Dire no al referendum sulle riforme costituzionali è dire no all'Italia, perché tutti nel mondo penserebbero che siamo un Paese incapace di riformarsi. Lo sostiene Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, ultimo erede della Dc dei "cavalli di razza". Il quale tra l'altro slega le riforme dall'Italicum: «La legge elettorale non c'entra, tutti sanno che sarà cambiata».Presidente, lei per primo ha rinunciato spontaneamente a tutti i benefit che le venivano dal ruolo di ex presidente della Camera dei Deputati. Poi ora da Senatore è tra coloro che più hanno spinto per l'abolizione dell'attuale Senato. C'è una vena di masochismo?Scherzosamente ho detto agli amici che dopo 30 anni di Parlamento l'unico modo per mandarmi a casa era abolire la Camera in cui sedevo. Ma a parte gli scherzi la riforma poteva essere certamente fatta meglio ma non credo che ci sarà tanta nostalgia per il bicameralismo perfetto che abbiamo avuto fino ad ora. Fin dai primi tempi del dopoguerra i programmi elettorali dei maggiori partiti contenevano come punto qualificante questo proposito, senza che se ne sia mai fatto niente. Ora finalmente la montagna ha partorito, forse un topolino ma ha partorito.In che modo le riforme si potevano fare meglio?Abolendo completamente il Senato o equiparandolo al Bundesrat tedesco, una vera Camera delle Regioni. Ma ricordiamo sempre che il meglio è nemico del bene, e oggi non ci possiamo permettere ancora una volta una sconfitta delle riforme. Tutti nel mondo penserebbero che l'Italia dopo trent'anni di chiacchiere non riesca ancora a partorire una riforma. La nostra credibilità sarebbe azzerata.Come spiega la posizione di chi esprime un no al referendum?Il fronte del no è un insieme di tanti fattori. Ci sono i puristi della riforma costituzionale che eccepiscono nel merito anche producendo riflessioni significative. Ci sono quelli che dicono no alle riforme pensando in realtà alla legge elettorale, che però non c'entra nulla. E quelli - che sono la maggioranza - che solo e semplicemente ce l'hanno con Renzi e pensano che bocciare il referendum sia la strada più breve ed efficace per mandarlo via. Non mi sembrano motivi sufficienti per bloccare il processo di modernizzazione di cui l'Italia ha bisogno.Il referendum avrà anche un impatto sulla politica futura? Sui vari fronti ci sono movimenti che potrebbero delineare gli scenari successivi alla consultazione. Quelli del no e quelli del sì si ritroveranno ciascuno dalla sua parte o ci potranno essere sviluppi diversi? Ad esempio Parisi lancia l'ipotesi di un nuovo centro-destra ma appoggia il no?Io capisco Stefano Parisi dal punto di vista tattico, perché dovendo farsi sostenere da un fronte in gran parte schierato per il no si trova ad assumere quella posizione. Ma rimane il fatto che è un grande errore. Se tu vuoi cambiare il centrodestra e vuoi proporre un'idea nuova di un polo liberale non parti da una posizione supervecchia di conservatorismo.Ma questo preclude un dialogo futuro?Dialoghi futuri ci devono sempre essere, altrimenti è la fine della politica, lo scontro permanente e la morte della ricerca del bene comune. Io spero che ci sia sempre il dialogo, lavorerò sempre per il dialogo e sono convinto che ci sarà dialogo. Tra l'altro bisogna guardare oltre, perché il fronte del no afferma un'idea demolitoria che alla fine porta acqua solo al mulino di Grillo e del Movimento 5 Stelle, mentre tutti gli altri lasceranno il tempo che trovano.Abolire l'attuale Senato, ma anche il Cnel, semplificare la politica, fare chiarezza nelle competenze Stato-Regioni. Ritiene che la posizione del Movimento 5 Stelle per il no sia comprensibile?La posizione del Movimento 5 Stelle è spiegabilissima. Loro vogliono sfasciare tutto per dimostrare che la politica non sa riformare e riformarsi. Per loro se vincesse il sì sarebbe un colpo pesantissimo, perché si dimostrerebbe che esiste la buona politica e che sa fare le cose giuste per il Paese.Tra le obiezioni che vengono mosse alle riforme c'è quella che il combinato disposto tra le riforme e la legge elettorale rischiano di dare troppo potere a una minoranza e al suo premier. Che ne pensa?Anche i sassi in Italia sanno che la legge elettorale si cambierà. Chi continua a motivare con la ragione della legge elettorale il proprio no alle riforme lo fa solo perché vuole trovare una scusa.Il premier Matteo Renzi ha molto personalizzato lo scontro sul referendum dicendo che se dovesse perdere si dimetterà. Poi ha un po' corretto il tiro parlando meno di questo tema e cercando di spostare l'attenzione dal suo destino al contenuto delle riforme. Come giudica questa linea?Personalizzare troppo il referendum è stato un grande sbaglio di Renzi, poi lui ha cercato di farlo dimenticare, e ora fa bene a intraprendere questa nuova strada puntando sui contenuti delle riforme invece che sul proprio destino politico.