Nel Recovery, nell’Italia del futuro rincuorata dalle risorse Ue, c’è un enigma sottile di cui nessuno, tranne gli avvocati, parla: l’equilibrio fra crescita e diritti, il rischio che la persona sia scalzata dal dogma dell’efficienza. Oggi gli avvocati ribadiranno il concetto nella sessione ulteriore del loro 34esimo congresso. Roma, Hotel Ergife: una sede abituale, familiare anche per il mondo forense. Ma l’occasione è straordinaria, come un congresso fuori programma. Perché il ruolo degli avvocati, finora, nelle riforme e nella spedita marcia della politica verso l’attuazione del Piano, è stato solo laterale. Ascoltata in vista dei ddl sul processo e sul Csm, l’avvocatura ha poi finito per essere percepita, anche dal governo in carica, come un mero utilizzatore finale dei grandi progetti.E invece oggi all’Ergife, al congresso nazionale forense, le rappresentanze degli avvocati diranno un’altra cosa: chi custodisce i diritti non può farlo solo nel processo, è giusto che abbia modo di contribuire anche nel sistema. E soprattutto, è giusto che il mondo forense possa indicare ai decisori, Parlamento e governo, la stella polare: i diritti, le garanzie, la centralità della persona vanno tenuti ben al di sopra dell’efficienza, della crescita, degli investimenti da attrarre con seduttiva civetteria.

Reclamare il ruolo, uniti per poi essere ascoltati

Ecco il senso delle assise che si tengono oggi e domani. E che però possono trovare un senso solo se produrranno un miracolo: l’unità. Solo se coesa, l’avvocatura può invocare l’affermazione del proprio ruolo.Ecco la sfida difficile e insidiosa: mettere da parte le liti sull’ordinamento forense, la competizione fra le diverse anime dell’avvocatura sulle regole interne, per puntare insieme a un riconoscimento anche costituzionale della professione. Sempre in nome della stessa “ratio”: privi di un soggetto in grado di assumerne istitutivamente la tutela, i diritti possono essere travolti dall’impeto della ripartenza.Un po’ la declinazione dell’obiettivo è persino implicita nel programma congressuale, che si articolerà in una prima fase di dibattiti, limitata alla sola giornata di oggi, e nel voto sulle mozioni, che monopolizzerà la seconda e ultima giornata, quella di domani. Ma è chiaro che l’esito della sfida ruota anche attorno a uno dei passaggi cruciali del programma: l’intervento della guardasigilli Marta Cartabia, sola esponente politica, insieme con il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che prenderà la parola dal palco dell’Ergife. La ministra è interlocutrice essenziale dell’avvocatura e delle sue aspirazioni: dal suo discorso si potrà avere una prima idea sull’effettiva apertura della politica a un ruolo nuovo per il mondo forense.D’altra parte quel ruolo è sollecitato dall’enorme disponibilità di risorse, e dalla compulsiva corsa verso riforme, innanzitutto del processo, che ne agevolino l’utilizzo e ne garantiscano l’effettiva erogazione. Ma la corsa senza diritti è un rischio, che solo un’avvocatura protagonista può scongiurare.

Il programma: i vertici, la ministra, i dibattiti

Si diceva di una scaletta che racconta il senso delle assise. Vediamo. Ad aprire i lavori alle 9.30 saranno i quattro vertici della professione che hanno presentato il congresso nella conferenza stampa di due giorni fa: la presidente del Cnf Maria Masi, il coordinatore dell’Ocf Giovanni Malinconico, il presidente di Cassa forense Walter Militi e il numero uno dell’Ordine degli avvocati di Roma Antonino Galletti. In un’ideale dialettica, è da credere che saranno loro a porre la tesi dell’unità: lo hanno già fatto mercoledì. Sia Masi che Malinconico hanno parlato di una «necessaria sintesi». Militi ha rivendicato la forza autonoma del sistema forense nel fronteggiare la pandemia, Galletti ha sintetizzato il disappunto degli avvocati per alcuni aspetti delle riforme, in particolare sul processo civile, con un’efficace definizione: tutto rischia di ridursi a una «chirurgia plastica ingannevole». La ministra Cartabia, come confermato da una nota diffusa ieri pomeriggio dall’ufficio stampa del congresso, ascolterà i quattro interventi di saluto, e prenderà quindi la parola a propria volta. Alle 11 sarà poi la volta della prima tavola rotonda, che potrebbe intitolarsi “occasione da non sprecare”. In realtà il tema ufficiale è “Le risorse: il Pnrr e la destinazione del Recovery fund”. Implicita la richiesta degli avvocati di rafforzare la giurisdizione con un investimento sulla struttura anziché col maquillage dei codici. Nella conduzione dei lavori, è previsto uno schema che resta uguale anche per le altre due sessioni: coordinamento affidato a due consiglieri Cnf e a due componenti dell’Organismo congressuale forense. Nella prima sessione il compito sarà affidato a Francesco Napoli e Isabella Stoppani per il Consiglio nazionale e a Francesca Palma e Giovanni Stefanì per l’Ocf. Come anche per gli altri tavoli, lo stesso programma ufficiale prevede esplicitamente gli interventi degli avvocati che sarannopresenti all’Ergife, in particolare di “delegati, presidenti Coa, presidenti Unioni, presidenti associazioni forensi, presidenti Cpo e presidenti Cdd”.Nella seconda sessione, in programma dalle 15, si parla di garanzie, dunque di quello snodo decisivo dell’equilibrio fra persona e crescita. Il titolo è “La tutela giurisdizionale e le garanzie per le parti: le riforme processuali in itinere”. Il coordinamento del dibattito qui toccherà a Giovanna Ollà e Alessandro Patelli per il Cnf e Rosanna Rovere e Alessandro Vaccaro per l’Ocf, secondo un perfetto equilibrio non solo di genere ma anche fra civilisti e penalisti. Sempre in questa fase prenderà la parola una figura come il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, spesso in sintonia con l’avvocatura da cui proviene. Confermerà in gran parte le analisi del Foro sui contenuti del ddl penale.Poi dalle 17 si arriverà al passaggio decisivo: il confronto sulla materia ordinamentale, la più potenzialmente divisiva per gli avvocati. Il titolo: “L’avvocato e il suo ruolo: le riforme ordinamentali - Ordinamento giudiziario, ordinamento forense e statuto congressuale”. Gli arbitri saranno, per il Cnf, Francesco Greco e Carolina Scarano, per l’Ocf Tiziana Caraballese e Vincenzo Ciraolo. Dipende tutto da qui. Nelle due fasi precedenti, l’avvocatura, i delegati, i rappresentanti di istituzioni e associazioni forensi diranno dove dovrebbe dirigersi il sistema giustizia; nell’ultima fase, si dovrà chiarire come il Foro intenda sostenere e veicolare le proprie tesi, se con l’irriducibile divisione sulle regole interne o con uno sforzo di sintesi che punti a veder anche costituzionalizzato il proprio ruolo.Si tratterà di scegliere. Nelle prime due sessioni, e negli interventi di Cartabia e Sisto, la tesi; nella sessione finale, l’antitesi incapacitante dei conflitti o la sintesi creativa. Si vedrà. E certo l’esito non sarà certificabile solo dal dibattito di oggi ma soprattutto dalle mozioni che saranno presentate, condivise e votate la mattina dopo, cioè domani, sempre dalle 9.30. Stavolta l’avvocatura può dare un pollice verso o a favore sulle riforme, ma in realtà è chiamata a decidere innanzitutto del proprio destino.