EDITORIALE

Alla fine il Pm Di Matteo ha fatto il grande passo ed è entrato ufficialmente in politica. Ancora l’altroieri aveva ricevuto l’ennesimo dispiacere nel campo che fin qui è stato il suo campo professionale, e cioè l’attività di pubblico ministero. Un altro processo importante finito male, quello contro il generale Mori, che lui aveva accusato di avere favorito Provenzano. Niente: assolto. Un schiaffo in piena faccia. E così Di Matteo ha preso la decisione che aveva già annunciato giorni fa al convegno dei 5Stelle, quando aveva sostenuto che la politica è la prosecuzione naturale dell’azione di un magistrato. Il pm Di Matteo: ecco s’avanza uno strano soldato

La discesa in campo di Di Matteo forse è avvenuta in modo un po’ originale ( ma non più tanto): rendendo pubbliche alcune intercettazioni di colloqui avuti in carcere dall’ex boss mafioso Giuseppe Graviano. Colloqui che erano stati organizzati evidentemente dalle autorità, visto che Graviano è al 41 bis e che ragionevolmente sapeva bene che le sue parole, pronunciate sotto voce, sarebbero state intercettate e poi usate sul tavolo della politica.

Quelle di Graviano sono frasi vaghe, smozzicate, non facili da interpretare. Quel che conta è che a un certo punto sussurra: «Berlusconi mi chiese una cortesia». Naturalmente chiunque capisce che si tratta con 99 probabilità su cento, almeno, di un millantato credito, non si sa se involontario o volontario. Però serve ai Pm a insinuare l’ipotesi che Berlusconi avesse trattato con la mafia nientemeno che le stragi del 1993 ( non si sa bene perché) e che poi avesse tradito le promesse e lasciato che Graviano marcisse al carcere duro per un quarto di secolo. Se questa storia fosse raccontata a un bambino, il bambino chiederebbe, stupìto: «Ma perché questo boss Graviano, se Berlusconi l’ha tradito, per 24 anni se ne è stato zitto zitto, e anche adesso, che si aspetta di restare in carcere per tutta la vita, non punisce il tradimento raccontando ai magistrati come sono andate le cose?».

Nessuno saprebbe rispondere al bambino. Il quale, tra l’altro, non sa che se Graviano avesse deciso venti o venticinque anni fa di accusare Berlusconi, avrebbe potuto accedere a tutti i benefici previsti per i pentiti, e se la sua testimonianza avesse retto a un processo, ora sarebbe a piede libero da un pezzo.

Del resto Berlusconi è stato varie volte inquisito per questa storia del ‘ 93. Ma è stato anche sempre prosciolto. Probabilmente sarà inquisito e as- solto molte altre volte.

E allora? Allora è abbastanza chiaro che la vicenda giudiziaria non è di grande interesse ( oltretutto si inserisce in questo processo Stato- Mafia che almeno da un paio d’anni non sta in piedi nemmeno con le stampelle, e persino i giornali giustizialisti hanno smesso di seguire). Quello che interessa è la battaglia politica che si sta aprendo.

Lo scenario non è ancora chiarissimo. E’ evidente che c’è un pezzo non piccolo della magistratura che intende scendere in campo in politica in modo diretto e massiccio. Punta a governare. Anche in contrapposizione con un altro pezzo di magistratura che invece si è convinto che bisogna chiudere con la stagione che si aprì con Mani Pulite – la stagione del protagonismo dei Pm – ed è necessario che la magistratura torni ai suoi compiti all’interno dello Stato di diritto e a difesa dello Stato di diritto. Proprio questo contrasto che si è aperto tra i magistrati sta spingendo i magistrati interventisti ad affrettare i tempi. Ma come? Fidandosi dei 5 Stelle e usando il partito di Grillo come proprio rappresentante naturale, e dunque cercando lì lo spazio necessario?

Molti pensano che non sia la via giusta. Perché non garantisce autonomia, perché rischia di produrre subalternità. E questa inquietudine è dimostrata anche dai maldipancia che negli ultimi giorni hanno accompagnato le scelte del “Fatto Quotidiano”. Marco Travaglio si è impegnato in prima persona e a viso aperto per fermare l’ipotesi di un accordo Grillo- Renzi sulla legge elettorale, e soprattutto per fermare l’ipotesi di una “normalizzazione” dei Cinque Stelle. Travaglio, a occhio e croce, parla anche a nome del partito dei Pm.

Se sarà possibile una scesa in campo dei Pm al fianco di Grillo o se invece la strada sarà quella della creazione di una nuova formazione politica, è una alternativa apertissima. Le mosse di Di Matteo vanno interpretate alla luce di questo scenario. E alla luce di questo scenario è anche giusto aspettarsi nuovi “colpi di mercato”, come dicono i giornalisti sportivi, cioè nuove rivelazioni clamorose, intercettazioni, confessioni varie, e mosse politiche di questo genere. Di Matteo non è un tipo ingenuo come fu Ingroia. Non si farà certo ingabbiare dai “politicanti”.