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La missione non è impossibile ma neppure facile. Il primo obiettivo del Colle è minimalista: evitare che l’Italia torni a votare in ottobre. A finanziaria aperta e senza certezze di uscire dalle urne bis con una maggioranza il rischio sarebbe effettivamente grosso. Sulla carta di strade per evitare la minaccia mettendo in piedi una maggioranza parlamentare purchessia ce ne sono. Purtroppo sembrano tutte per un motivo o per l’altro bloccate. La crisi, stavolta, è un labirinto.
MAGGIORANZA M5S- PD
Prima delle elezioni sarebbe parsa un’ipotesi fantascientifica. Appena chiuse le urne è sembrata a molti una direzione obbligata. Di Maio aveva iniziato a strizzare l’occhio a sinistra già in campagna elettorale, anche se probabilmente non era il Pd che aveva in mente. Ha proseguito e corretto la rotta dopo il voto, usando il Def, non a caso illustrato in modo da fare felice la Ue, come biglietto da visita. Solo che mezzo Pd, quello che risponde a Renzi, è irremovibile nel bocciare l’ipotesi. Dal momento che per far nascere un governo a Cinque stelle servirebbero tutti i voti parlamentari del Pd la via è sbarrata.
MAGGIORANZA CENTRODESTRA- PD
Impensabile sino a poche settimane fa, è ora al centro dei sogni di Berlusconi ma anche, con la dovuta discrezione, dell’altra metà del Pd. In questo caso, poi, non servirebbero neppure i voti a favore dei parlamentari Pd. Basterebbe l’astensione. Ma è molto più facile parlarne in astratto che procedere concretamente. Bisognerebbe che Salvini passasse la mano come premier, e già questo non è facile. Per il Pd però sarebbe impossibile anche approvare un governo col medesimo Salvini ministro degli Interni o Giorgia Meloni alla Difesa. Di fatto anche quella strada è senza uscita.
MAGGIORANZA M5S- LEGA E’ la formula che sin dal primo exit poll tutti considerano come la più probabile. Forse lo è davvero, ma senza esagerare. Per Salvini il prezzo sarebbe un divorzio insanabile da Berlusconi, dal momento che per Fi un’alleanza con M5S è impraticabile e il poco amichevole sentimento è pienamente ricambiato. Ma il leghista, proprio quando ritiene di stare per ereditare le ricchezze di Arcore in termini di voti sonanti, non si risolverà facilmente a un simile passo, tanto più che, senza gli azzurri, dovrebbe accontentarsi di una posizione di vassallaggio. Magari un pertugio qui c’è, però strettissimo.
GOVERNO DI SCOPO
In teoria è la carta di riserva del Quirinale. Di fatto si è configurata da subito come l’eventualità più probabile: un governo “a termine”, delegato a fare pochissime cose: nuova legge elettorale e legge di stabilità, essendo poco probabile chiudere di corsa la partita della riforma elettorale. In teoria un governo del genere dovrebbero e potrebbero sostenerlo tutti. La nota dolente è che quei “tutti” sulla legge elettorale non hanno interessi in comune. A M5S serve una legge elettorale con premio di maggioranza assegnato alla lista e non alla coalizione. La Lega, al contrario, ha piena convenienza nel mantenere questa legge, con tanto di coalizioni, e come unica aggiunta il premio. Forza Italia non vuole sentire parlare di un premio al quale non potrebbe accedere e mira a un proporzionale puro. Il Pd oscilla tra l’eterna richiesta di una legge maggioritaria, come la voleva Renzi, e un quadro rovesciato che rende ora quel premio esiziale proprio per il Pd. Ci vuole poco a immaginare che un governo partito per veleggiare di corsa finirebbe invece nelle secche della discordia sulla legge elettorale. Come d’abitudine.
GOVERNO DEL PRESIDENTE
E’ l’ultima chance e se ne parlerà di conseguenza solo se e quando tutte le altre strade saranno state esperite invano. A quel punto, però, i mesi saranno passati, la legge di bilancio incalzerà da presso, l’esigenza di provare almeno a modificare la legge elettorale sarà ineludibile. Per tutti sarà difficile, anche se non impossibile, dire no a un presidente che chiedesse di sostenere un governo incaricato di oltrepassare lo stretto della legge di stabilità mentre il Parlamento tenta di trovare un accordo sulla legge elettorale. Questione di mesi, poi si voterà comunque o con la nuova legge oppure, se non si sarà trovata l’intesa con quella esistente e “che dio ce la mandi buona”. Un governo simile, probabilmente tecnico, potrebbe anche essere sostenuto almeno dalle forze principali, M5S e Lega, con la formula meno impegnativa dell’astensione. Sarebbe un governo del presidente, tecnico, di scopo e forse di minoranza. Un caso limite se mai ce ne furono....