«Lo so già: qualcuno obietterà, non senza piglio scandalizzato ed indignato, che i morti delle camere a gas erano vittime innocenti, non certo “mafiosi” al 41 bis… io rispondo loro che gli uni e gli altri erano uomini e che la vita di nessun uomo ha valore diverso e inferiore di quella di altro uomo». È un passaggio, uno dei più significativi, della lettera scritta da Carmelo Gallico, fratello di Giuseppe Gallico, boss della ‘ndrangheta morto lunedì mattina all’ospedale San Paolo di Milano.

Ospedale nel quale era stato trasferito solo pochi giorni prima, in punto di morte, dopo aver passato 34 anni in carcere, di cui 22 al 41bis, e con una fibrosi polmonare che l’ha portato via in meno di dodici mesi. Da giugno dell’anno scorso i suoi legali avevano chiesto un differimento della pena, concesso solo sottoforma di detenzione ospedaliera, a poche ore dalla morte. 

«Sia chiaro: a chi immagina un ambiente simile a quello ospedaliero va subito detto che tutti i detenuti portati in quel reparto preferiscono la propria cella alla stanza ospedaliera – scrive ancora Carmelo Gallico – una tomba scavata nel cemento: niente finestre, niente arredi e televisione, né voce umana. Il senso claustrofobico di solitudine e abbandono in quell’asettico buco senza uscite è più temibile della paventata morte». 

Una prima udienza era stata fissata l’11 novembre, «ma anziché decidere, sposta il limite del tempo: un’altra udienza al 25 novembre per l’asserita necessità di acquisire ulteriori notizie ed integrazioni», prosegue la lettera. Ma arriva un altro rinvio al 27 gennaio. 

«Il sospetto, legittimo, è che la pavidità della magistratura di Sorveglianza, non priva di buona dose di calcolato cinismo, abbia delegato al tempo la “soluzione” della vicenda – aggiunge Gallico – la casistica dei decessi dei detenuti al 41 bis del carcere di Opera, in casi analoghi e in ossequio alla medesima strategia dilatoria delle decisioni sulle istanze di scarcerazione (almeno 6 nell’ultimo anno), ne dà conferma». 

Solo il 27 gennaio il provvedimento viene eseguito, e Giuseppe Gallico viene portato in un reparto ordinario dello stesso ospedale San Carlo, dove muore alle prime ore del 30 gennaio. «La morte – conclude il fratello – gli ha restituito la libertà e la dignità che il cinismo umano della gente per bene gli ha negato fino al suo ultimo agonizzante respiro».