«Ci sono molte componenti diverse in questo tipo di protesta. C'è il lavoratore terrorizzato dall'innovazione tecnologica e farmacologica, c'è il lavoratore spaventato da dicerie di tipo quasi magico, c'è il lavoratore che rifiuta il green pass per ideologia e c'è il lavoratore arrabbiato per altre cose e usa questo pretesto come sfogo. E a seconda della motivazione queste persone sono più o meno convincibili vaccinarsi». Nel giorno dell’entrata in vigore del green pass obbligatorio sul lavoro che rischia di paralizzare il Paese, col possibile blocco dei porti, il sociologo Domenico De Masi prova ad analizzare un fenomeno complesso per capirne le cause al di là delle semplificazioni.

Professore, tra chi protesta c'è anche chi, da non vaccinato, teme di perdere potere d'acquisto dovendo sottoporsi a un tampone ogni 48 ore per lavorare. È una preoccupazione fuori luogo?

Diciamo che avrebbe la possibilità di vaccinarsi gratuitamente per evitare questo pericolo. Sarebbe la soluzione migliore per tutti, per i cittadini e per lo Stato. Perché vaccinare le persone costa un terzo di un tampone ogni 48 ore per otto milioni di persone. Srebbe meglio riuscire a convincerli.

E come?

Se già il servizio pubblico televisivo dedicasse maggiore spazio all’informazione in materia di vaccini, invece di mandare in onda tutti quei quiz serali, sarebbe già qualcosa.

Ma minacciare scioperare contro il green pass è legittimo o no?

Prendo semplicemente atto che alcune persone contestano le idee di altre persone. E queste altre persone sono rappresentate soprattutto dal governo che avrebbe potuto rendere obbligatorio il vaccino così come sono obbligatorie tante altre cose nella nostra quotidianità. Perché la convivenza pacifica tra 60 milioni di persone richiede delle regole precise. Ma l'esecutivo non ha voluto introdurre l'obbligo ricorrendo a un escamotage che ha prodotto alcuni effetti ma non è riuscito a convincere tutti a vaccinarsi.

Nelle proteste di questi giorni c'è chi rivendica la libertà di scelta e chi si agita per avere ad esempio adeguamenti contrattuali. Quanto sarà complesso questo autunno?

Ci saranno molteplici motivi che inducono le persone a utilizzare questa occasione per manifestare la propria rabbia. Nutro del rancore per un motivo A e mi inserisco nel fenomeno B.

A fine mese verrà meno ufficialmente il divieto di licenziare. È possibile che le piazze, che oggi chiamiamo no vax, si trasformino in piazze di rivendicazione sociale?

Già adesso molti manifestanti chiedono questo. Persino la maggioranza di coloro che sono scesi in piazza sabato scorso. C'erano i no vax, sì. Ma tanti chiedevano lavoro, sicurezza e così via. Il problema semmai è capire chi organizza queste piazze. Chi decide? C'è una regia e andrebbe esplorata con attenzione.

Per evitare che la situazione degeneri il governo dovrà intervenire per tutelare le categorie sociali più esposte?

Non c'è dubbio. Ma bisogna capire che strada voglia prendere questo governo. Se una strada socialdemocratica, con un occhio di riguardo per gli svantaggiati, o neoliberista, più vicina agli avvantaggiati. Le cure tra loro sono molto diverse.

E questo esecutivo che strada sta prendendo?

Il presidente del Consiglio è uno dei leader mondiali del neo liberismo, non credo che vada verso la soluzione socialdemocratica.

Quale sarebbe la soluzione socialdemocratica?

Dare un lavoro a chi può lavorare e un reddito di cittadinanza a chi non può.

Secondo l'Istat nel 2020, l'anno più critico della pandemia, il 9,4 per cento della popolazione italiana si è ritrovato in condizioni di povertà assoluta, circa 5 milioni e mezzo di persone (l'anno precedente era al 7,7 per cento). Che se sommate agli 8 milioni di poveri relativi fanno una fetta ragguardevole della popolazione italiana. E se anche solo una parte di questa massa si riversasse in strada nei prossimi giorni?

Viviamo in una società precarizzata. L'effetto principale del neo liberismo è stato rendere precaria la vita di tutti e questo fa arrabbiare un po' tutti. Alcuni però sono più arrabbiati degli altri. Molti di quegli oltre 13 milioni di poveri di cui parla lei non hanno neanche tanto da perdere. In passato i meno abbienti in Italia avevano due punti di riferimento per questa gente: la Chiesa cattolica e il Partito comunista italiano. La prima ha continuato a fare quello che faceva prima, occuparsi degli ultimi attraverso la carità. Ma quando è venuto meno il secondo è mancato un referente politico istituzionale a cui rivolgersi. Nessun partito ha più puntato a rappresentare gli ultimi. Che ora sono preda di qualsiasi forza politica.

Si riferisce a Forza Nuova?

Certamente. Ma non solo a loro, sono preda di chiunque. Anche del Pd o della Lega, per citare due partiti a caso.