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ROVESCIA GOVERNI, SI LANCIA IN BATTAGLIA: RIECCO BERLUSCONI
Oddio, rieccolo. Chi? Silvio Berlusconi naturalmente! Può sembrare strano parlare di un ritorno. Ma bisogna intendersi: a ricomparire è il Berlusconi ruspante, greve, scintillante, populista e rumoroso delle origini, non quello responsabile degli ultimi anni. Il Cav torna caimano: rovescia governi e si lancia in battaglia
Dopo aver voltato le spalle a Draghi, Berlusconi vuole rientrare trionfalmente in Parlamento
Oddio, rieccolo. Chi? Ma Silvio Berlusconi naturalmente! Dominus assoluto della politica italiana per un paio di decenni, poi comprimario ma sempre di primo piano, può sembrare strano parlare di un ritorno. Ma bisogna intendersi: a ricomparire è il Berlusconi ruspante, greve, scintillante, populista e rumoroso delle origini, in sostituzione del pacato, moderato, responsabile Berlusconi degli ultimi anni. È il Berlusconi che distrugge governi, non quello che li tiene a battesimo. Non se lo aspettava nessuno. Era dato per ormai catalogato nell'elenco dei ricordi di un epoca lontana, superata per sempre. Sino all'ultimo secondo, mercoledì scorso, nella bolgia impazzita del Senato, nessuno credeva che il capo di Fi, il volto italiano del Ppe, Silvio l'europeista, avrebbe dato il semaforo verde alla spallata di Salvini.
Lo stupore è lecito, la sorpresa del tutto comprensibile. In una sola turbolenta giornata Berlusconi ha gettato via la paziente costruzione di anni, ha scelto di essere di nuovo il Caimano, uno dei leader nel mirino dei salotti che contano in Italia e all'estero, quelli dove Draghi non si discute si ama, non si sgambetta ma si sostiene sempre e comunque. Perché lo ha fatto?
Perché vuole tornare in pista, è una risposta. È avanti con gli anni, non sa sino a quando le energie necessarie per una campagna elettorale lo sosterranno. Potrebbe essere questione di mesi, non di anni. Ma di guardare la battaglia elettorale da lontano, dalla comoda finestra di una villa, il Mattatore non ha alcuna intenzione. Vuole far pesare le sue un tempo ineguagliate doti di comunicatore, e nonostante l'anagrafe è convinto di poterlo ancora fare. Non è solo questione politica, quando di mezzo c'è il Cavalier Berlusconi nessuna questione è mai solo politica. Tutto è sempre anche e soprattutto personale. Il leader cacciato con ignominia dal Parlamento vuole rientrarci con tutti gli onori e sull'onda del voto popolare. Non farà solo la sua parte, in campagna elettorale. Cercherà di fare molto di più. Mirerà al pieno di voti, al netto successo personale, perché vuole la piena rivalsa su chi meno di 10 anni fa lo umiliò buttandolo fuori dal Parlamento.
In questa crisi le questioni personali, gli umori, i rancori, la vendicatività hanno pesato moltissimo. Se si va a cercare una cesura, un momento dopo il quale nulla è più stato lo stesso, quella è l'elezione del capo dello Stato. Giuseppe Conte ha sbarrato la strada a Mario Draghi perché il rancore nei confronti di chi lo aveva rimpiazzato a palazzo Chigi non gli permetteva di fare altro. I due non si sono mai piaciuti, né stimati né rispettati. Ma da quel momento l'antipatia è diventata ostilità insanabile. Draghi non ha mai concesso al rivale che gli aveva precluso il Quirinale neppure un unghia e il suo malanimo ha coinvolto buona parte della sua maggioranza traditrice. Se si dimentica quella insofferenza reciproca, quella voglia comune di punire l'altro, non si capiscono davvero le dinamiche pazze della crisi. Per Berlusconi le cose sono state così sempre e da sempre. Il personale è venuto sempre prima del politico e ha pesato sempre in misura ben maggiore. È stato così anche stavolta. L'incontro improvvido, anzi suicida, tra Draghi e Letta, alla vigilia del dibattito al Senato, lo ha vissuto come un'offesa e soprattutto un tradimento personali. Quando nel pranzo di villa Grande l'anfitrione è esploso, «ma è il capo di un governo di unità nazionale o del campo largo?», non recitava affatto. Per Silvio Berlusconi la lealtà non può presentare sfumature. Può accettare e dimenticare le sfide aperte, come quella di Bossi che lo defenestrò nel 1994. Non ciò che è, o che lui sospetta essere, una coltellata alle spalle.
Dopo quell'incontro a palazzo Chigi i giochi erano chiusi perché Berlusconi si è convinto che Draghi giocasse di sponda con Letta e a maggior ragione dopo il discorso al Senato. A quel punto la decisione era in realtà presa, ma se c'era, come in questi casi c'è sempre, un margine per il possibile ripensamento è stato bruciato quando Draghi non ha riconosciuto a Forza Italia meriti, lealtà, sostegno al suo operato. Berlusconi non ha calibrato le parole del premier con la bilancia precisa al milligrammo del politico.
Berlusconi si è offeso e il Cavaliere diventa davvero pericoloso in un caso solo: quando si sente tradito e offeso.