Professor Ainis, dopo il naufragio di Cutro il governo ha firmato un decreto legge sull’immigrazione, inasprendo, tra le altre cose, le pene per gli scafisti: crede sia la strada giusta per contrastare il fenomeno?

Diciamo che la linea di tendenza è quella di un abuso di provvedimenti di fronte alle emergenza, e devo dire che è una linea cav\alcata sia da governi di destra che di sinistra. I primi provvedimenti che in qualche modo cominciavano a stringere le maglie sull’immigrazione erano firmati da Martelli, dalla Turco, da Napolitano, e in tempi più recenti nel 2017 c’è stato il decreto Orlando-Minniti, quindi a firma di due esponenti di sinistra, che nega agli immigrati alcune garanzie di cui i cittadini italiani sono dotati. Il filo che collega questi provvedimenti è l’esigenza, che è rimasta tale, di rispondere all’emergenza dell’immigrazione, che è un fenomeno come sappiamo globale a cui certo l’Italia è maggiormente esposta per ragioni geografiche, di rassicurare i cittadini aumentando le pene, serrando la mascella e cercando di tradurre in termini securitari una questione che invece ha a che fare con i diritti degli immigrati.

Dunque sta dicendo che la politica dovrebbe proteggere i migranti e non colpevolizzarli?

Sul piano generale la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 stabilisce il diritto di ogni persona di uscire dal proprio paese e di rientrarvi che è il diritto di emigrare. La nostra costituzione stabilisce poi il diritto all’asilo per coloro che nel proprio paese non godono delle libertà assicurate dalla costituzione italiana. L’articolo 10 della Carta è stato interpretato tradizionalmente con riferimenti ai diritti civili e politici legati al proprio paese d’origine. Ma le libertà, diceva Casavola, già presidente della Corte costituzionale, è anche quella di non morire di fame. E quindi il termine libertà si può leggere anche con riferimento ai diritti sociali. Dunque secondo me il testo dell’articolo 10 accetta una lettura non restrittiva ma estensiva, anche se certamente poi questo creerebbe problemi enormi perché nessun paese, tantomeno l’Italia, potrebbe essere un ricovero per tutti.

Il governo è anche alle prese con una dicotomia tra la Lega, che vorrebbe ripristinare i decreti sicurezza, e Fratelli d’Italia che richiama alla responsabilità dell’Ue: si riuscirà a trovare una quadra?

Tutti i governi in Italia sono stati sempre di coalizione, anche i vecchi monocolore Dc erano fatti da accordi tra le correnti della DC e quindi hanno sempre necessitato di mediazione. In questo momento la Meloni si trova stretta tra il Papa e Salvini. Sarà difficile trovare una quadra ma il punto è che il decreto Cutro aumenta le pene per gli scafisti in base a quante persone muoiono con un massimo di trent’anni. Ma questo non è altro che il vecchio giochino di utilizzare la leva del diritto penale, di cui in Italia si fa abuso, tanto che si parla di panpenalismo, per ogni emergenza che accade. Ma il problema della pena è la certezza della stessa, non tanto gonfiare i provvedimenti nel momento in cui vengono presi.

Quindi servirebbe meno provvedimenti, ma più specifici?

Il punto è che quando si affastella l’ordinamento con una grande quantità di normative, scegliere da petalo a petalo spetta poi al giudice, il quale avrà la massima discrezionalità. Come una specie di supermercato in cui compri del cibo in base a ciò di cui hai voglia quella sera. L’abuso del diritto determina incertezza, sempre a danno dei più deboli. E questo fa sì che gli immigrati siano soggetti sempre più fragili dal punto di vista giuridico e dei loro diritti.

Secondo il centrosinistra servirebbe lo Ius soli, o anche lo Ius culturae, per integrare al meglio gli immigrati di seconda o terza generazione: che ne pensa?

Sul diritto di cittadinanza agli stranieri ricordo alcune esternazioni di Napolitano di una decina di anni fa. Ci sono centinaia di migliaia di bambini che parlano il dialetto calabrese o veneto e non sono italiani. I loro genitori pagano le tasse in Italia, loro sono nati qui ma ancora non hanno la cittadinanza. E questo stride con il fatto che abbiamo fatto una legge per far votare gli italiani che risiedono da quaranta o cinquanta anni all’estero. Ma certo non tira l’aria per una riforma del diritto di cittadinanza in qualsiasi sua formula.

Si parla anche di un decreto flussi per far entrare in Italia decine di migliaia di immigrati: saremo in grado di reggere?

Ad oggi è difficile se non impossibile entrare in Italia in maniera regolare. Bisogna superare l’ipocrisia del sistema per cui è un datore di lavoro italiano deve chiamare da fuori qualcuno che venga a lavorare a casa sua o nella sua fabbrichetta ma questo qualcuno stava già in Italia clandestinamente. Sarebbe molto più trasparente dare un permesso temporaneo a chi entra in Italia per cercare lavoro. C’è grande fabbisogno di manodopera nelle campagne e, visto che questi sono i fatti, bisognerebbe conciliare la politica con il diritto.

Qual è il ruolo dell’Ue in questa vicenda?

L’Ue dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale perché il problema è generale e quindi andrebbe affrontato insieme. Dopodiché l’Ue ha testimoniato la propria esistenza in vita durante il covid ma per il resto continua a essere un concerto di egoismi nazionali. Basta pensare ai paradisi fiscali che ci sono in Europa, Olanda in primis. E basta pensare allo scaricabarile sui migranti che continuano ad arrivare. Potremmo dire che tra il dover essere e l’essere c’è di mezzo il mare e quelli che in mare ci muoiono.