«È una sorta di governo d'unità nazionale che non dice il proprio nome e al quale non partecipa alcun partito politico». Lo scrittore algerino Boualem Sansal parla nuovo assetto governativo del neo- presidente Abdelmadjid Tebboune, scaturito, fra manifestazioni di piazza e diffuso astensionismo, dalle elezioni presidenziali dello scorso 12 dicembre e concretizzatosi in un esecutivo di 39 membri, fra cui 4 segretari di Stato e altri 7 ministri delegati.

Pensa che il governo di Abdelmadjid Tebboune possa segnare un punto di svolta o manterrà una sostanziale continuità con il passato?

Tebboune è stato nominato Presidente dall'Alto Comando dell'esercito allo scopo di consolidare e perpetuare il regime – all'interno del quale l'esercito occupa una posizione di preminenza –, non certo per abbatterlo. L'esercito gli chiede di fare ciò che molti Paesi arabi e musulmani destabilizzati dalle Primavere arabe hanno fatto: rimodernare la dittatura per renderla più sopportabile e accettata come un male minore dall'opinione internazionale. È quello che fa il giovane Mohammad Bin Salman ( MBS) in Arabia Saudita, da una parte accentuare la repressione e dall'altra concedere qualche spazio di libertà per rendere l'atmosfera più distesa e compiacere gli occidentali: permettere alle donne di guidare le auto, di viaggiare all'estero in assenza dei loro tutori, favorire un'assemblea nazionale consultiva, ecc... sulla stessa falsariga il generale al- Sisi in Egitto, intento a reprimere e ritagliare piccoli spazi di libertà. Il modello per tutti è la Turchia di Erdogan, che è magnificamente riuscito a “conciliare” autocrazia, dittatura, democrazia e apertura sul mondo attraverso l'integrazione alla Ue e alla NATO. Il mondo arabo è gonfio d'ammirazione al cospetto di un tale successo, anche se, allo stesso tempo, teme che tale successo avvenga a proprio detrimento, indebolendolo e rendendolo succube. Abdelmadjid Tebboune è un esperto membro dell'apparato, farà ciò che lo Stato Maggiore dell'esercito gli chiederà. La scelta dei ministri testimonia la sua tabella di marcia: ha accettato nel suo governo dei veterani del clan Bouteflika ( l'autocrate) e dei sostenitori della dittatura nei centri nevralgici del potere, noti democratici – alcuni dei quali erano oppositori del regime – e tecnici dalle acclarate competenze. Penso che riuscirà nel suo intento, in quanto il popolo è stanco e non potrà continuare all'infinito a manifestare ogni venerdì mentre, dal canto suo, il potere adotterà misure di distensione per seminare il dubbio negli animi e dividerli; ciò comincia ad essere evidente.

Il movimento di protesta Hirak è sceso in piazza per protestare contro il nuovo governo. Condivide le istanze dei manifestanti?

Condivido tutte le istanze di Hirak, riassunte nei tre principali slogan: «che se ne vadano tutti» ; «vogliamo uno Stato civile, non uno Stato militare» ; «Algeria libera e indipendente». È il minimo che possa reclamare un democratico. Divergo da Hirak per quanto riguarda la sua strategia: non credo che manifestazioni di due ore tenutesi tutti venerdì appoggiate dal popolo e di due ore tutti martedì promosse dagli studenti siano sufficienti a far vacillare il regime. Prova ne è il fatto che undici mesi di contestazioni non hanno affatto modificato la tabella di marcia dell'esercito: esso ha organizzato le sue elezioni presidenziali e ' designato' il suo Presidente affinché dia applicazione al suo programma. Questo «servizio minimo» si è rivelato improduttivo. Bisognava fin dall'estate del 2019, come richiesto da molti attivisti, passare allo sciopero generale a oltranza e alla disobbedienza civile. Il regime sarebbe caduto o avrebbe portato avanti una pesante repressione, assumendosi oggi le conseguenze di una presa diretta del potere da parte dell'esercito, senza nascondersi dietro le marionette civili di un governo fantoccio.

È venuto a mancare il generale Ahmed Gaid Salah, Capo di Stato maggiore algerino. Come giudica il suo operato per quanto riguarda la transizione post- Bouteflika?

Il generale Ahmed Gaid Salah ha dato prova di un grande senso strategico, realizzando un colpo di Stato davvero originale. Ha saputo approfittarsi di Hirak, fingendo di appoggiarlo, per poi deporre Bouteflika e sbarazzarsi di tutti coloro i quali potevano intralciarlo nella strada verso il governo, ovvero i generali che come lui nutrivano l'ambizione di conquistare il potere quando le condizioni di salute dello stesso Bouteflika peggiorarono e si rivelò incapace di governare. Suo fratello Saïd ha lui stesso sognato di impadronirsi del potere facendo leva di volta in volta sull'esercito, sui Servizi segreti e sugli oligarchi da lui creati per finanziare i suoi progetti e ottenere il sostegno dei Paesi europei con i quali essi fanno affari. Il piano di Gaïd- Salah era il migliore: ha eliminato tutti i concorrenti e ha lasciato, dopo la sua morte, Tebboune e il nuovo capo di Stato Maggiore dell'esercito a proseguire nella realizzazione dei suoi intenti.

Il 10 gennaio il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è stato ad Algeri per parlare di Libia. Crede che il dialogo possa migliorare la situazione del Medio Oriente?

La Libia è una bomba atomica pronta a esplodere e ad annientare tutti i Paesi confinanti. Quello che era un conflitto fra clan sta diventando una guerra mondiale con l'entrata in gioco della Turchia ( che rincorre il sogno ottomano di controllare il Maghreb e il Mediterraneo), l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Russia, la Francia, presto l'Algeria, la Tunisia e gli Stati Uniti. L'Italia non possiede i mezzi per influire sull'evolversi della situazione. Né, del resto, l'Europa, che diventa ora «il malato d'Europa», come si diceva della Turchia del XIX secolo prima di attaccarla e di procedere al suo smantellamento durante la Prima guerra mondiale.