«Nel Pd è tregua armata», ammette Cesare Damiano, tra i componenti della minoranza del Pd e leader di LabDem. E sul futuro del governo è certo: «Mattarella è l’unico che ha cuore le sorti dell’Italia, ma purtroppo Renzi non gli ha dato una mano».

Il Pd è tutto schierato a favore del governo neutrale proposto dal Presidente della Repubblica. Perchè?

Sergio Mattarella è rimasto l’unico capace di indicare una strada alla politica, dopo mesi di veti incrociati e ancora di campagna elettorale, perchè si preoccupa del fatto che il nostro Paese in assenza di un governo potrebbe essere preda della speculazione, incapace di rispondere all’emergenza dell’aumento dell’iva e soprattutto non in grado di condurre in porto entro l’anno la legge di Bilancio. Un esercizio provvisorio farebbe molto male all’Italia e correrebbe il rischio di svegliare il can che dorme: vale a dire l’Europa, i mercati e la speculazione, per il momento relativamente addormentati e benevoli nei nostri confronti.

Lega e 5 Stelle hanno già detto no, però.

Allo stato hanno escluso di assecondare il cosiddetto governo neutrale, preferendo andare al voto trasformato in una sorta di ballottaggio. Anche se nelle ultime ore, dopo la pressione esercitata da Mattarella, pare che si verifichi ciò che sembrava impossibile: dopo i passi indietro di Salvini e Di Maio, il passo di lato di Berlusconi. Staremo a vedere.

Il Pd come si presenta a giocare questa partita?

Purtroppo il Pd, con l’infausta uscita di Matteo Renzi da Fazio, ha contribuito a ribaltare uno dei tavoli allestiti da Mattarella. Renzi nelle ultime ore si è sperticato in elogi al Presidente della Repubblica ma soltanto una settimana fa gli ha messo i bastoni tra le ruote, impedendo anche solo l’avvio di un dialogo.

Lei era per provare la strada dell’accordo coi 5 Stelle, davvero si sarebbe potuta percorrere?

Va distinta la parola dialogo dalla parola accordo. Noi non abbiamo mai sostenuto la possibilità di un accordo con i 5 Stelle senza un confronto preventivo sui contenuti e non ci siamo mai nascosti le divergenze abissali che esistono. In sintonia anche con un pezzo di maggioranza del Pd, volevamo entrare nel gioco politico, stanando i grillini e la Lega dalle posizioni di comodo populismo. Aprire un dialogo avrebbe portato a un accordo? Non lo sappiamo, ma era un tentativo che andava esperito anche perchè che lo ha chiesto Matta- rella, quindi avrebbe dovuto essere un passaggio da non eludere.

La minoranza ha comunque votato la relazione della scorsa direzione che avallava il No al dialogo.

Non è andata così: la minoranza ha apprezzato la relazione di Martina, nella quale si è parlato di cambio di passo e quindi di una necessaria discontinuità nei contenuti e nel metodo. Il segretario reggente ha parlato di gravi sconfitte riferendosi al referendum e alle ultime elezioni politiche, aprendo finalmente una riflessione, e al tempo stesso ha preso atto dell’archiviazione del tavolo tra Pd e Movimento 5 Stelle. Non a caso la minoranza ha preteso e ottenuto di votare la sua relazione e di ritirare tutti gli ordini del giorno, compreso quello del renziano Guerini.

Una sorta di tregua interna, quindi?

Sì, ma è una tregua molto fragile, che sta però segnalando che nel Pd è in atto un cambiamento degli equilibri, come hanno dimostrato le prese di posizione di Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Dario Franceschini e Piero Fassino: la vecchia maggioranza renziana del 70% non esiste più.

Teme un Renzi bis al Nazareno, ora?

Abbiamo bisogno di indicare una strada semplice: in primo luogo si deve puntare su Maurizio Martina come segretario, che ha dimostrato in questo momento difficile di essere in grado di pilotare la situazione. Poi, se dobbiamo andare a elezioni anticipate, dobbiamo dire con chiarezza che il nostro candidato premier si chiama Paolo Gentiloni.

Ecco, si andrà a votare in luglio secondo lei?

Mi pare che, al di là dei proclami aggressivi di chi grida ' al voto, al voto! ', tutti si rendano conto della pericolosità della situazione: abbiamo messo in mora il Parlamento e adesso corriamo il rischio di mettere in difficoltà l’ultimo baluardo che c’è rimasto, il Capo dello Stato. Ho sentito gli appelli delle ultime ore del centrodestra nei confronti dei 5 Stelle e possono sempre arrivare sorprese. Temo la scelta delle urne, soprattutto in due momenti molto poco adatti: fine luglio, con tutti i rischi di astensione balneare e ulteriore disaffezione; oppure settembre- ottobre quando dovremmo occuparci della legge di Bilancio.