Le posizioni rimangono inconciliabili. La polemica è scoppiata quando Nando Dalla Chiesa, professore di Sociologia della Criminalità Organizzata all’Università di Milano e scrittore, ha definito quella dell’avvocato penalista Maria Teresa Zampogna al Comitato scientifico regionale antimafia una nomina che «collide» con la sua storia e quella del padre, Carlo Alberto, ucciso da Cosa Nostra. Il motivo: Zampogna è stata legale dell’ex manager Carlo Chiriaco, condannato per concorso esterno, e del boss Salvatore Lo Piccolo. L’Unione camere penali ha risposto duramente alla sua presa di posizione, ma Dalla Chiesa non cambia idea.

Professore, le sue affermazioni hanno scosso l’avvocatura.

La mia posizione non ha nulla a che vedere con la professione di avvocato in sè, ho parlato di una questione di opportunità. Si figuri se mai il mio problema è che sia avvocato. Nel comitato precedente da me presieduto c’era un avvocato e io lo ho proposto come mio vicepresidente.

Eppure si è aperto un duro fronte polemico con i penalisti.

Io ho detto che la nomina di Zampogna mi sembra inopportuna e mi sembra anche che la questione sia molto semplice: non capisco perchè si sia voluto creare un caso, mobilitando le Camere Penali. Trovo la polemica sorprendente e anche un po’ amara, a causa di certe cose che sono state dette.

Non comprende le posizioni degli avvocati?

A me sembra che sfugga il principio di opportunità e tutto ciò che da esso deriva, che sono le basi della democrazia. Mi permetta però di dire che trovo difficile che professionisti abituati a maneggiare il diritto non lo capi- scano. Gli avvocati hanno sollevato tante volte, anche giustamente, questioni di opportunità che riguardavano i magistrati, come fanno a non vederle in questo caso?

Il fatto che lei sostenga che un avvocato che ha difeso imputati per mafia non possa fare parte di un comitato antimafia, però, è stato interpretato come un attacco al diritto di difesa. In altre parole, gli avvocati esistono proprio per difendere qualsiasi imputato.

Ma dove mai avrei creato una contrapposizione di principio con la funzione dell’avvocato e il diritto di difesa? A me sembra tutto molto evidente: per me un avvocato fa benissimo a difendere sistematicamente i mafiosi ed è legittimo che lo faccia. Dove sta il mio attacco alla Costituzione? Non ho detto nè che i mafiosi non devono essere difesi, nè che chi difende i mafiosi è loro complice. La costituzione, però, non prevede che gli avvocati difensori dei mafiosi debbano stare nei comitati antimafia, o sbaglio? Per questo non capisco dove sia il problema.

Le Camere penali sostengono che lei confonda l’imputato con il suo difensore, però.

Questo non è mai stato detto, ma mi sembra talmente chiaro che l’avvocato di un mafioso non possa partecipare ad un comitato in cui, per esempio, si debba decidere su che fare di un bene confiscato a quello stesso mafioso. Mi sembra un ragionamento logico e di buon senso e non capisco come sfugga degli avvocati, abituati per professione a spaccare il capello in quattro.

Questo intende per «inopportunità» della nomina?

Le faccio un altro esempio. Io presiedetti dal 2011 al 2016 il primo comitato antimafia in Lombardia e chi lo fondò, ovvero l’allora sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, espresse una raccomandazione: ci chiese di non inserire nel comitato giornalisti. Lei pensa che lo fece perchè Pisapia pensa che i giornalisti siano mafiosi o che non sia un lavoro onorevole? No, lo fece semplicemente perchè è bene che un giornalista non stia in un comitato che ricerca delle informazioni riservate.

Per quale ragione?

Perchè avrebbe dovuto obbedire contemporaneamente a due codici deontologici: quello della riservatezza come membro del comitato e quello del giornalista che quando viene a conoscenza di una notizia ha il dovere di darla. Allora, nessun giornalista ha protestato sostenendo che qualcuno li considerasse dei malfattori, proprio perchè si tratta di un ragionamento intuitivo. Hanno tutti capito che era giusto così e nessuno si è incaponito dicendo “no, io ci devo stare”. Per quale ragione, invece, lo stesso ragionamento deve essere preso come un’offesa per gli avvocati? Per altro, le aggiungo anche che il caso mi è stato rappresentato da alcuni penalisti del foro di Milano, loro stessi sorpresi dall’indicazione nel comitato dell’avvocato Zampogna, che io nemmeno conoscevo. Ci sarà una ragione.

Operativamente, lei rimane fermo nel proposito di dimettersi, qualora Zampogna non faccia un passo indietro?

Guardi, non voglio passi indietro e non faccio aut aut. Io, però, non ho molto tempo e nello scorso mandato ho fatto il presidente del comitato anche sopportando qualche sacrificio personale. Quando si fanno questi comitati e si chiede a dei professionisti di lavorare gratuitamente, bisogna che tutto funzioni bene e ogni singolo ha il diritto di valutare se vale la pena investire così il proprio tempo e se il proprio lavoro è utile oppure no. Mi si consentirà di fare questa valutazione? Ecco, io ritengo che un comitato funzioni anche in base a chi lo compone ed è chiaro che se so in partenza che ci saranno questioni su cui è possibile si verifichino dei cortocircuiti, mi interroghi sul senso della mia partecipazione?

Quindi la sua è una valutazione anche pratica?

Io agisco con coerenza e questo il direttore del suo giornale, Piero Sansonetti, si ostina a non capirlo. Sbaglia a pensare che io abbia agito in questo modo per scopi politici. Lo sorprenderà, ma ci sono cose che le persone fanno per coerenza e non sempre quando si agisce ci si prefiggono scopi politici di sorta.

La polemica andrebbe chiusa?

Io interverrò ancora su questa vicenda, non tanto per ciò che riguarda la mia personale posizione ma sulle questioni di principio. Mi stupisce però davvero il tenore della polemica, con gli avvocati moblitiati contro cose mai dette e posizioni mai espresse.

Insomma, gli avvocati hanno preso un abbaglio?

A me sembra che qualcuno non si sia voluto arrendere e stia mobilitando la categoria in modo pretestuoso. Il tema dell’opportunità si era già posto al tempo del Maxiprocesso e io sono sicuro che una polemica di questo tipo non si sarebbe mai aperta con gli avvocati palermitani, con cui all’epoca ci fu un confronto anche aspro, ma che poi si concluse con la pacifica accettazione di questo principio.

REPLICA | La risposta delle Camere Penali L'EDITORIALE | La scelta tra diritto e lotta politica di Piero Sansonetti