Si chiama eterogenesi dei fini il progetto con cui si ottiene un risultato opposto a quel che ci s'aspetta. Il fenomeno è particolarmente diffuso in politica per incapacità e soprattutto per la furbizia che sempre più segna il potere. Il dibattito che s'è (ri) aperto sulla legge elettorale, l'Italicum, è un classico della serie. Sanno tutti che i tempi per una riforma prima del referendum non ci sono e che l'esito del referendum potrebbe modificare i rapporti di forza spingendo verso diverse soluzioni di legge elettorale. Ma lo scontro infuria comunque.Punto di partenza: è legittimo modificare la legge elettorale per isolare, nuova conventio ad excludendum il M5s? Sul piano etico e democratico generale, no. Sul piano formale, sì. Ma è sul piano sostanziale che si può provocare un bel pasticcio. L'inutile ma furiosa discussione chiede l'abolizione del ballottaggio per la scoperta (tardiva) che in Italia vincerebbe la seconda forza politica (M5s), dato che la terza (centrodestra), in odio alla prima (Pd), voterebbe i secondi. Obiettivo: bloccare l'affermazione del populismo grillino col suo inquietante seguito; ma tutto potrebbe sfociare in un megaaccordo organico tra Brunetta e D'Alema, Scilipoti e Gotor, Meloni e l'Anpi, la Cgil e Salvini tale da provocare un violento rigetto antipolitico e un'impennata grillina. La furbizia è evidente: non la risposta ai problemi del paese, ma una grande alleanza per fregare il M5s.Nessuno sembra interrogarsi sugli interessi del paese, il suo respiro democratico, la rimozione di ciò che sta progressivamente indebolendo l'Italia. Eppure la risposta c'è. Intanto, il paese ha bisogno di poter esprimere una maggioranza certa e stabile senza cancellare o indebolire la democrazia. Secondariamente, gli italiani devono escegliere i parlamentari anziché doversi sorbire schiere di nominati per meriti imbarazzanti. Terzo, il diritto degli elettori di scegliersi i rappresentanti non deve venir pagato con la crescita della corruzione come accade col voto di preferenza (sapendo che meno sono le preferenze dell'elettore più la competizione tra candidati dello stesso partito rischia la corruzione per cui la battaglia referendaria che portò a una sola preferenza la fece crescere anziché limitarla).Invece di partire da questi tre punti, su cui (quasi) tutti a parole concordano s'è scatenata una fiera di proposte di leggi elettorali che racchiudono l'intero ventaglio delle voglie inconfessabili dell'attuale ceto di potere. Come si partecipa al bottino del premio di maggioranza? E se invece della lista viene dato alla coalizione si danneggia o si aiuta il centro destra i cui voti, in un'unica lista, non si sommano? Ma soprattutto, se il premio va all'alleanza si riuscirà a garantire la stabilità? O ancora, quanto serve il capolista bloccato ai partiti grandi e ai piccoli? E col capolista bloccato quanti ne toccano a Cuperlo e Bersani nel Pd? E quanto bisogna allargare o rimpicciolire la circoscrizione per fregare il M5s o i partiti della rappresentanza e/o della transumanza da uno schieramento all'altro? E dato che il sistema è tripolare e serve per forza un accordo a due non è meglio il proporzionale così destra e sinistra si mettono d'accordo meglio? Perfino il voto del secondo turno è diverso: vale meno di niente rispetto alla volontà dell'elettore per chi teme il ballottaggio la esprime alla perfezione per chi lo auspica.E' possibile una soluzione tenendo ferme le priorità fondamentali: scelta del governo e stabilità, elezione dei parlamentari da parte dei cittadini, abolizione della preferenza? Sarebbe sufficiente dividere il paese in 630 collegi uninominali e tener fermo il ballottaggio con un secondo turno per il premio di maggioranza tra i due primi arrivati. Verrebbero eletti in ogni circoscrizione regionale i candidati con le più alte percentuali. Quindi nessuna certezza per nessun candidato (senza eccezione o deroga) ma solo la decisione diretta degli elettori. Sarebbe una rottura che toglierebbe tutti gli alibi a tutti promuovendo fatti di immediato risanamento del sistema politico italiano. Il Corriere dalla Toscana, con un lungo articolo di Paolo Armaroli, sostiene che questa proposta, avanzata da Dario Parrino, deputato e segretario toscano del Pd, "di sicuro avrà avuto l'avallo del premier", che però, nelle scorse ore, ha detto che non avanzerà nessuna proposta. Certo, se Renzi dicesse il Provincellum, avrebbe contro tutti (parte dei renziani compresi: fare ammuina ok, ma cambiare veramente è troppo pericoloso, meglio la scusa del M5s.