Poche battute: «Cè un senso di ritrovata stabilità, e di questo non possiamo che ringraziare sentitamente il presidente Mattarella, che dà anche una prospettiva al nostro governo». Parole che Marta Cartabia pronuncia davanti a una platea apparentemente neutra, un convegno dellAssociazione italiana banche estere. Discorso non compromettente ma neppure scontato. Finora la ministra della Giustizia non aveva mai parlato da politico: si è occupata delle attività e delle scelte del governo sempre e solo nella prospettiva del tecnico, e dunque con lo sguardo sempre rivolto alla giustizia. Stamattina, seppur in un breve inciso, è sembrato di cogliere una sfumatura che sarebbe tipica, naturale di un ministro intraneo alla politica. Non è il caso di interpretare le intenzioni di Cartabia. E anzi, la sola lettura possibile è quella letterale, come fanno notare da via Arenula: la ministra indica un segno di ripartenza. Però dopo una settimana vissuta pericolosamente dalla politica sul ciglio del proprio fallimento, in cui le sole ipotesi sostenibili per la presidenza della Repubblica, oltre a Mattarella, hanno riguardato figure estranee ai partiti (Draghi e Cartabia prima di tutto), forse è vero che quelle stesse figure devono abituarsi a essere considerate riserve della Repubblica anche per il 2023. In un panorama così confuso, e con una legge elettorale che rischia di restituirci lo stesso equilibrio tra forze che si annullano, si dovrà probabilmente ricorrere ancora a loro, a Draghi, a Cartabia. E chissà che la prospettiva non suggerisca davvero, di qui in avanti, anche alla guardasigilli, di entrare progressivamente nel ruolo di chi, in fondo, nella politica ormai non è più una componente estranea.