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«È un primo passo». E certo non è poco. «È il primo importante tassello di un cambiamento epocale: ridefinire il processo in chiave garantista. Il sistema non ha più il pm come baricentro e, nel chiaro obiettivo dell’accertamento penale, si cancella la barbarie di qualche anno fa secondo cui un giudizio è inutile se non porta alla condanna». Francesco Paolo Sisto è soddisfatto. E non può che essere così: col via libera, decretato ieri in commissione Giustizia al Senato, al ddl Nordio, iniziano ad andare a segno diverse frecce scoccate da via Arenula. Obiettivi considerati prioritari da Carlo Nordio e, appunto, dal suo vice. E questo dopo mesi in cui parte della critica, persino di quella garantista, aveva cominciato a dubitare della concretezza del ministero. Finché il guardasigilli, il suo numero due Sisto e i sottosegretari Ostellari e Delmastro hanno fatto un po’ come nei film di Bud Spencer, in cui il protagonista lascia che una selva di aggressori lo sommerga per poi, con aria quasi infastidita, sollevarsi lentamente e liberarsi con una sbracciata.
Ma forse l’analogia cinematografica rischia di essere ipercelebrativa: in fondo avete solo incassato il sì della commissione...
Abbiamo ricondotto il processo a una coerenza costituzionale lontanissima dall’idea di cui dicevo prima, da quella logica di pura barbarie che sovrappone accertamento penale e condanna. E per farlo abbiamo riallineato alcune norme a tre articoli della Costituzione, molto semplicemente: il 24 sul diritto di difesa, il 27 che sancisce la presunzione di non colpevolezza e il 111 che impone il giusto processo. L’accertamento penale va doverosamente compiuto, ma nel rispetto delle garanzie.
Sull’abuso d’ufficio avete incassato il maggior numero di critiche.
Ma abbiamo affermato una nuova cultura dell’amministrazione pubblica: che non è più luogo di presunto malaffare, e in cui i sindaci non sono più costretti a rifugiarsi nella burocrazia difensiva.
La cultura della fiducia anziché del sospetto.
I sindaci, è il presupposto, sono persone perbene ora finalmente in condizione di lavorare per il Pnrr. Fatta salva la prova contraria, si presume la loro non colpevolezza. Si è avuto il coraggio di abrogare una norma che è non solo inutile, ma dannosa. Era doveroso farlo.
Il traffico d’influenze invece resta.
Ma la nostra riforma ne assicura finalmente la tipizzazione. Era un reato immenso, sconfinato. E correva il rischio di stimolare un effetto inaccettabile: la mera pendenza del procedimento. Finché il procedimento penale pende, rende: in termini di discredito. E in modo da tradursi in una anomala condanna. Con un danno irreparabile alla stessa vita familiare della persona.
Davvero con la modifica sulle intercettazioni si va oltre il tentativo compiuto anni fa con la riforma Orlando?
Rovescio la domanda: era mai possibile che si potessero pubblicare intercettazioni prive di rilevanza rispetto al reato? Noi stabiliamo che possono essere accessibili alla cronaca giudiziaria solo i brani contenuti nel provvedimento di un giudice. Il quale diventa arbitro della rilevanza, della pertinenza del materiale intercettato rispetto a ciò che si contesta.
Decide il gip, cioè il primo soggetto terzo a entrare in gioco nel procedimento penale.
Chi meglio di un soggetto terzo e imparziale può selezionare i brani pertinenti al reato e dunque riferibili dal cronista? Qui c’è anche un implicito richiamo alla separazione delle carriere, che viene di fatto anticipata. Grande passo avanti è pure quello di prevedere che l’informazione di garanzia contenga una pur sommaria indicazione del reato e che, in linea col resto della riforma, non sia pubblicabile. Sulle misure cautelari mi pare che affidarsi a un collegio anziché a un giudice monocratico assicuri ovviamente maggiori garanzie, per il destinatario dei provvedimenti. Analogamente a quanto avviene con la parte della riforma che estende a reati di rango leggermente superiore la regola per cui, prima di procedere a un arresto, l’indagato viene sentito dal giudice. E da ultimo, per i reati a citazione diretta non si ammette impugnazione del pm in appello. Sempre in coerenza coi principi costituzionali. E non ci fermiamo certo qui.
Cos’altro proporrete?
A breve la nuova disciplina sul sequestro dei telefoni cellulari, quindi le norme su sanzioni tributarie, responsabilità medica e sicurezza sul lavoro. Con inesorabile cadenza, porteremo a casa le riforme che abbiamo previsto nel programma. Disponibili a cogliere gli input proposti da chiunque, ma con una clausola ben precisa: come il Parlamento non può sostituirsi alla giurisdizione, così la giurisdizione non può sostituirsi al Parlamento. Secondo Costituzione i magistrati sono soggetti solo alla legge: mi pare che la separazione dei poteri sia definita in modo chiarissimo.
Lo considera un riscatto per l’intera squadra del vostro ministero, dopo varie critiche?
Il ministero è un laboratorio in cui ci si impegna alacremente norma su norma. Ci sono materie, come l’ordinamento giudiziario, che andranno messe a fuoco, ma porteremo a casa tutto. Con l’incedere del passista, più che del velocista. E devo confessare una promessa.
Quale?
Non posso nascondere di aver promesso al presidente Berlusconi che avrei realizzato la riforma della giustizia.
In effetti a fronte di qualche misura panpenalista, la spinta di Forza Italia, basata sulla competenza, ha spostato più di quanto ci si potesse attendere.
Lo si deve anche al segretario Tajani, che tiene sempre alta l’attenzione sul punto, a cominciare dalla necessaria efficienza del processo. Rispetto a quello che lei chiama panpenalismo, se si riferisce a provvedimenti come il decreto Caivano, be’, lì si tratta di vere e proprie emergenze. Si poteva mai consentire a un minorenne di scorrazzare con una calibro 38 in pugno e fare marameo alle forze dell’ordine? Non c’è stato ricorso al panpenalismo né la riforma Nordio può esserne considerata un bilanciamento. Riguardo a noi di Forza Italia, saremo sempre in prima linea. Col know how, la competenza e l’esperienza, certo. A cui ci siamo ispirati anche nei nostri emendamenti, a cominciare dall’effettiva impossibilità, finalmente sancita, di intercettare il difensore nei suoi colloqui con l’assistito. Così come è coerente con i principi della Carta il divieto di riferirsi, nei verbali d’intercettazione, ai terzi estranei al reato.
E a proposito di competenza, rivediamo finalmente gli avvocati nel ministero.
È l’inizio della presa d’atto che gli avvocati ci sono, e che va assicurato un ragionevole pluralismo. Dev’esserci un coro, che non significa voce monodica: mi auguro che presto avremo a via Arenula anche rappresentanti dell’accademia.
La norma Costa è un bavaglio?
Assolutamente no: semplicemente, l’ordinanza cautelare non può essere riferita con le parole testuali del giudice, che sono inevitabilmente meno consone alla presunzione di non colpevolezza rispetto al racconto del giornalista. Direi che proprio non si può parlare di bavaglio.