«Vi abbiamo aiutato durante la pandemia». La guerra è guerra e ogni argomento è buono per essere messo sul piatto della bilancia delle parti in causa. Così la solidarietà piovuta sull'Italia da mezzo mondo nel corso della prima tragica prima ondata del Covid diventa argomento da sventolare in faccia al nostro governo mentre gli eserciti si scontrano sul campo e i civili muoiono sotto le bombe. Tutti sotto sotto ritengono che il nostro Paese abbia un debito di gratitudine da onorare. Lo pensano gli aggrediti ucraini, che per bocca del presidente Volodymyr Zelensky ricordano a Draghi il sostegno offerto da Kiev nei momenti più bui per Roma. E lo rinfacciano anche gli aggressori, tramite il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo Alexei Paramonov, che pochi giorni fa hanno puntato l'indice contro la smemoratezza italiana capace di dimenticare in così poco tempo il supporto fornito da Mosca in nome di un «senso di compassione, un desiderio di aiutare il popolo italiano in uno dei momenti più difficili della sua storia postbellica». La gratuita solidarietà di allora si trasforma così in una merce preziosa da scambiare adesso. Lo chiede l'alleato, che invoca maggiore impegno bellico per fermare l'invasione, e lo chiede il nemico, che rimprovera eccessivo accanimento antirusso a quegli ingrati di italiani. Forse alla prossima difficoltà e alla prossima offerta spassionata di aiuto faremmo bene a declinare con un «grazie, come se avessi accettato»