Paola De Micheli, già ministro, sottosegretario e ora candidata alla segreteria dem, spiega che «il Pd non si rifonda con un tweet», parla di un partito «intriso di profonda misoginia» e mette in guardia dalla subalternità al M5S. «Non posso immaginare - dice - un centrosinistra vincente senza il Pd come perno della coalizione».

Onorevole De Micheli, perché ha scelto di candidarsi alla segreteria del Pd?

Mi sono candidata dopo un’analisi molto severa della condizione del Pd. Sono emerse in questi due anni molte idee sulla sinistra, su nuove politiche da mettere in campo, nette e radicali, su lavoro, ambiente, fisco e sul ruolo dell’Italia nel mediterraneo. Un percorso compiuto insieme a rigenerazione democratica, l’associazione che ho fondato con tanti amici, da lì è nata la mia candidatura. a questo si aggiunge il vantaggio di avere una conoscenza del partito a livello nazionale molto profonda e l’esperienza per guidare una vera fase di rinnovamento profonda e per la quale servirà tempo. In sintesi, il Pd non si rifonda con un tweet.

Eppure ci sono due candidature forti, cioè quelle di Bonaccini e Schlein: cosa la distingue da loro?

Partiamo tutti alla pari: mi distingue l’esperienza nazionale e internazionale, e ovviamente le idee. Proponiamo una rivoluzione organizzativa del Pd, la riscrittura dello statuto dei lavoratori, per riconoscere nuovi diritti a tutte e a tutti, comprese le partite iva. Mi distingue inoltre un profondo ambientalismo non ideologico ma pragmatico, che si ispira all’ecologismo integrale di papa Francesco. Una contrarietà radicale all’autonomia e un meridionalismo concreto, tanto che non mi aspettavo l’affetto ricevuto nelle regioni del sud.

Cosa è mancato al Pd negli ultimi anni, nei quali ha subito importanti sconfitte?

Noi perdiamo voti perché la sinistra si è persa, ha scelto di non interpretare più il proprio ruolo di rappresentante nelle istituzioni dei bisogni delle persone, dei lavoratori, delle donne e dei giovani. Vogliamo trasformare questo partito, anche con l’umiltà di saper riconoscere gli errori, mettendoci il coraggio di una donna militante che si candida a cambiare un partito intriso di profonda misoginia. Noi siamo per un bagno di realismo nel Pd, lo sforzo quotidiano e la nostra rivoluzione passa dal trasformare gli iscritti in veri decisori, lontani dall’oligarchia del Nazareno.

Ha parlato del lavoro, tema chiave di questo periodo storico e del dibattito a sinistra: cosa propone?

Non proponiamo soltanto il salario minimo, ma una riscrittura dello statuto dei lavoratori, che è stato fatto negli anni ‘ 70 quando il mondo del lavoro era un’altra cosa. Vogliamo lo statuto dei lavori per rendere più sicuro il lavoro, garantire a tutti e a tutte i diritti universali. Il salario minimo non e’ una misura di politica economica, ma deve diventare un diritto sociale e universale. Inoltre occorre finalmente riorganizzare la rappresentanza del mondo del lavoro attraverso una nuova legge, come previsto dalla costituzione ancora inattuata.

Ha citato anche l’ambientalismo, altra questione di primaria importanza nel mondo di oggi: siamo pronti per la transizione green?

Sono convinta che nell’attuale condizione tecnologica ed economica dell’Europa e in particolare dell’Italia ci sia un evidente rischio, peraltro smascherato dalla crisi energetica iniziata a ottobre 2021, che i tempi della transizione ecologica siano molto più lunghi di quanto non vengano raccontati nei convegni. Bisogna aumentare di dieci volte gli investimenti europei nazionali, pubblici e privati, sul fronte della ricerca e dello sviluppo legati a soluzioni sostenibili soprattutto per le filiere industriali che inquinano di più. E servono misure di incentivazione automatica per le piccole e medie imprese che corrono il rischio di essere finanziariamente incapaci di sostenere la transizione. Infine, c’è bisogno di un massiccio investimento sulla formazione di lavoratrici e lavoratori per evitare che una parte di loro venga espulsa dai processi produttivi. Invece il governo Meloni sta già offrendo l’idea che la transizione ambientale sia nemica dello sviluppo.

Sulla guerra in Ucraina il segretario Letta esprime una linea chiara, ma nel partito ci sono visione diverse: qual è la sua?

Ho una posizione atlantista e ritengo che chi combatte per difendere la democrazia vada sostenuto e aiutato. Penso anche che si stiano aprendo margini per negoziare una tregua, unico presupposto per arrivare alla pace. L’Ue ha avuto un atteggiamento eccessivamente ondivago sulle sanzioni, figlio della dipendenza energetica dalla Russia, ma oggi deve prendere un’iniziativa politica per una tregua, non una resa. Per me resta molto chiaro che c’è un aggressore e un aggredito e sto dalla parte di quest’ultimo.

Tra un mese ci saranno le regionali con il Pd che nel Lazio corre col terzo polo e in Lombardia col M5S: quali alleanze vede nel futuro dem?

Più il Pd è debole più sarà subalterno nelle alleanze. Vogliamo provare a invertire questa prospettiva e rilanciare il ruolo del Pd nel paese con un lavoro molto profondo che non durerà pochi giorni e che potrà riportarci a essere egemoni nella sinistra italiana. A quel punto si potranno negoziare alleanze parlamentari e nel paese con chi, assieme a noi, compone attualmente l’opposizione al governo Meloni. Non posso immaginare un centrosinistra vincente senza il Pd come perno della coalizione. Sono stata al governo con i Cinque stelle e quindi li conosco bene. Si potrebbe lavorare bene insieme, ma mai saremo subalterni.

È d’accordo con il voto digitale per le primarie e con il rinvio di una settimana per evitare la sovrapposizione con le regionali?

Ho sempre detto che bisognava avere attenzione per le regionali. Se spostando le primarie di una settimana, si sposta anche il voto nei circoli, alleggerendo il generoso lavoro del Pd in Lazio e Lombardia, allora va bene. Credo anche che la prospettiva digitale del partito sia da perseguire ma chi conosce bene il Pd, come me, sa che non siamo in grado di organizzare un voto online in 40 giorni. Per questo sono contraria.