«Ci siamo battuti senza rete. Sappiamo che d’ora in poi non sarà così, il conflitto sulla giustizia non ci vedrà più isolati nella maggioranza». Un big di Italia viva parla in questi termini dell’innesco da cui è venuta la crisi: le norme sul processo. Ed è vero: se qualcosa è cambiato, con le dimissioni di Conte, è nei futuri rapporti di forza sulla giustizia. Riscriverli sarebbe la prima richiesta di eventuali nuovi innesti, se il perimetro della maggioranza si ampliasse. Pretenderebbero l’addio all’assolutismo penale del Movimento 5 Stelle. Come ha lasciato intuire ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, Luigi Vitali, senatore forzista di frontiera, le ulteriori adesioni centriste a un eventuale Conte ter richiederebbero una svolta sulla prescrizione.

Da qui discende tutto il resto. Tutta la storia di una crisi che si è aperta sulla giustizia e si chiuderà solo con una nuova formula magica sul processo penale, o sul nome del guardasigilli. Fin qui ha pesato la fatalità del calendario. Come per la Relazione annuale di Bonafede. Renzi l’ha messa subito nel mirino, e il ministro non poteva cambiare il corso della partita, perché quel passaggio parlamentare deve necessariamente svolgersi prima di domani, giorno in cui è prevista l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Ieri si sarebbe dovuto votare alla Camera e poi al Senato sul documento di via Arenula. Le dimissioni di Conte hanno consentito di evitare lo showdown sulla Relazione del guardasigilli, surrogata dalla semplice presentazione di un testo scritto alle Camere ( non ancora avvenuta, peraltro, fino alla prima serata di ieri). Altro snodo temporale suggestivo e fatale: il calendario delle consultazioni. Italia viva sarà ricevuta da Sergio Mattarella alle 17.30 di oggi: chiederà che un eventuale Conte abbia una impostazione nettamente diversa sul processo penale, con un chiaro impegno a rivedere innanzitutto il blocca- prescrizione. Unica alternativa contemplata da Renzi: un nuovo ministro della Giustizia. Il Movimento 5 Stelle incontrerà il presidente della Repubblica esattamente 24 ore dopo, cioè domani alle 17. Dovrà dire come pensa di riavvicinarsi a Italia viva. E se non lasciasse margini sulla giustizia, un nuovo incarico a Giuseppe Conte diventerebbe problematico. In quel preciso istante potrebbe aprirsi la prospettiva subordinata che Renzi ha in mente: un governo davvero diverso, con una base parlamentare diversa, con Italia viva, con il neonato gruppo degli Europeisti responsabili e forse altri berlusconiani borderline. «E a quel punto», ricorda la fonte renziana evocata all’inizio, «è chiaro che al ministero della Giustizia non potrebbe restare Bonafede».

Dal guardasigilli uscente, insomma, dovrebbe venire per forza una resa. La sua uscita di scena è, certo, ipotesi complicatissima per i 5 stelle. Seppur penalizzato dall’ostilità di diversi parlamentari del Movimento, Bonafede è diventato ancor più un simbolo dopo l’offensiva renziana. E un cedimento sulla sua figura preluderebbe a una ritirata grillina sulla giustizia, quindi sulla prescrizione, cioè su un principio identitario irrinunciabile. Non a caso, un giornale attento all’ortodossia pentastellata sulla giustizia come il Fatto quotidiano ieri ha dato ampio spazio a una lettera sottoscritta dai familiari delle vittime della strage di Viareggio: la norma di Bonafede sulla prescrizione, scrivono, «nasce dalle nostre battaglie, dal sangue dei nostri cari» e «se dovrà essere rimessa in discussione in Parlamento respingeremo ogni forma di solidarietà da parte della politica di ogni colore». Su quel punto non si transige, è il messaggio. Che sembra dar voce all’elettorato profondo del Movimento.

Ma quale concessione potrà fare allora Bonafede a Italia viva? I suggerimenti arrivano ora anche dal Nazareno. È Andrea Orlando, vicesegretario dem, a chiedere che la norma sulla prescrizione venga stemperata da un correttivo efficace: almeno uno sconto di pena per l’imputato sottoposto a un processo troppo lungo, se non quella «prescrizione processuale» suggerita persino dal presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio. L’unica possibile alternativa è sospendere l’efficacia del blocca- prescrizione di almeno un anno, in modo da approvare prima la riforma del processo penale. È il lodo Annibali targato Italia viva. E la sostanziale convergenza fra dem e renziani sul nodo più intricato della crisi lascia intendere quando difficile sia ormai la strada per Conte e per Bonafede.

D’altronde ora Renzi non si accontenta più della “commissione Caiazza”. Cioè dell’organismo ministeriale da lui stesso sollecitato al guardasigilli quasi un anno fa, e per il quale aveva indicato come possibile guida Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali. Si dirà: ma tutto ruota attorno alla prescrizione? E il resto? Le crisi si decidono sui simboli, sui totem. Si trovasse l’alchimia complicatissima, per tenere ancora una volta insieme 5 stelle e renziani, potrebbero discenderne interessanti sviluppi proprio in materia di giustizia. Ad esempio sul Recovery, sull’uso di quei 2 miliardi e 750 milioni ottenuti da Bonafede come quota del Piano di ripresa da destinare ai tribunali. Serviranno ad assumere 1.600 magistrati, all’ufficio del processo, all’edilizia giudiziaria e al digitale. Trovata la formula magica sulla prescrizione, potrebbe aprirsi tutt’altro scenario: Renzi che offre un contributo sul Recovery di Bonafede. Cioè sullo sviluppo prospettico di quella Relazione sulla giustizia da cui è nata la crisi. A proporre idee, ha provveduto intanto il Cnf, la massima istituzione dell’avvocatura, con un documento di 111 pagine consegnato nei giorni scorsi al guardasigilli. Chissà che in capo a una delle crisi più indecifrabili del Dopoguerra, la voce degli avvocati trovi interlocutori in grado di seguirne l’esempio.