Di Maio ne vuole tagliare 345. Ma perché limitarsi: non sarebbe meglio eliminarli tutti? Tanto per quello che fanno... E’ una provocazione, d’accordo. Tuttavia la colossale figura di passacarte che deputati e senatori sono costretti a fare nell’esame della più importante legge dello Stato, quella di Bilancio, conferma il loro ruolo pleonastico. Idea: aboliamo tutti gli onorevoli. Che fare di un Parlamento diventato di passacarte

Luigi Di Maio ne vuole tagliare 345. Ma perché limitarsi: non sarebbe meglio eliminarli tutti? Tanto per quello che fanno - ma meglio si potrebbe dire: che li hanno ridotti a fare - sarebbero in pochi gli italiani a dolersene. E sicuramente tutti appartenenti alla Casta che ama privilegi e prebende. Mentre la narrazione grillino- populista ne trarrebbe vantaggio: invece che risparmiare 500 milioni l’anno verre fuori una maxi sforbiciata di un miliardo e mezzo ( cfr. Ugo Magri su La Stampa): quanto fa in reddito di cittadinanza pro- capite? Quanto all’altro dioscuro, l’ultrà ministro dell’Interno Matteo Salvini, non serve neppure chiederlo: i suoi obbediscono anche quando devono ingoiare il “decreto “dignità inchinandosi «all’Italia che non ci piace» ( Giancarlo Giorgetti dixit). Perciò che problema c’è?

E’ una provocazione, d’accordo. Tuttavia la colossale figura di passacarte che i circa mille tra deputati e senatori ( compresi quelli a vita nominati dal capo dello Stato per «altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» come è scritto in quel reperto archeologico che si chiama Costituzione) sono costretti a fare nell’esame - si fa per dire - della più importante legge dello Stato, quella di Bilancio, conferma il ruolo pleonastico, di tipo ornamentale, che hanno assunto deputati e senatori nell’era del “cambiamento” derivata dallo tsunami del 4 marzo scorso. Di fatto, il provvedimento non verrà discusso ma solo approvato - ma no, è riduttivo: ratificato - con una raffica di voti di fiducia utili ad avere il via libera prima del 31 dicembre. Sennò si finisce nell’esercizio provvisorio: e qualcuno comincia pure a pensare che non sarebbe la peggiore delle soluzioni.

L’anti- parlamentarismo che dall’Unità effonde dalle pieghe dela società italiana ora non ha più bisogno di essere alimentato. Il Parlamento si spegne per consunzione, per un prolasso di efficacia e legittimazione. Le decisioni che riguardano le leggi e la vita dei cittadini vengono prese altrove. Nei vertici senz’altro segreti ma che interessate voci provvedono a divulgare un attimo dopo la conclusione. O addirittura anticipare: altrimenti i video social che ci stanno a fare? Oppure nei colloqui direttamente a quattr’occhi tra Salvini e Di Maio. O ancora in una comparsata tv: la famigerata “manina” non fu denunciata del ministro dello Sviluppo nel salotto di Vespa?

Intendiamoci. Sarebbe sommamente ingiusto addossare alla maggioranza gialloverde lo svilimento di quello che una volta veniva pomposamente ( ma giustamente) definito il tempo della democrazia. Decenni di pratiche furbesche coniugate a genialate elettorali stravolgenti il rapporto eletti- elettori hanno contribuito ad uno svilimento che oggi diventa inutilità. Leader e capipartito di ogni colore si sono segnalati nella pervicace volontà di riservare ad un sinedrio il più ristretto possibile, capace di garantire un controllo stringente, il diritto di scegliere chi doveva rappresentare gli italiani. Dalla Repubblica delle Preferenze - cancellate perché ritenute sentina di malaffare, corruzione ed elezioni pilotate - si è passati a quella delle Liste Bloccate: avallo dei più spericolati giochi correntizi tra capibastone e Signori dei Like. Ci si è dannati per condannare l’uso e l’abuso delle risorse economiche ai fini di indirizzare il consenso dei cittadini: i pacchi di pasta o le scarpe spaiate consegnate prima del voto oggi fanno tenerezza. Mentre si sono chiusi gli occhi di fronte allo scippo perpetrato agli elettori sottraendo loro la possibilità di scegliersi chi premiare. Adesso tra le surreali soluzioni di Beppe Grillo che i parlamentari li vorrebbe estratti a sorte, le proposte del ministro per la Democrazia diretta Riccardo Fraccaro e altre immaginifiche nonché deprimenti risultanze, l’onorevole è diventato un sovrappiù. Una prece. Centocinquantasei anni fa il giornalista e scrittore Ferdinando Petruccelli della Gattina diede alle stampe un volumetto initolato I moribondi di palazzo Carignano, sede del primo Parlamento unitario. Vi si possono leggere frasi come questa: «La missione del Parlamento non è tanto legislativa ed amministrativa. Al punto in cui si trova l’Italia, essa è politica, sovranamente nazionale. Il Parlamento è il simbolo visibile dell’unità d’Italia. Il resto è secondario». Ora quel secondario è diventato principale.