«Non si capisce molto dal punto di vista politico. Io non sono un analista, sono uno storico, uno studioso dei comportamenti elettorali in chiave storica. La fase che stiamo vivendo non può essere compresa tramite un’analisi unitaria. Il voto amministrativo è frastagliato poco riconducibile a comportamenti generali, a differenza del voto politico e dei referendum: contano molto la fisionomia, la storia, le tendenze di un ambito ristretto. Esempio: Mastella fa il sindaco di Benevento, De Mita quello di Nusco... Insomma vale molto il genius loci». Guido D’Agostino, storico, intellettuale napoletano ed ex assessore alla cultura della giunta Bassolino vive questo passaggio con estremo smarrimento: l’ascesa di un movimento indecifrabile come i Cinque Stelle corrisponde alla dissoluzione dei vecchi punti di riferimento politici e sociali. «Quelli della mia generazione sono abituati ad una società molto più “vertebrata”. Oggi tutto appare frammentato, disperso, diffuso. In passato la società era più ancorata».A cosa?Tra governati e governanti c’erano i cosiddetti corpi intermedi, l’associazionismo dal mondo cattolico, le cooperative, i grandi partiti di massa, i sindacati organizzati. Non è che la gente era innamorata del partito ma era una forma di appartenenza molto forte, un ancoraggio. La Costituzione stabilisce che i partiti concorrono all’indirizzo generale della volontà nazionale, dell’interesse comune: allora bisognerebbe che questa società profondamente atomizzata ritrovasse un interesse comune. Alle prime elezioni amministrative del 1946 ci fu un’astensione oltre il 50%, proprio come oggi, in un certo senso siamo tornati indietro di 70 anni.Con caratteristiche molto diverse però?Mi viene in mente Bauman e la sua “società liquida” che è il contrario della società vertebrata. Con la perdita di influenza di partiti, associazioni, parrocchie prevale l’individualismo, dunque la società liquida cerca dei surrogati. Come spiega Ilvo Diamanti, i due canali individuati sono la mediatizzazione e la individualizzazione della politica. Infatti cosa rimproveriamo al Pd? Che non sta più sui territori, che non ci sono più le sezioni.Ci sono forme di resistenza a questa società liquida e atomizzata? Mi vengono in mente i grandi concerti, non si era mai visto ai miei tempi che 70-80mila persone assistessero a un’esibizione musicale come accade con Vasco Rossi. È un forma surrogata, solo che il concerto dura una sera e poi finisce. Si tratta di forme di intrattenimento occasionali anche se di massa. L’altro fenomeno è il calcio, meno occasionale perché struttura le appartenenze sportive intorno a questa passione in modo stabile. La società continua a suo modo a cercare forme di ancoraggio.E in politica?I partiti usciti a pezzi da Tangentopoli sono stati risucchiati dal circuito della mediatizzazione: in quel caso il surrogato è stata la figura del leader. Un tempo esistevano i gruppi dirigenti: 10,15 figure politiche che stavano sullo stesso piano. Ora tutti seguono il capo. Mussolini oltre a essere Duce usava il cinema, la radio, tutti gli strumenti che rappresentano l’equivalente di Facebook, dei social media. Personalizzazione e mediatizzazione, chi è capace di sfruttare queste due articolazioni della politica moderna riesce a trovare la chiave del successo.Veniamo dunque ai Cinque Stelle...Stanno riscuotendo un successo politico fortissimo, appaiono come un movimento vicino alla gente anche se i candidati vengono eletti con la Rete da appena 200 persone. A tenere insieme il tutto ci vuole però un corpo umano, una figura di sintesi, in questo caso Beppe Grillo, che oggi ci dice di essere pronto a governare il Paese.Ma può esistere un populismo di governo? Quali i rischi, quali le opportunità?Riflettiamo sugli slogan: De Magistris ha detto che l’assoluta particolarità dell’esperienza napoletana è che la rivoluzione governa. Questo personaggio che non ha nulla a che fare con i Cinque Stelle è tuttavia un’espressione della società liquida napoletana. Da una parte i grillini, dall’altra De Magistris, da una parte il populismo che vuole diventare governo, dall’altra il governo populista della città.Come andrà a finire?È difficile dirlo, ma non è tanto difficile notare che sta aumentando l’astensione. Sempre per restare in tema di società liquida: come non pensare al Camilleri della Forma dell’acqua? L’acqua non ha forma, assume quella del contenitore. Siamo in una società “acquorea” che si dibatte nella forma che la contiene.E intanto gli elettori scappano...Mediatizzazione al vertice; latitanza, rifiuto della politica alla base. Negli Usa quando diminuiscono gli elettori non c’è nessun presidente che si scompone più di tanto. È una tendenza a cui sempre di più ci dovremo abituare, cioè al restringimento della platea partecipante. Questo esercito che si rifiuta di partecipare - che è la vera maggioranza silenziosa - sta cercando ancora strade alternative, è la terza generazione delle strade da inventarsi. Di fronte alla mediatizzazione e all’infodemocrazia c’è una maggioranza che non si ritrova in nessuna delle due cose.Renzi ha incarnato la parola d’ordine della rottamazione e del cambiamento. Invece ora è percepito come rappresentante dell’establishment. Il potere nelle mani di una sola persona. Perché? Cos’è accaduto?Renzi è un caso emblematico: ha pensato che la società liquida avesse bisogno di essere interpretata, e cosa fa? Inizia a dire: “Rompiamo tutto e ricostruiamolo come piace a noi”. Questo era il messaggio vincente che inizialmente ha funzionato. Ma dopo due anni gli italiani si sono accorti che ha realizzato ben poche cose e non molto consistenti. In secondo luogo Renzi ha operato una rottura traumatica con il Pd, dissociando la sua immagine da quella del partito di cui è comunque segretario.Eppure tutti auspicavano un cambiamento nel Pd?Quando ha rottamato, la gente si è appassionata e gli ha dato fiducia. Il corto circuito è intervenuto quando la sua immagine si è ricongiunta con quella del partito. Questo è evidente dai risultati del voto amministrativo.Però una delle accuse che gli viene rivolta è proprio di non essersi occupato abbastanza del partito.Questo tipo di accusa riguarda coloro che sul territorio hanno assecondato questo fenomeno di sganciamento pensando che si potessero costruire forze politiche liquide. Insomma a società liquida partito liquido: è stato un errore. Perché a società liquida devi contrapporre partiti strutturati. Vedremo cosa accadrà alle politiche ma soprattutto al Referendum che dovrebbe giocare abbastanza a favore di Renzi e che sarà una resa dei conti.Quale Italia emerge dunque da queste mutazioni? Questa Italia in transizione sta avendo tutte le reazioni plausibili e possibili in una fase di estrema mobilità, nel vagare alla ricerca di punti fermi. Siamo nella fase in cui prevale il vagabondaggio. Rassegniamoci al fatto che viviamo una fase nella quale prevale la società liquida che però ha un bisogno disperato di punti di riferimento, di ancoraggio. Chi si muove più velocemente e con più coraggio verso i punti di riferimento oggi è una minoranza che però percorre quelle strade che domani potrebbero essere imboccate da tutti. Appunto mediatizzazione, tecnologia informatica al servizio della comunicazione. La grande maggioranza è attonita, smarrita. Oscilliamo tra la “minoranza ricercante” che qualcuno ha già trovato (De Magistris, i Cinquestelle, l’ultra sinistra nella forma di Podemos e Syriza) e “la maggioranza che non ricerca”. Che è la vera incognita di questo Paese. Se resta corriva, riottosa, senza nessuna voglia di essere della partita, mi fa paura.Per i partiti tradizionali non c’è spazio?Non lo vedo, sono ormai 30 anni che le liste civiche fanno il bello e il cattivo tempo.Resta che l’Italia non somiglia a nessun Paese europeo...In Francia, essendo uno Stato amministrativo importante, quando si incazzano diventano delle belve. Riflettiamo sulla fine dei partiti tradizionali in Austria, in Spagna, in Germania, mentre l’Inghilterra fa il referendum per uscire dall’Europa e uccidono una deputata laburista. Non è vero che le cose altrove vanno meglio. L’Austria felice è il posto dove si sono contrapposti il neonazista e il Verde: due minoranze ricercanti, che hanno fatto letteralmente a pezzi socialdemocratici e cristiano democratici.Quali spinte politiche ma anche sociali si contrapporranno nel referendum costituzionale? Innovatori/conservatori? Populisti/istituzionalizzati? Destra/sinistra?Sarà un confronto imprevedibile perché verrà deciso da un voto trasversale. Se la gente decidesse di entrare nel merito dovrebbe valutare quanto le riforme costituzionali e la legge elettorale, rappresentano un progresso e un vantaggio. Nella situazione in cui siamo ritorna la metafora dell’acqua: questo referendum è un contenitore ipotizzato per dare forma all’acqua. Si tratta di vedere se uno vuole o no questo contenitore. Però stiamo parlando delle regole del gioco ed è una partita molto delicata: tra innovatori e conservatori ma anche trasversale, tra destra e sinistra. Molti non si prendono la briga di andare a vedere effettivamente se la riforma degli articoli della Costituzione migliora la qualità del nostro impianto istituzionale. Renzi ha il vantaggio che la sua figura è ancora distinta dal Pd. Sembrerebbe illogico: più non l’identificano, meglio è per lui. Renzi si gioca una partita in proprio, se vince sarà difficile tenerlo fuori dalla minoranza ricercante, può essere lui o il cosiddetto Partito della nazione che è un modo di rispondere alla società liquida. Rappresenta la comunità degli italiani e se vince il referendum si rafforza questa possibilità e può vincere anche le prossime elezioni politiche battendo i Cinque Stelle.Lei cosa voterà?No. Io voterò No, farò comitati per il No, mi batterò per il No.Non la convince l’innovazione?Non mi convincevano neanche le riforme berlusconiane di giugno 2006, o quelle di D’Alema, tra il 2001-2002, perché vedo che ogni volta che mettono mano alla Costituzione la travisano, non hanno mai una concezione coerente. Mentre la Costituzione è sistemica: o la cambi tutta quanta o meglio astenersi. La Costituzione è un sistema di diritti, di doveri, di modi di convivenza. Gli americani quando toccano la Carta, aggiungono emendamenti fuori del testo.Ancora due parole su De Magistris. Vince con il 67% dei voti perché ha ben governato nei primi cinque anni di mandato?Io sono stato amministratore per 10 anni nella giunta Bassolino, dal 1992 è cambiata la legge elettorale per l’elezione del sindaco: per la prima volta è diventata a suffragio universale diretto. Ciò ne ha cambiato la funzione: sempre più il sindaco impersona, incarna e non solo rappresenta il suo popolo. Il suffragio universale sposta altrove il piano amministrativo. Siamo fortunati se il sindaco arriva con visione, una idea di città e una buona squadra. Bassolino è stato un buon amministratore, aveva una squadra di persone competenti, come Riccardo Marone che preparava delle ottime delibere. Come mai De Magistris ha avuto successo? Ha fatto il sindaco di strada e siccome il problema è quello di incarnare, come dicevamo prima, cosa c’è di meglio di stare in mezzo alla strada, nelle piazze, tra i vicoli di Napoli? Lui è ovunque e arriva preciso a tutti gli appuntamenti. A Milano, tra Sala e Parisi non c’era differenza, si somigliano, si sono preoccupati di incarnare la figura del manager e non di qualcuno che fosse vicino allo spirito della comunità. A Napoli non si è fatta questa scelta, mentre c’è stata la ribellione che diventa minoranza governante. De Magistris sostiene che il suo diventerà un modello nazionale, creando un movimento per attrarre la gente che si ribella: ne vuole fare un programma di governo. Tutto ciò non implica una grande capacità amministrativa quanto piuttosto una grande capacità di impersonificazione.