Memorial, organizzazione fondata da Andrei Sakharov trentacinque anni fa, ha ricevuto il premio Nobel per la Pace con l’attivista bielorusso Ales Bialiatski e l’associazione ucraina “Center for Civil Liberties”.

Per Memorial ha ritirato il Nobel, lo scorso 10 dicembre nel municipio di Oslo, Jan Rachinsky, che nel suo formidabile discorso ha sottolineato l’importanza della storia e dei corsi e ricorsi storici.

La Russia, con l’aggressione militare ai danni dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio e con la sistematica violazione dei diritti umani, sta scrivendo, nuovamente, pagine molto tristi della propria storia. «Duecento anni fa – ha detto Rachinsky durante la cerimonia di Oslo -, lo scrittore russo Alexander Pushkin scriveva che la “sovranità di una persona” è ancorata alla dignità, alla libertà personale, al senso di appartenenza al passato e all'amore “per le sue ceneri native” e per le “bare paterne”. Questo legame inscindibile tra memoria e libertà è alla base del lavoro di “Memorial”. La domanda che ci assilla è: meritavamo davvero di ricevere il premio Nobel per la Pace? Sì, abbiamo cercato di resistere all'erosione della memoria storica e della coscienza giuridica, documentando crimini del passato e del presente. Modestia a parte, abbiamo fatto molto e realizzato più di poco».

Jan Rachinsky
Jan Rachinsky

Jan Rachinsky

Professor Rachinsky, il premio Nobel per la Pace è il riconoscimento per uno sforzo continuo che può portare anche ad alcuni cambiamenti interni alla Russia?

Direi che, piuttosto, è un segno di attenzione e comprensione per il nostro operato. Senza comprendere il passato, senza condannare i crimini commessi dallo Stato, senza rinunciare all'onnipotenza dello Stato, senza il rispetto dei diritti umani, e mi riferisco a tutti gli ambiti in cui opera Memorial, sarà impossibile assistere a cambiamenti positivi in Russia. Il premio Nobel per la Pace vuole sottolineare il fatto che i problemi di oggi sono in gran parte legati al passato e originati da esso. I problemi di oggi sono legati alla conservazione di una visione, ormai superata, della società ad opera del potere pubblico che tende ad avere un controllo su tutto.

I diritti umani sono sistematicamente calpestati nella Russia di Putin. Quanto durerà questa situazione?

Purtroppo, con l'attuale regime è impossibile aspettarsi un miglioramento delle condizioni di vita dei russi. Le autorità non si preoccupano più della loro reputazione e non si vergognano di nulla, a differenza, per esempio, dei tempi di Breznev.

In passato Putin è stato considerato “amico” di diversi paesi occidentali e molti hanno fatto affari con lui. Il capo del Cremlino ha potuto rafforzare il proprio potere e reprimere volta per volta il dissenso in patria. Come si può ripristinare la democrazia?

La comunità internazionale ha chiuso per troppo tempo un occhio davanti alle sfacciate azioni delle autorità russe. Si pensi alla reazione alle guerre in Cecenia e agli eventi successivi, che è stata troppo lenta e mite. Abbiamo detto a lungo al mondo che un paese che viola i diritti dei propri cittadini diventa pericoloso per gli altri. Ripristinare la democrazia in Russia è compito della società russa. La cosa principale, che può aiutare in questo compito, è una posizione coerente che tenga conto della necessità di proteggere i valori universali, garantendo altresì il diritto internazionale.

Nel suo discorso di Oslo, neanche due settimane fa, in occasione della consegna del premio Nobel per la Pace, lei ha sottolineato l'importanza della “memoria storica”. Senza “memoria storica” la democrazia si basa su fondamenta fragili?

Secondo me, la democrazia senza memoria storica è assolutamente impossibile che possa realizzarsi. Una persona ha bisogno di capire che non è un granello di sabbia separato, ma tiene vivo un legame tra passato e futuro. Il presente è stato creato con la partecipazione degli antenati ad una serie di eventi e le responsabilità per il futuro ricadono anche sugli antenati. Se non prendiamo in considerazione questo concetto e il senso della responsabilità civica, costruire la democrazia, cioè il lavoro congiunto di tutta la società per il bene, diventa impossibile.

Quanto sta accadendo oggi in Russia è il risultato di un rapporto conflittuale con la sua storia ed il suo passato?

La questione merita di essere chiarita. Ciò che sta accadendo oggi diventerà senza dubbio una delle pagine più vergognose della storia russa, insieme all'attacco alla Polonia nel 1939 e alla guerra con la Finlandia nel 1939- 1940, che provocò per l'Unione Sovietica l’esclusione dalla Società delle Nazioni. Naturalmente, ciò che sta accadendo è in contrasto con le dichiarazioni ufficiali sull'eterna pace della Russia e questa contraddizione non interferisce con la propaganda del Cremlino. E, naturalmente, ciò che sta accadendo nega i risultati della perestrojka, quando l'Unione Sovietica era guardata con simpatia e speranza in tutto il mondo e quando la minaccia della guerra nucleare sembrava che fosse scomparsa per sempre. Oggi la Russia suscita sentimenti opposti nella comunità internazionale.

La Russia di domani rispetterà i diritti umani e avrà come protagonisti i giovani, desiderosi di vedere nell'Europa la loro casa comune?

Temo che non si tratti di domani, ma di tempi molto più lontani. Costruire il futuro è sempre più una questione riguardante i giovani. La cosa importante non è in una casa comune, ma nei valori comuni. Il movimento verso i valori universali iniziato grazie a Gorbaciov può essere rallentato, ma non fermato affatto. Ma il ritorno alla “normalità” non sarà semplice. Sarà un percorso lungo e doloroso.