Nessuna tolleranza per chi cerca di raggirare il sistema giudiziario. La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12175/2024 ha respinto il ricorso e confermato la condanna dell'imputato che, consapevole di non avere diritto, in base al reddito familiare, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ha comunque presentato un'istanza al Gip.

Il cuore della questione riguarda l’uso fraudolento del patrocinio a spese delle Stato: l'imputato, pur consapevole di non avere diritto al beneficio, ha presentato un'istanza al Gip cercando di ottenere comunque l'ammissione al patrocinio gratuito. Questa azione non era stata perdonata dal giudice d’appello, che aveva inflitto all'uomo una pena di un anno di reclusione e una multa di 600 euro, in base agli articoli 110 c.p. e 95 del d.P.R. n. 15 del 2002.

Nonostante la condanna, l'imputato ha cercato l’assoluzione ricorrendo anche alla Suprema Corte, sostenendo di non aver volontariamente omesso di dichiarare i redditi familiari, bensì di essere stato inconsapevole della situazione. Ha attribuito questa mancanza di dichiarazione al presunto comportamento della madre, la quale avrebbe occultato i redditi al proprio figlio tossicodipendente. Di conseguenza, l’imputato ritiene che la falsa indicazione dei redditi, fondamentale per l'ammissione al patrocinio gratuito, non dovrebbe essere considerata come una mancanza deliberata, ma piuttosto come un errore irrilevante ai fini legali e probatori dell’atto.

Tuttavia secondo la Cassazione, gli argomenti difensivi riguardanti l'assenza di dolo nella falsa dichiarazione sono manifestamente infondati. La Corte ritiene che non vi sia alcun elemento che possa mettere in discussione la coerenza delle deduzioni effettuate dai giudici di primo e secondo grado. In particolare, si sottolinea che la richiesta di rivalutare elementi probatori, anche di natura puramente documentale, non rientra nell'ambito di scrutinio della Corte di Legittimità. Inoltre la Suprema Corte ha sottolineato la completezza e la coerenza della motivazione della corte di merito, che ha esaminato attentamente le circostanze del caso, inclusi i dettagli del contesto familiare e la consapevolezza dei redditi in questione.

Inoltre, gli Ermellini hanno evidenziato i gravi precedenti penali dell'imputato e il suo persistente comportamento illecito, nonostante i benefici ottenuti in passato dalla legge. Questi elementi hanno contribuito a consolidare la decisione della Suprema corte di respingere il ricorso e confermare la condanna, imponendo al ricorrente anche il pagamento delle spese processuali.