Paola Binetti, psichiatra ed ex senatrice di Udc. Perché è contraria alla gestazione per altri?

Per vari motivi. Il primo: il diritto del bambino ad avere una madre ed un padre. A questo argomento si contrappone troppe volte quello di chi sostiene, peraltro a buon diritto, che le persone omosessuali hanno una gran capacità di voler bene. Non è in discussione: chi non è capace di voler bene a un bambino sta in qualche modo compromettendo quel patto di solidarietà che ognuno di noi assume nei confronti della società. Ma quando si parla del diritto ad avere a che fare con una madre ed un padre si parla di relazioni particolarmente profonde, anche nei casi di genitori adottivi, di un padre e una madre che si interfacciano nella loro diversità e si compensano rispetto ai bisogni del bambino. E quando tocca la dimensione dell’identità sessuale, questa diversità riguarda la possibilità di riconoscere al bambino margini di libertà di scelta ed autonomia. È il bambino che sceglie, ad un certo punto, a chi assomigliare di più.

Quali sono gli altri motivi?

Quando parliamo di gestazione per altri, il problema si pone soprattutto per le coppie omosessuali maschili, perché in quel caso nessuno dei due padri è in grado di coprire la maternità biologico-genetica e quella gestionale. Nell’arco dei nove mesi, la madre gestazionale ha mille occasioni per affezionarsi al bambino che porta con sé. E questa possibilità viene confermata da un escamotage: si cerca di evitare che la madre genetica coincida con la madre gestionale, nonostante ciò sia molto più semplice da fare. Questo perché si teme che l’affezionarsi renda difficile il distacco dal bambino. Inoltre, quando la madre gestazionale accetta di “affittare” il proprio utero, in realtà sta anche cedendo una parte di diritti, accettando un controllo esterno sul fatto più intimo e profondo che una donna possa vivere. Quindi noi stiamo facendo un doppio esproprio. Abbiamo da una parte donne giovani che vendono i loro ovuli, spesso comprati a “catalogo”, in base alle caratteristiche, e dall’altra una cessione del diritto al controllo della propria corporeità. La terza ragione riguarda i diritti dei due padri: se uno dei due è donatore di sperma allora è, in qualche modo, il padre biologico, quindi assume un ruolo di paternità che gioca su molti piani. Ma se nessuno dei due lo è allora si inserisce un terzo soggetto come padre e, dunque, possiamo parlare anche di una paternità surrogata. Sono argomentazioni che, sul piano umano (quello religioso non serve nemmeno tirarlo in ballo), suscitano infinite perplessità.

Lei ha parlato di coppie omosessuali, ma sono principalmente le coppie eterosessuali a chiedere l’accesso alla gpa.

Questa è una leggenda, per la quale non ho rintracciato dati oggettivi e documentati. Ho pubblicato otto anni fa un libro sulla maternità surrogata e da allora ho continuato a cercare documentazione su questo e anche su quante donne che appartengono a movimenti femministi siano contrarie a tale pratica. E sono contrarie perché, in un modo o nell’altro, è una cessione di diritti del proprio corpo all’uomo.

Secondo la Surrogate Alternative Inc, sette coppie su 10 sono eterosessuali.

Bisogna capire come questi numeri sono stati raccolti. In ogni caso questa soluzione contraddice i diritti dei bambini, delle donne e dei padri.

A proposito di diritti dei bambini, che ne è di quelli già nati con queste pratiche?

L’articolo 29 della Costituzione difende i diritti di tutti bambini, anche quelli nati fuori dal matrimonio, perché afferma che sono uguali a prescindere dalle circostanze nelle quali nascono. Poi il punto vero di discussione, per quanto riguarda la polemica sulla decisione del Prefetto di Milano, è l’automatismo del riconoscimento del bambino rispetto all’altro genitore. Quando si adotta un bambino in Italia, oggi, si svolge una serie di indagini che mirano a valutare l’idoneità del genitore. L’automatismo ci priverebbe di questa verifica e contraddirebbe la legge sulle adozioni, che in questo momento è in vigore nel nostro Paese. Nel caso in cui le condizioni di idoneità si dessero, la legge non esclude che ci possa essere un’adozione successiva.

È stato giusto, dunque, anche dire no alla ratifica del certificato europeo di filiazione?

In Italia è proibito dalla legge Cirinnà, che nel 2016 l’intero Parlamento, compresi molti parlamentari del Pd, si impegnò a votare proprio eliminando ogni riferimento alla stepchild adoption. Chi protesta non fa altro che negare una legge che il Pd ha cavalcato per molto tempo come progressista e mi sorprende che ora lo dimentichi.

Forse perché era frutto di un compromesso.

Ogni legge è frutto di un compromesso. Il Parlamento si muove sempre sulla linea della mediazione. Per far passare una legge i voti, alla fine, bisogna averli.