Con la sentenza del 18 novembre 2020, n. 278, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di illegittimità costituzionale sollevate a più battute in ordine alla sospensione dei termini di prescrizione così come disposta dall’art. 83, comma 4, del Decreto Legge n. 18 del 2020. Nelle sue intenzioni il decreto, volendo far fronte alla crisi pandemica in atto, ha deciso di congelare tutte le attività del settore Giustizia, disponendo la sospensione dei processi dal 9 marzo us all’ 11 maggio del 2020.

L’effetto freezer andava applicandosi, ancorché in forza di una legge intervenuta a posteriori, anche a fatti antecedenti la data di entrata in vigore del decreto, con un evidente vulnus del principio di legalità penale.

In particolare, la pronuncia nel respingere le censure elevate, ammette la sospensione in utilizzando quale “Cavallo di Troia” l’art. 159 c. p. p., per il quale «il corso della prescrizione» rimane sospeso «ogni qualvolta la sospensione del procedimento o del processo penale sia imposta da una particolare disposizione di legge». Secondo la Consulta, infatti, l’art. 159 c. p. p. consentirebbe al Dpcm 18/ 2020 e 23/ 2020 di eludere il principio di legalità, rectius rispettarlo, perché giustificato dal comma 1 del summenzionato articolo. Si legge infatti nella sentenza che l’art. 159 c. p. p. «rispetta il principio di legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., avendo un contenuto sufficientemente preciso e determinato, aperto all’integrazione di altre più specifiche disposizioni di legge, le quali devono comunque rispettare – come si dirà infra al punto 14 – il principio della ragionevole durata del processo ( art. 111, secondo comma, Cost.) e quello di ragionevolezza e proporzionalità ( art. 3, primo comma, Cost.)».

Ed è in questo frangente che entra in campo la ragionevole durata del processo che non verrebbe minacciata da una semplice sospensione di pochi mesi. Parimenti rispettato il principio di ragionevolezza, dal momento che la norma interverrebbe per far fronte ad una situazione emergenziale del tutto imprevedibile, singolare e per certi versi traumaticamente ingravescente, che pone in risalto la tutela di un interesse altrettanto meritevole di protezione: la salvaguardia della salute pubblica. Infine il provvedimento è stato giudicato proporzionale – ai sensi dell’art. 3 Cost. - in quanto il congelamento di tutti i termini procedimentali comporta un equilibrio di tutti gli interessi in gioco. Infatti la stasi procedimentale è valida per tutte quante le parti del procedimento: «la pubblica accusa, la persona offesa costituita parte civile e l’imputato. Come l’azione penale e la pretesa risarcitoria hanno un temporaneo arresto, così anche, per preservare l’equilibrio della tutela dei valori in gioco, è sospeso il termine di prescrizione del reato per l’indagato o l’imputato».

Tuttavia in merito a quest’ultimo aspetto va sottolineato che, se da un lato è vero come, almeno proceduralmente, è rispettato l’equilibrio e parità delle parti, non è altrettanto vero che simile bilanciamento intervenga in toto anche dal lato più propriamente sostanziale. La Corte Costituzionale, infatti, omette di evidenziare che il tempo nel quale l’imputato è costretto a trovararsi in virtù della sua condizione, viene inevitabilmente prolungato per scelte, sì condivisibili, ma non giustificabili, dal punto di vista giuridico- sostanziale. La Consulta, insomma, nel rilevare la sussistenza del criterio di “proporzionalità”, non si pone nell’ottica di chi vede il giorno del proprio giudizio sempre più lontano. La criticità era già stata sollevata da chi scrive allorquando si parlò del venir meno dell’istituto della prescrizione con l’effetto a catena del “fine processo mai”.

Vi è di più. Ad un occhio allenato non può sfuggire che tale sentenza risulta confliggente con le stesse pronunce della Corte, in particolare con la cd. sentenza “Taricco”, allorquando la Consulta affermava con forza che la prescrizione, quale principio di carattere sia procedurale, ma soprattutto sostanziale, non può soffrire eccezioni.

Un Giano Bifronte che guarda al passato ed al futuro quindi? La prescrizione, in allora, veniva incasellata tra tutta una serie di garanzie, tra cui la tassatività, irretroattività, garanzie che oggi parrebbero venir meno. Ne consegue che, l’art. 159 c. p. p., pur essendo stato ritenuto idoneo ad aprire le porte del sistema nei suddetti termini, non è di per sé solo sufficiente, essendo stato il decreto valutato, in subordine, alla luce di ulteriori principi. D’altra parte, è corretto evidenziarlo, il precedente sì creato ha di fatto scalfito quello che fino alla sentenza “Taricco” era uno dei supremi principi dell’ordinamento, ponendo in luce la verità che, ogni principio, anche quelli più elevati nella gerarchia costituzionale, possono venire meno avanti a situazioni di necessità. La pandemia, insomma, ha cancellato la certezza che principi immutabili siano tali, ponendo in luce l’evidenza che anche i presidi più inscalfibili possono essere declassati qualora ve ne siano altri – come la tutela della salute collettiva – sottoposti a rischio.

L’esigenza di tutelare il bene primario della salute costringe a realizzare un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali, nessuno dei quali può essere assoluto e inderogabile. Evidente appare il piegarsi del dogma ad esigenze di carattere pragmatico, mettendo a rischio quell’immutabilità di cui la Costituzione da sempre gode, o dovrebbe godere, quale tutela dei diritti di tutti. Ammettere infatti una flessibilizzazione della Carta costituzionale per renderla più accomodante alle esigenze della realtà storica, se da un lato comporta una più agevole capacità di affrontare le emergenze, dall’altra rende il testo costituzionale meno forte a mantenere il ruolo per cui è stato creato che è la tutela dei diritti fondamentali, soprattutto in stagioni di emergenza.

A parere di chi scrive, la Consulta pur entrando nettamente in conflitto con il principio di legalità ex art. 25 Cost. e creando per certi versi il precedente di retroattività della legge penale, non apporta eccessivi cambiamenti interni al sistema: è pacifico ritenere che la Consulta sia perfettamente consapevole delle motivazioni e della loro portata e, anzi, è assolutamente probabile la Corte sia solamente mossa da ragioni di estrema necessità, quale la battaglia al Covid- 19 che porta, con lo sforzo di tutti, una tutela rafforzata a salvaguardia degli interessi di salute del Paese.