«Ci provi lui a fronteggiare una situazione come quella con cui la precedente consiliatura Csm, di cui ho fatto parte, ha dovuto fare i conti dopo il caso Champagne. Siamo stati in trincea per quattro anni, abbiamo retto il peso di una situazione mai vista, e ora siamo ripagati con una moneta del genere? Trovo le dichiarazioni del vicepresidente Pinelli davvero desolanti».

Stefano Cavanna ne parla in una pausa della lezione che è stato chiamato a tenere alla Scuola internazionale di polizia. L’avvocato civilista di Genova è una figura atipica del vecchio Consiglio superiore, preso di mira ieri dal nuovo vicepresidente Fabio Pinelli: Cavanna ha giocato da battitore libero, nella geografia “politica” di quel plenum. Ma con Pinelli ha in comune un piccolo dettaglio: entrambi sono stati eletti dal Parlamento a Palazzo dei Marescialli su indicazione della Lega.

Ecco, avvocato Cavanna: si sarebbe potuto immaginare che lei, tra i componenti del precedente plenum, potesse avere una posizione più indulgente con Pinelli, in virtù del fatto di essere stato scelto dallo stesso partito. E invece...

Guardi che io nei quattro anni in cui sono stato al Csm ho sempre sgobbato, e mi sono espresso senza guardare all’appartenenza del magistrato da promuovere o nominare. Non mi interessava che fosse di Area, di Magistratura indipendente o di un altro gruppo associativo, mi sono sforzato di guardare solo al merito. Quindi non si tratta di affinità o incompatibilità con Pinelli, si tratta di rispetto.

In che senso?

Nel senso che, tanto per cominciare, l’accusa in cui l’attuale vicepresidente si è lanciato investe anche il sottoscritto. Direi che avrebbe potuto prima informarsi. Chiamare me o altri, e rendersi conto, magari, delle difficoltà in cui noi laici, in particolare, ci siamo trovati. E del fatto che la scorsa consiliatura si è retta su due cose: su un gigantesco sforzo di revisione critica delle patologie emerse con l’evento clou dell’hotel Champagne e, appunto, sulle spalle dei laici, i quali, come dimostrano le intercettazioni e le famigerate chat con Palamara, si sono tenuti tutti, dal vicepresidente Ermini al sottoscritto, lontani da negoziazioni improprie.

Davvero ritiene che quella di Pinelli sia una lettura capovolta? Che lo scorso Csm sia stato protagonista di un riscatto anziché di una caduta?

Vorrei dirle una cosa. Noi, oltre a infliggere a Palamara la più dura delle sanzioni, abbiamo esaminato una gigantesca quantità di chat, ci siamo immersi in un lavoro di verifica che ci ha impegnati in maniera ossessiva giorno e notte. E nei casi più gravi di magistrati coinvolti in rapporti impropri con Palamara, abbiamo applicato le procedure previste dall’articolo 2 della legge istitutiva, cioè abbiamo avviato l’iter del trasferimento per incompatibilità ambientale. Bene: sa cos’ha fatto l’attuale Consiglio, che Pinelli descrive come protagonista di una netta rottura col passato?

Lo dica lei.

Quando le procedure di trasferimento da noi avviate hanno dato luogo a contenziosi giurisdizionali, l’attuale plenum ha deciso di non costituirsi in giudizio. È stato innanzitutto irrispettoso dell’impegno che avevamo prodotto su quelle pratiche.

Ed è, soprattutto, una scelta poco coerente con la pretesa di additarci come un Consiglio infestato dal politicismo: loro cosa fanno, per contrastare le derive del passato? Si astengono dal costituirsi in giudizio? C’è qualcosa che non torna.

Fra l’altro, è indiscutibile che il presidente Mattarella proprio in coincidenza con la vostra consiliatura abbia lanciato messaggi di una severità mai adottata prima da un Capo dello Stato rispetto alle degenerazioni dell’ordine giudiziario.

È esattamente così. È un elemento che credo sia sfuggito a Pinelli. L’attuale vicepresidente in effetti dà l’impressione di non comprendere che le sue accuse di distorsione politicista rivolte al precedente Csm rischierebbero di tradursi anche in una critica al presidente della Repubblica, che è anche al vertice dell’organo di autogoverno.

Rischio che, in conferenza stampa, i cronisti non hanno mancato di segnalare a Pinelli.

Ecco, se noi ci inoltriamo, come è avvenuto stamattina con la conferenza stampa dell’attuale vicepresidente, in una critica tanto aspra rispetto all’operato della consiliatura precedente, allora corriamo il rischio di mettere in discussione anche le scelte del Capo dello Stato. Cosa avrebbe dovuto fare, sciogliere il Consiglio? Immagino Pinelli conosca la norma: il Consiglio superiore può essere sciolto solo qualora non si trovi più nelle condizioni di funzionare, cosa che non si è verificata. Dubito, del resto, che sia mai capitato di ascoltare, in un discorso d’insediamento di un presidente della Repubblica, parole così chiare e incisive, sulle derive dell’ordine giudiziario, come quelle pronunciate dal Capo dello Stato Sergio Mattarella nel febbraio di due anni fa.