Lettera ad una legislatura mai nata, se mai nascerà. Tema: fate tornare l’educazione civica nelle scuole. Antefatto. Nel dibattito ricorrente sui requisiti minimi da esigere per lo jus soli, soventemente è stato affacciato il tema della necessità di richiedere la conoscenza della lingua italiana e della Costituzione, argomentando che solo così si sarebbe potuto dar prova, da parte dei figli di stranieri nati sul suolo italico, di una partecipazione consapevole alla nostra cittadinanza. La tesi riproduce l’atteggiamento che altri ordinamenti - come quello tedesco hanno mostrato di avere intorno alla questione, ma appare alquanto temeraria: se si subordina l’attribuzione dei diritti di cittadinanza non al fatto puro e semplice di essere nati in Italia ma ai requisiti della conoscenza della lingua e della Costituzione, bisogna, per coerenza, sottoporre al- l’esame anche gli italiani. Francamente non mi azzarderei a percorrere questo impervio cammino che può riservare sorprese devastanti: considereremmo cittadini abusivi un bel po’ di politici, in difficoltà con la sintassi e con la conoscenza della Carta fondamentale che fanno bella mostra di sé stessi nei talk show e nelle assemblee rappresentative? Urge ripristinare l’insegnamento della Costituzione nelle scuole dell’obbligo! Forse non è inutile ricordare a chi si deve la legge che istitutiva l’insegnamento della educazione civica nelle scuole: fu il ministro della Pubblica Istruzione Aldo Moro, nel 1958. L’insegnamento, però, venne di fatto soppresso nell’anno scolastico 1990/ 1991: cominciava l’epifania della lunga spending review che da lì in poi si sarebbe abbattuta sulla scuola, schiacciando l’educazione civica all’interno di discipline storiche o, per i pochi istituti superiori che le praticavano, giuridiche. Così per lungo tempo l’educazione civica è sopravvissuta grazie alla buona volontà dei docenti di storia che avrebbero dovuto impegnare solo due ore mensili alla sua trattazione. Poi cominciò una lunga esperienza di mimesi semantica che portò lo studio della Costituzione ( dal 1979 materia per gli studenti della terza media) a chiamarsi «educazione alla convivenza democratica» ( 1985, Ministro Falcucci) o «educazione civica e cultura costituzionale» ( 1996, Ministro Lombardi) o, ancora, «educazione alla convivenza civile» ( Ministro Moratti, 2003), fino a diventare nel 2008, con il Ministro Gelmini, «cittadinanza e Costituzione». L’unico fil rouge che ha legato le diverse esperienze ministeriali è stata la condizione immutata dell’educazione civica, apprezzata come «non materia», una sorta di petizione ideologica che non ha mai trovato un «adeguato posto nel quadro didattico della scuola», così come, invece, chiedeva nel 1953 il ministro Moro. Eppure, come ricorda il pedagogista Corradini, «non basta il sapere nella società secolarizzata, tecnologica e globalizzata, ma bisogna anche sviluppare personalità e responsabilità sociale, sentimenti di empatia, rispetto, appartenenza e partecipazione». E, aggiungeremmo noi, il senso di appartenenza a un’identità collettiva che viene mirabilmente rappresentata dall’etica costituzionale.

Insomma: un modo giusto di ricordare Moro, nel quarantennale della sua morte, e la Costituzione, nel settantennale della sua vita, sarebbe quello di far tornare l’educazione civica nelle scuole. Ma non come materia cuscinetto, per consentire agli studenti di dedicarsi ad attività ludiche mentre il prof dice qualcosa sull’art. tre o novantadue. Ci vuole che entri tra le materie curricolari, almeno tre ore a settimana e voto finale con recupero per gli insufficienti.

Chissà, forse così riusciremo ad evitare un po’ di gag involontarie agli intervistatori delle Iene davanti a Montecitorio. A beneficio degli onorevoli di domani, s’intende.