«Sa cosa trovo più surreale? Che proprio noi secessionisti, oggi, siamo quelli che hanno più a cuore il Paese», sorride amaramente Roberto Calderoli, ex ministro leghista del governo Berlusconi ( fu lui a ideare la legge elettorale passata alle cronache come il Porcellum) e vicepresidente del Senato.

Senatore, allora si approva la nuova legge elettorale?

Guardi, io mi sono attivato per scrivere una nuova legge immediatamente dopo il voto referendario, perché penso che il Parlamento debba discutere e votare una nuova legge, almeno in uno dei due rami del Parlamento, prima della sentenza della Consulta. Sono partito dal testo de Mattarellum e ho apportato dei correttivi minimali per correggere gli elementi di distorsione come le liste civetta. Poi ho parlato con tutti, con i vertici di tutti i partiti dell’arco parlamentare.

E come è andata a finire?

Ho proposto soluzioni e limato tutte le divergenze, fino a immaginare un testo che avrebbe potuto passare con il 70% dei consensi. Poi, però, mi sono girato e mi sono accorto di essere rimasto da solo. Tutti si sono nascosti dietro un dito, dicendo che bisogna aspettare la sentenza del 24 gennaio. Poi, immagino, diranno che bisogna aspettare le motivazioni a metà febbraio.

La sentenza della Consulta avrà pure un’incidenza sul dibattito...

Se è così, allora, i colleghi del Pd dovrebbero spiegarmi che senso ha avuto assegnare due decreti legge al Senato, per lasciare libera la Camera di poter discutere la materia elettorale. Ma il Parlamento la vuole fare, questa legge elettorale? A me sembra di essere il solo a voler fare questa battaglia.

Secondo lei nessuno vuole prendersi la responsabilità?

I fatti sono che, in dieci anni, si sono succeduti quattro governi di entrambi gli schieramenti e la legge non l’ha fatta nessuno. Ognuno guarda al tornaconto personale dentro casa propria. Il problema è che in questo momento la legge elettorale è l’ultimo degli interessi del Paese. Anzi, dico di più, dovrebbe essere una questione di nicchia.

Una questione di nicchia che però ha monopolizzato il dibattito.

Il punto dovrebbe essere fare una legge elettorale per eleggere un governo che risolva i veri problemi. Condivido il pensiero di Matteo Salvini: votiamo con Mattarellum o con qualunque altra legge elettorale, basta andare a votare. L’unico limite è che chi governa deve avere un mandato popolare, perché questa è la democrazia. Basta con governi che agiscono con la maggioranza in Parlamento e non nel Paese.

I partiti, invece, fanno melina?

L’obiettivo sconsiderato è quello di aspettare la sentenza della Corte pensando che questa sia una soluzione, senza capire che non lo sarà. Lo dico anche per rispetto alla Consulta, che non credo aspiri a fare il lavoro del legislatore.

C’è chi dice che si può andare a votare anche con l’Italicum postsentenza, senza ritocchi... Purtroppo per loro, però, la Corte esamina una legge riferita solo alla Camera. Anche con una sentenza particolarmente esuberante, l’esito sarebbe una legge autoapplicativa solo per un ramo del Parlamento. Un Italicum macellato, che però ha una filosofia completamente diversa dal Consultellum del Senato. Si immagini cosa succederebbe a votare così.

Proviamo a immaginarlo. Cosa succederebbe?

Alla Camera il principio è quello di una lista per partito, con una soglia di sbarramento al 3%. Al Senato, invece, continua a vivere il Consultellum che prevede coalizioni con uno sbarramento all’ 8% e al 3% se la coalizione supera il 20%. Risultato: alla Camera avremmo 18 partiti, al Senato tre o quattro coalizioni. Onestamente, mi sembra la garanzia di non dare un governo al Paese.

Ma quindi che partita stanno giocando Pd e Forza Italia? Renzi e Berlusconi hanno sostanzialmente dichiarato che o una forza politica raggiunge la maggioranza assoluta, oppure si deve pensare a una grande coalizione. A parte il fatto che oggi Partito Democratico e Forza Italia insieme non raggiungono il 50% dei voti, mi chiedo però che elettorato li voterebbe se si presentassero correndo da soli ma già con l’accordo firmato di governare insieme. Secondo me starebbero sotto il 40%, i loro voti andrebbero a Lega Nord e Movimento 5 Stelle e il paese rimarrebbe ingovernabile. Sa però, in tutto questo quale mi sembra il paradosso?

Quale?

A me, che nella vita sono stato secessionista, viene davvero da dire che a queste persone dell’Italia non frega proprio nulla. Mi sembra inverosimile che proprio io mi ritrovi a preoccuparmi del sistema Paese: è davvero cambiato il mondo.

Una Lega di responsabilità nazionale, quasi. Chiederle se esiste una prospettiva di coalizione è superfluo?

Guardi, io la coalizione l’ho sempre sostenuta, ma oggi è un termine che mi fa venire l’allergia. La coalizione nasce da un programma condiviso seduti intorno al tavolo, non dalla somma aritmetica di percentuali. La Lega ha sempre mantenuto aperto il canale del dialogo ma io ho sentito parlare di progetti solo attraverso i giornali, e non mi sembra la strada giusta.

Ognun per sé e Dio per tutti?

Le coalizioni si fanno decidendo con quale progetto andare al governo. Se condivideremo il progetto staremo in coalizione, altrimenti no. Del resto lo abbiamo già fatto: nel 1996 l’unica ad avere avuto il coraggio di presentarsi da sola con il Mattarellum è stata la Lega Nord.

Una Lega Nord, però, che ha ancora aperto il fronte interno del congresso...

Io penso che, fino a quando non avremo la certezza della data del voto, non si possa pensare al congresso. E’ chiaro che, se si vota a giugno, ora non abbia senso fare il congresso, perché dovremo concentrarci sulla campagna elettorale. Se invece si andrà alle urne l’anno prossimo, il congresso si può fare tranquillamente.

E che impressione ha, ora?

Francamente, visto come stanno andando le cose, vedo la data del voto sempre più lontana.