Il recente caso del suicidio di Tiziana Cantone, causato dalla presenza di un video hard che la riguardava diffuso dalla rete, riporta nuovamente alla ribalta la necessità di un'azione legislativa che contrasti non solo il fenomeno del cyberbullismo in senso stretto, già da tempo all'attenzione del legislatore, ma tutte le manifestazioni che integrino incitamento all'odio razziale, sessuale, etnico e religioso e violino in tal modo la dignità umana. Il disegno di legge che il Parlamento sta esaminando recante "Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo" può rappresentare, se opportunamente ampliato nell'oggetto e nelle modalità di tutela, il giusto veicolo per affrontare e risolvere una questione di primaria importanza per la società, quale è la tutela dei diritti fondamentali della persona in Internet, pur nel dovuto bilanciamento con la libertà di espressione. Occorre infatti estendere la definizione di cyberbullismo, ora prevista nel documento in discussione, a tutte quelle forme di comportamento - realizzate per via telematica e mediante diffusione di contenuti online - che integrano gli estremi di incitamento all'odio razziale, sessuale, etnico e religioso e di violazione della dignità umana. L'obiettivo deve essere, inoltre, quello di rafforzare l'azione di tutela della dignità del minore anche attraverso l'intervento aggiuntivo di Agcom, quale soggetto a cui, al pari del Garante della Privacy, può essere rivolta dal soggetto interessato la richiesta di rimozione dalla rete di contenuti e comunicazioni lesivi che lo riguardano. L'intervento dell'Agcom in tale settore è legittimato in primis dalla legge n. 249 del 1997 che le affida specificamente il compito di garantire la tutela dei minori e della dignità della persona sui mezzi di comunicazione di massa. L'estensione di tale tutela ad Internet le deriva dai poteri conferiti alle autorità amministrative indipendenti dall'articolo 5 del d. Lgs. n. 70 del 2003, in base al quale l'Autorità di settore può imporre la rimozione di contenuti lesivi, veicolati dai servizi della società dell'informazione, quando è in gioco la violazione dei diritti fondamentali della persona. Si dirà, ma c'è già l'azione inibitoria del Giudice e la presenza del Garante della Privacy che garantisce la correttezza dell'uso dei dati personali, perché dobbiamo ricorrere all'apporto di un'altra Autorità di settore? In realtà l'intervento di Agcom può solo rafforzare, non certo indebolire, l'azione di contrasto a fenomeni gravi come quello in questione. La dolorosa vicenda alla ribalta della cronaca dimostra, infatti, che la violazione della dignità di una persona, a causa di un video che per troppo tempo ha "girato" in rete amplificando a dismisura i suoi effetti lesivi, supera i confini del trattamento illecito dei dati personali e del "diritto all'oblio", per arrivare in una lesione ancor più grave che richiede l'azione sinergica di tutte le istituzioni che, per competenza ed esperienza, hanno titolo ad intervenire. Infatti, da un lato l'azione giudiziaria (da sola) non sempre è in grado di far fronte alla rapidità e pervasività con cui i comportamenti nocivi si realizzano, dall'altro la mera tutela del dato personale non consente (da sola) di pervenire ad una soluzione pienamente satisfattiva del bene che si intende tutelare - cioè la tutela della dignità della persona - come i fatti hanno ampiamente dimostrato. 2 La tutela effettiva della dignità umana avrebbe richiesto la rimozione tempestiva e permanente dalla rete del video in questione, Il semplice trattamento "non autorizzato" del proprio dato personale consente infatti una protezione certamente più attenuata. Nel nostro ordinamento la tutela della "dignità della persona" è affidata all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e quella della "privacy" al Garante per la tutela e la protezione dei dati personali. L'azione di cooperazione e coordinamento tra il Garante Privacy e l'Agcom è una costante allorquando in televisione o in radio si verificano episodi lesivi che coinvolgono sia la privacy che la tutela della dignità del minore e l'una azione rafforza l'altra, non il contrario. Perché questo meccanismo non potrebbe essere replicato in Internet, realtà oltretutto ben più complessa e difficile da regolare? E a tal proposito vale la pena di sottolineare che la complessiva azione di garanzia e tutela dell'utenza posta in essere dall'Agcom nel campo delle comunicazioni si avvale di una realtà territoriale unica nel Paese: quella dei Comitati regionali delle comunicazioni (Corecom) che fungono da sportello di prossimità per i cittadini. Alcuni Corecom hanno già sperimentato con successo la messa a disposizione di servizi di "web reputation" agli utenti del proprio territorio, che consentono di segnalare contenuti nocivi e forniscono un servizio di "prima assistenza". Sarebbe dunque quanto mai opportuno che l'oggetto del disegno di legge fosse ampliato alla tutela in rete della dignità delle persone e che, a rafforzamento dell'incisività dell'azione di contrasto a fenomeni di grave violazione come quello di recente accaduto, fosse previsto l'intervento di Agcom quale soggetto deputato, per legge e per expertise, alla tutela del minore e della dignità umana, anche attraverso le più idonee forme di coordinamento con il Garante privacy.