Crisi di governo, rinnovo del Csm, nuovo ministro della Giustizia: a colloquio con il segretario generale dell'Anm, Salvatore Casciaro, esponente di spicco di Magistratura Indipendente.

Lo scenario politico scaturito dalla crisi di Governo potrebbe mettere in pericolo diverse riforme della giustizia. Lei ritiene invece che sia prioritario approvarle?

La ministra Cartabia sta procedendo a spron battuto su questa strada con l’intento di rispettare il timing fissato da Bruxelles che prevede l’approvazione, entro la fine dell’anno, dei decreti attuativi delle leggi delega sul processo penale e civile. Su alcuni punti dei decreti, venuto meno il collante tra le forze politiche, è prevedibile sorgano fibrillazioni, anche perché le previsioni in essi contenute vengono rese note solo ora. Anche l’Anm, che ha preso contezza delle prime frammentarie anticipazioni dagli organi di stampa, non ha avuto modo di conoscere le relazioni dei gruppi di lavoro, pronte da mesi, ed è stata tenuta completamente all’oscuro nella fase di elaborazione dei testi.

Molto probabilmente martedì arriveranno in Cdm i decreti attuativi della riforma del processo penale. Movimento 5 Stelle e Lega dicono: approviamo solo le parti non divisive, tenendo fuori ad esempio la parte relativa alle misure alternative per condanne sotto i 4 anni irrogate direttamente del giudice di cognizione. Che ne pensa?

Si tratta di valutazioni che spettano alle forze politiche, mi limito a osservare che non sarà agevole intervenire all’ultimo scorporando singoli tasselli di un assetto di riforma così ampio.

Intanto, il voto dei laici del Csm è rimandato a data da destinarsi. Secondo lei ci sono delle criticità nell'ampia forbice temporale tra elezioni togati e elezioni laici?

Sarà inevitabile la proroga di alcune settimane dell’attuale consiliatura per dar modo alle Camere, nella nuova composizione che uscirà dalle elezioni politiche, di designare i componenti laici del Csm. D’altronde con lo scioglimento delle Camere il Parlamento resta in carica solo per l’ordinaria amministrazione e personalmente riterrei inappropriato inscrivere nel novero di tali atti la designazione dei componenti di un organo a rilevanza costituzionale.

La campagna elettorale politica ha messo in ombra quella per il Csm.

So che i candidati alle elezioni del Csm, mai così numerosi, si stanno confrontando con i colleghi negli uffici giudiziari in vista dell’appuntamento con le urne. C’è grande inquietudine tra i magistrati per alcuni contenuti di una riforma ordinamentale che ha un’impostazione aziendalista e che gerarchizza profondamente gli uffici giudicanti, e per le possibili ricadute che alcune insidiose modifiche potrebbero avere sull’indipendenza, anche interna, e sull’autonomia della magistratura. Il nuovo Csm, che sarà chiamato ad applicare questa riforma e a riscrivere la disciplina secondaria per adeguarla al mutato quadro normativo, avrà un ruolo centrale e assai delicato: non dovrà lasciare solo il magistrato che oggi più che mai si sente stretto tra la richiesta di una produttività inesigibile e l’assillo della leva disciplinare.

Il prossimo sarà il nuovo Csm dopo gli scandali del 2019. Come si volta davvero pagina? Qual è l'elemento principale che dovrebbe contraddistinguere il nuovo Csm? Alcuni suoi colleghi ad esempio lo rintracciano in una maggiore trasparenza.

Gli scandali del 2019 hanno solo disvelato quanto fossero trasversalmente diffuse pratiche spartitorie e accordi di potere sulle nomine a incarichi direttivi e semi- direttivi. Si volta pagina cambiando quei comportamenti, cosa che sta già avvenendo. Se si vuole veramente che soffi un vento nuovo, bisogna soprattutto fondare su criteri oggettivi e prevedibili le decisioni sulle nomine: questo snodo è ineludibile.

Ci sono secondo lei altre urgenze per il nuovo Csm?

Altro obiettivo prioritario sarà, a mio avviso, dare attuazione alla norma di legge sui carichi esigibili, da oltre dieci anni rimasta lettera morta, tanto che l’ufficio legislativo di via Arenula ne aveva previsto la soppressione, scongiurata grazie all’intervento dell’Anm. Dire qual è il limite di produttività oltre il quale il lavoro giudiziario sconta pesanti cadute di qualità è adempimento divenuto imprescindibile per dare al magistrato la serenità di cui ha bisogno a fronte delle derive iper- produttivistiche che prevedibilmente innescherà la riforma Cartabia.

Il fatto che la delega sulla riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario venga esercitata dal nuovo Governo rassicura nel poter avere più margini per sanare le criticità rilevate in questi mesi?

Una buona riforma non è frutto del lavoro appartato di pochi, ma nasce dall’ascolto delle categorie interessate e dalla conoscenza della realtà degli uffici giudiziari e delle ragioni d’affanno degli operatori. Auspico che il nuovo Governo adotti un metodo di lavoro maggiormente partecipativo che consenta alla magistratura, come all’avvocatura, di fornire l’essenziale contributo tecnico per riforme che, senza infirmare i principi posti a presidio della funzione giudiziaria, siano davvero in grado di ridurre sensibilmente i tempi della risposta di giustizia. I cittadini, a ragione, questo pretendono.

La giustizia molto probabilmente non sarà questione della campagna elettorale. Ma dal suo punto di vista i partiti, sul fronte giustizia, su cosa dovrebbero impegnarsi nella prossima legislatura?

Bisognerà tenere conto dell’esito dei recenti referendum e non riproporre battaglie ideologiche divisive, e soprattutto mettere da parte i sentimenti di rivalsa nei confronti della magistratura che hanno animato i più recenti interventi di riforma. Servirà poi fare squadra per risolvere problemi d’assoluta urgenza. Vede, non basta concentrarsi sulle modifiche processuali se si trascura l’organizzazione e il funzionamento dei servizi che spetta al ministero della Giustizia garantire. Mancano oltre 1500 magistrati e occorre colmare le gravi scoperture, anche del personale amministrativo, specie in località ove è più forte la presenza della criminalità organizzata. La geografia giudiziaria andrebbe ridisegnata e le piante organiche dei magistrati necessitano di una profonda revisione per assicurare una equilibrata e razionale distribuzione delle risorse umane sul territorio, anche perché si riveleranno fatalmente insufficienti le misure adottate per deflazionare il contenzioso. C’è poi l’annoso tema dell’edilizia giudiziaria con spazi inadeguati e, talora, addirittura non a norma, su cui, con colpevole inerzia, si tarda a intervenire. Siamo indietro anche sul versante della digitalizzazione degli uffici giudiziari.

Che eredità ci lascerà la ministra Cartabia e che profilo dovrebbe avere il nuovo Guardasigilli?

La risposta alla sua domanda penso di averla implicitamente data.