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Marco Bentivogli è un sindacalista atipico. Segretario generale della Fim, i metalmeccanici della Cisl, è considerato l'anti Lantini delle tute blu, anche se questa definizione non gli piace. E a differenza della Fiom, la sua organizzazione sostiene la riforma costituzionale firmata dalla ministra Boschi. Una posizione ribadita da Bentivogli dal palco della Leopolda, in uno degli interventi più applauditi dalla platea.Segretario, come mai la Fim si è schierata per il Sì?Abbiamo valutato la riforma attentamente, insieme a costituzionalisti del Sì e del No. Ma abbiamo ragionato anche insieme ad esperti di altri ambiti, perché affidare solo ai costituzionalisti il giudizio su un tema che riguarda l'industria, l'economia, il lavoro e le politiche sociali sarebbe riduttivo. E alla fine di un percorso di approfondimento abbiamo fatto una valutazione di merito. I media hanno ridotto la discussione a una contrapposizione tra renziani e antirenziani, ma a noi questo schiacciamento non interessa. Io non sono iscritto al Pd, né ad altri partiti, non sono un renziano ma credo che su una riforma costituzionale che guarda al lavoro debba esprimersi anche un sindacato.Come incide sul mondo del lavoro una riforma costituzionale?Il bicameralismo paritario è stato un disastro per quel che riguarda la legislazione sul lavoro. Fin dai tempi della concertazione abbiamo fatto accordi coi governi per cui l'input legislativo era chiaro, l'output delle leggi invece si trasformava in provvedimenti di segno quasi opposto. Dal 1993 in poi è successo centinaia di volte. Nel ping pong tra una Camera e l'altra il controllo democratico sparisce, entrano in scena gli interessi di lobby di ogni tipo, a discapito dei cittadini. Ma il motivo più forte che lega la riforma al lavoro è che abbatte il mostro del Titolo V. La potestà normativa delle Regioni cozza con le politiche sociali, industriali ed energetiche. Ci sono storie di elettrodotti interrotti perché tra una Regione e l'altra cambiavano gli standard.Lei ha usato queste argomentazioni dal palco della Leopolda, attirandosi qualche critica. È normale che il segretario generale di un sindacato dichiari il proprio sostegno al Sì dal "salotto" del presidente del consiglio?Innanzitutto sono stato invitato come ospite esterno, se mi invitasse il Movimento 5 Stelle andrei volentieri a parlare anche alle loro iniziative. Ma da quel palco ho mosso anche critiche al renzismo che ha generalizzato le accuse al sindacato e con questa scusa non ha ascoltato i lavoratori. Renzi ha dato i meriti del rilancio della Fiat a Marchionne e non a chi ha fatto gli accordi con tanto di sedi bruciate e dirigenti sotto scorta. Alla Leopolda non ci sono stati né inchini, né endorsement, su quasi dieci minuti di intervento ho parlato della riforma solo per un minuto e mezzo. Ho avuto la libertà di parlare di qualsiasi argomento. Ricordo che la Fim è l'organizzazione che negli anni '60 ha lanciato la battaglia per l'incompatibilità tra gli incarichi sindacali e quelli di partito, siamo gelosi della nostra autonomia.Lei è un metalmeccanico atipico, è d'accordo con Renzi quando dice che il sindacato ormai difende solo la casta?Da tempo sostengo che una parte del sindacato nasconde dietro alla difesa dei "diritti acquisiti" la tutela dei privilegiati. È vero, dunque, che qualcuno protegge la casta, però c'è una fetta larga e importantissima del sindacato che non lo fa. Il problema però è che Renzi deve sforzarsi di capire, di conoscere, di vedere il sindacato davvero, non dalla Tv. Su alcuni temi il premier insegue il vento populista. Sul fisco, ad esempio: io non avrei mai detto «cucù, Equitalia non c'è più». I lavoratori di quella società operano in base a regolamenti che fanno i governi, non di testa propria, e ricevono minacce tutti i giorni. Contemporaneamente rimprovero al mio collega della Fiom di inseguire l'altra parte del populismo, quello di sinistra. Landini dovrebbe capire che oggi la mitica coscienza collettiva operaia è indebolita, ed è stata sequestrata dagli xenofobi e dai razzisti.Definirebbe "accozzaglia" lo schieramento avverso al suo?No, anche se lo schieramento di cui parliamo è oggettivamente variopinto. Ma quella definizione fa parte dei toni un po' guasconi che Renzi dovrebbe limitare. Non avrei neanche fatto la battuta sulla laurea ad Oscar Giannino, così si degrada il valore delle proprie argomentazioni.Nel gioco delle accuse contrapposte, soprattutto a sinistra, si dice che chi vota No al referendum si comporta come Brunetta e Casapound, chi vota Sì sta con Verdini e Confindustria. Lei si ritrova in questo schema?Solo in Italia si ragiona così, è uno schema ridicolo. I sindacalisti sono concreti, si devono preoccupare di difendere valori e interessi delle persone che rappresentano. Qualche stupido dice pure che verrò candidato alle prossime elezioni, la storia smentirà queste fantasie. Questo atteggiamento è tipico di chi non vuole parlare del merito delle cose ed etichetta tutto per nascondere la propria mediocrità. Bisogna stemperare, il Sì e il No hanno pari dignità ma producono conseguenze molto diverse.Si stupirebbe se un lavoratore retribuito con i voucher votasse No indipendentemente dalla riforma?Lo capirei, anche se la disciplina dei voucher parte da molto più lontano. È chiaro che molte persone non voteranno sulle riforme ma sul governo.Colpa della personalizzazione dello scontro?Sì, ma su questo voglio aggiungere una cosa. È vero che Renzi ha fatto il guascone ma è vero anche che ci ha messo la faccia, sfidando una generazione politica che non vuole lasciare spazio ai giovani.Finiamo con un gioco: da chi accetterebbe un invito a cena, da Renzi o da Landini?Da Maurizio, sicuramente. Perché, a prescindere dalle opinioni politiche radicalmente diverse, siamo metlmeccanici prima di tutto e siamo amici.