«La sua discesa in campo si incuneò in un periodo di crisi profonda della politica, iniziata dalla caduta del Muro di Berlino». Antonio Bassolino, esponente della sinistra comunista, sindaco di Napoli e presidente della Regione Campania, ha conosciuto Silvio Berlusconi da avversario, «contrastandolo politicamente ma senza mai demonizzarlo».Eppure il berlusconismo è stato il totem contro cui si è scagliata per vent'anni la sinistra italianaCi sono mille ragioni per criticarlo e per le quali Berlusconi è ontologicamente diverso da noi. Il mio personale approccio è sempre stato quello di combatterlo sul piano politico, ma di collaborare con lui nell'alveo dei rapporti istituzionali. La sinistra lo ha demonizzato, ma in quel modo lo ha involontariamente favorito. Mentre gli altri lo attaccavano, infatti, lui parlava a tanta parte del Paese.E che cosa raccontava all'Italia?Io ero appena stato eletto sindaco di Napoli e ricordo la sua famosa frase della discesa in campo: «l'Italia è il paese che amo». Mi colpì moltissimo, perché per noi della sinistra quell'ostentato concetto di patria era qualcosa scandaloso. Da primo cittadino, però, mi resi conto che quelle parole attecchivano.Che cosa era cambiato nel Paese?Io credo che l'elemento storico determinante sia stato la caduta del muro di Berlino. Da quel momento finì una concezione del mondo diviso in blocchi, di cui l'Italia e il Pci erano parte integrante. Poi venne Tangentopoli, che trascinò con sé, al pari del Muro, i partiti tradizionali. Infine, la nascita della Lega Nord fu la prima vera avvisaglia che i pilastri della politica italiana erano caduti.Su quale terreno si innestò la vittoria del Berlusconi politico?Io credo che nasca un anno prima della discesa in campo, nel 1993. In quell'anno ci fu la prima elezione diretta dei sindaci e la sinistra conquistò tutte le maggiori città italiane. La Lega, però, prese Milano e la destra ingaggiò una lotta furibonda per Napoli e Roma. Fu il segnale della rinascita di quella parte politica.Quale è stato l'elemento che, secondo lei, portò alla clamorosa vittoria del 1994?La legge elettorale non prevedeva l'elezione diretta. A Berlusconi riuscì, però, di personalizzare quella campagna elettorale, come se l'Italia stesse eleggendo il suo sindaco. Il resto lo fece un partito fondato dall'alto a sua immagine e somiglianza e, soprattutto, una spregiudicata politica delle alleanze.Perché la definisce spregiudicata?Perché Berlusconi riuscì ad allearsi con la Lega al nord e con le destre al Sud, creando una coalizione che non si era mai vista prima.La rivoluzione copernicana in un panorama politico balcanizzato?Indubbiamente. Berlusconi insieme a Romano Prodi è stato il fondatore del bipolarismo in Italia. Nel bene e nel male, dopo nulla è più stato come prima.Il 1994, però, fu anche l'anno del primo avviso di garanzia a Berlusconi, pubblicato dal Corsera alla vigilia di un vertice internazionaleRicordo bene quel giorno. Napoli ospitava la conferenza internazionale dell'Onu sulla criminalità organizzata ed ero, da sindaco, con Berlusconi al teatro San Carlo. Uno del suo staff gli bisbigliò qualcosa all'orecchio e lui uscì in fretta. Poi rientrò, bianco in viso. «Devo tornare immediatamente a Roma», mi disse, raccontandomi che cosa era successo.Invece poi rimase...Parlammo brevemente e io gli consigliai di rimanere, perché ritenevo che fosse sbagliato che il premier non fosse presente al vertice mondiale, a prescindere dalle ragioni. Così fece, e il giorno dopo lo annunciai sul palco: lui parlò davanti al consesso, anche se tutti già sapevano di ciò che si stava per abbattere su di lui e sul suo governo.Quella fu la prima di una serie di vicende giudiziarie. Quanto lo segnarono?I suoi guai giudiziari hanno avuto un peso, ma Berlusconi ha dimostrato di essere un politico tutt'altro che inesperto nel modo di affrontarli.Anche in questo frangente, uno degli elementi che ha lasciato spaesata la sinistra è stata la grande capacità comunicativa di Silvio Berlusconi, ineguagliabile?Berlusconi ha messo in campo il suo carisma personale, amplificato dalla potenza delle sue reti televisive. A suo modo ha segnato un modello, che però funzionava comunicativamente solo per la sua parte politica, strutturata in un partito-azienda fondato sulla personalizzazione. Nulla di tutto questo era fattibile nè immaginabile per la sinistra, incarnata da partiti nati dal basso e fondati sull'elaborazione collettiva.