un centrosinistra decisamente più moderato: perché?

Vedete, all’epoca ci fu un’errata interpretazione delle disposizioni sul libero mercato, che fu difesa anche dall’antitrust. Ora arriva la giusta correzione, frutto, bisogna dirlo, innanzitutto di alcune singole intelligenze. Quella del ministro Orlando, sollecitata dalle richieste dell’avvocatura e in particolare dal presidente Mascherin. Persone che hanno saputo verificare sul campo quali erano le condizioni in cui versavano i professionisti, e che si sono rese conto di come le lenzuolate non avessero più ragion d’essere.