PHOTO
Prosegue il nostro viaggio per conoscere i candidati al Csm. Oggi intervistiamo Milena Falaschi, consigliere della Corte di Cassazione, settore civile, candidata di Unicost nella quota legittimità. Si candida con Unicost, che ha pagato il prezzo più alto per le vicende emerse a partire dalla cena all’hotel Champagne. Il nuovo Csm sarà quello della rigenerazione etica o il virus del carrierismo è ancora in giro?
Quella vicenda è stata l’effetto di un deficit di democrazia interna ad Unicost. La nostra risposta è stata immediata e rigorosa. All’esito dei lavori dell’Assemblea costituente sono state dettate le regole della vita del gruppo, disciplinando i rapporti tra associati e tra soci e associazione stessa. Ci siamo proposti il fine di privilegiare la partecipazione dei colleghi e la trasparenza nell’assunzione delle decisioni del gruppo, rifuggendo dalle pericolose prassi del passato di affidamento a pochi. Sono stati previsti nuovi organi e affidati all’Assemblea compiti centrali, fra cui quello della designazione dei candidati per il Csm, non più rimessa all’elite del gruppo. Sento quindi di affermare con certezza che il processo di rigenerazione etica, già avviato nel gruppo, sarà praticato nel nuovo Csm. Il sistema di valori e regole che ci siamo dati deve essere soprattutto preteso nei fatti e quotidianamente praticato dai consiglieri Unicost. È chiaro che occorrerà fare i conti con il virus del carrierismo, introdotto con l’abbandono del criterio dell’anzianità dalla riforma del 2006, che non appare sconfessata nell’ossatura dalla riforma Cartabia, ma questa è la sfida che il nuovo Csm deve raccogliere. Il vostro programma per cosa si distingue dagli altri? Dopo avere ribadito i nostri valori fondanti - equilibrio, coerenza, ripudio di ogni forma di collateralismo ideologico, rispetto dei principi costituzionali, impegno ideale e sul lavoro, attenzione al bene comune, difesa della giurisdizione e della magistratura - abbiamo fissato dieci punti. Credo costituisca un novum soprattutto il terzo: la prevedibilità delle decisioni del Csm, vera sfida l'obiettivo del recupero del rapporto di fiducia con il corpo elettorale. Quali sfide dovrà affrontare la Cassazione?
Affronta ormai da decenni il problema dell’arretrato: un peso gravoso per un ufficio che deve garantire la nomofilachia. L’aumento dell’organico, previsto di recente dal legislatore per accelerare lo smaltimento delle controversie pendenti, sta però comportando una radicale modificazione nella compagine delle Sezioni e della Procura generale. Al Csm spetta un ruolo determinante affinché l’attività di riorganizzazione si svolga in modo trasparente e nel rigoroso rispetto dei principi dettati dalla legge e dalle circolari del Csm soprattutto a tutela dell'autonomia e indipendenza dei magistrati della Corte, promuovendo altresì il superamento dell’approccio burocratico fondato sul mero calcolo statistico. Come rendere più trasparente il Csm, soprattutto nelle decisioni che riguardano i singoli magistrati? La trasparenza non può essere disgiunta dalla prevedibilità delle medesime decisioni. Essa delinea la comprensibilità dell’azione dei soggetti pubblici sotto diversi profili, quali la semplicità e la pubblicità, in modo da consentire la conoscenza reale dell’attività di autogoverno e di effettuare il controllo sulla stessa. La recente riforma Cartabia innova sul punto della trasparenza imponendo la pubblicità delle pratiche consiliari, con una previsione pienamente condivisibile. Quanto alla prevedibilità e condivisione delle decisioni, occorrerà lavorare, sempre sul solco della riforma Cartabia, individuando criteri di scelta condivisi e leggibili ed evitando che si dica tutto ed il contrario di tutto. Allo stato infatti le decisioni spesso appaiono rispondere ai principi più disparati e sicuramente sono insoddisfacenti rispetto alla stessa logica giuridica, visto il grande numero degli annullamenti del giudice amministrativo adito dai destinatari dei provvedimenti. Il nuovo sistema di valutazioni di professionalità è stato fortemente criticato dalla magistratura. Occorre una particolare attenzione, dovendosi contrastare un sistema che mira a dare consistenza al solo e mero dato numerico, senza tenere conto della peculiarità dell’ufficio giudiziario e della consistenza qualitativa degli affari trattati. Per questo bisognerà prevedere criteri oggettivi che consentano l’inserimento nel fascicolo del magistrato di atti specifici con caratteri di assoluta rilevanza nelle valutazioni. Va inoltre scongiurato il rischio che la valutazione qualitativa finisca per essere declinata in termini di tenuta dei provvedimenti nei gradi successivi: ciò con il tempo potrebbe condurre ad una malintesa gerarchizzazione dei diversi gradi di giudizio e determinare una sorta di conformismo giudiziario. Si negherebbe il ruolo fondamentale di spinta ai mutamenti giurisprudenziali, svolto dai magistrati con le decisioni di merito, che intervengono nel confronto con una realtà che muta in tempi troppo rapidi anche rispetto alla capacità di risposta del legislatore. Qual è la sfida che la magistratura dovrà affrontare? Quella di ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini e le istituzioni, nonché fra magistrati, ruolo che non può che essere riacquisito garantendo indipendenza interna e esterna della magistratura. Occorrerà una netta riaffermazione della terzietà della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato, così come l'assoluta indipendenza ed assenza di collateralismo rispetto ad ambienti politici e ai centri economico- affaristici che possono portare ad una - più percepita che reale, ma non per questo meno delegittimante - mercificazione dell'attività giudiziaria o declinazione ideologica delle decisioni o delle indagini, mettendo seriamente a rischio l’indipendenza del singolo magistrato. L'interpretazione delle norme non si traduce nella ricerca di consenso, ma nell'autorevolezza legata alla persuasività delle argomentazioni ed alla serietà dell'impegno quotidiano negli uffici.
Cosa si aspetta dal nuovo ministro della Giustizia? Massima collaborazione nell’adozione di misure che siano davvero risolutive delle annose problematiche che affliggono gli uffici giudiziari. Bisogna superare la logica della supplenza della dirigenza amministrativa da parte dei capi degli uffici giudiziari; si tratta di un peso insopportabile per uffici già gravati da un alto carico degli affari giurisdizionali. Last but not least, nell’adozione dei decreti delegati previsti dalla riforma Cartabia ci sia un impegno concreto ad impedire la c. d. burocratizzazione dell’azione giudiziaria.