La scelta del Presidente Zingaretti di indire un bando riservato ai soli ginecologi non obiettori di coscienza è il più elementare degli interventi per risollevare un dato, quello dell’applicazione della legge 194, che mette a rischio la libertà di scelta e di autodeterminazione e che ha già fatto suonare i campanelli d’allarme italiani ed europei. Un’iniziativa che mi sarei aspettata in primo luogo dal ministro della Salute, il soggetto istituzionalmente preposto a far rispettare le leggi dello Stato in materia di Salute. Una sensibilità che, nonostante a capo del dicastero vi sia una donna, non è stata dimostrata. E così, bene ha fatto il presidente Zingaretti ad intervenire per riaffermare un fondamentale diritto delle donne. Mi auguro che anche altri presidenti di Regione che sono titolari delle competenze sulla Sanità adottino analoghi provvedimenti.

Al San Camillo abbiamo aperto una prima porta con una buona pratica da diffondere al più presto su tutto il territorio nazionale, nella cultura del rispetto nei confronti di chi, ascoltando la propria coscienza, decide di non operare interruzioni volontarie di gravidanza e, soprattutto, nei confronti di tutte quelle donne che devono poter accedere senza barriere a un servizio pubblico riconosciuto dalla Legge dello Stato. Ricordando che l’interruzione di gravidanza è sempre e comunque una scelta dolorosa.

È da un anno che con i miei colleghi di Palazzo Madama sostengo l’urgenza di una legge nazionale che disciplini i concorsi come quello bandito al San Camillo. Ed è per questo che all’indomani della notizia, con i colleghi Sergio Lo Giudice e Beppe Lumia, abbiamo annunciato un disegno di legge per regolamentare la riserva concor-È suale per i medici non obiettori, che verrà presentato al più presto e per il quale chiederemo una rapida calendarizzazione in Commissione Sanità del Senato della Repubblica.

In un’Italia in cui sono circa 7 su 10 i medici obiettori, un bando come quello al centro di questo dibattito non è affatto discriminatorio, ma necessario per fare in modo che in determinati posti e in determinati momenti siano messe a disposizione le figure professionali che garantiscano le competenze e le disponibilità necessarie ad erogare un determinato servizio. Accade in tutte le professioni: nessuno incolpa un’azienda di fare discriminazione se per un ruolo di respiro internazionale decide di non assumere chi non conosce le lingue straniere e nessuno urla allo scandalo se per un posto da spedizioniere una ditta non considera chi dichiara di non avere una patente di guida.

Da respingere al mittente sono anche gli spettri agitati da chi sostiene che un simile approccio pratico porterebbe un giorno ad escludere dagli ospedali i medici obiettori: l’obiezione di coscienza è un diritto posto nero su bianco in una ampio articolato legislativo che sancisce e tutela un altro diritto, e nessuno si sogna di toccarlo. Ora il problema è il contrario. Nessun provvedimento “d’emergenza” ( e che ha come unico scopo quello di riequilibrare l’offerta da parte delle singole strutture ospedaliere) potrà “cacciare” dal nostro sistema gli anche ottimi medici ginecologi che dichiarano di non voler compiere le IVG, la cui riduzione dovrebbe essere obiettivo unitario dei laici e dei “pro- life”, attraverso l’impegno ad avanzare la promozione di azioni urgenti di informazione sessuale che mirino a riportare la cultura della sessualità libera e, soprattutto, responsabile. Perché la tanto osteggiata educazione di genere è anche questo: comprendere a pieno che la magnifica esperienza della gravidanza grazie alla contraccezione e alla programmazione familiare - può, e anzi deve, essere consapevole. E in fin dei conti è la stessa etimologia latina di concepire, “prendere insieme”, che offre con pienezza l’immagine di due persone che consciamente decidono di mettere in moto la macchina della vita per iniziare a dare amore, cura e attenzione a una nuova persona che verrà.

Monica Cirinnà, Senatrice Pd