SCENARI

Tra le varie opzioni quella che tutti evocano e che è in realtà improbabile ma non impossibile, sono le elezioni anticipate a stretto giro con il premier protagonista

Nella politica italiana, per definizione, può succedere sempre tutto. Però, dopo la conferenza stampa tenuta da Renzi lunedì pomeriggio, è almeno altamente improbabile che si possa evitare un passaggio di crisi. Incerti sono piuttosto i suoi esiti, al momento ignoti a tutti i protagonisti della vicenda, dal capo dello Stato al premier ai leader di partito, incluso il dinamitardo capo di Iv. Gli sbocchi possibili sono quattro. Il primo passo per una eventuale decisione di Conte, quella di affrontare Renzi in Parlamento cercando di reggere al suo voto di sfiducia. I pallottolieri sono già roventi. Si potrebbe allettare qualche senatore ex renziano promettendogli una altrimenti impossibile rielezione. Si potrebbe pescare nel branco folto di parlamentari pronti a tutto pur di evitare lo scioglimento delle camere. Qualche forzista, magari fuoriuscito di fresco potrebbe dare una mano. La manovra probabilmente riuscirebbe ma il risultato sarebbe un governo più che mai sfibrato, sorretto da una maggioranza raccogliticcia in cui ciascun singolo senatore godrebbe di un immenso potere di ricatto. Il governo resterebbe più o meno quello che è nella sua composizione ma sulla sedia a rotelle più che semplicemente azzoppato. È un'ipotesi che lascia a dir poco perplesso il capo dello Stato ma che non piace affatto neppure al Nazareno. Un Conte ter, con ridimensionamento del ruolo del premier, ricambio di poltrone anche importanti e ingresso dei vicepremier, ma anche con un possibile approdo al governo dello stesso Renzi, è l'opzione più credibile, ma passa per un sì di Conte, molto sofferto e tutt'altro che certo, non che dell'ala più di sinistra del M5S, quella che, almeno in una certa misura fa capo al presidente della Camera Fico. Molto improbabile, nella situazione data, è invece un cambio della maggioranza, ostacolato dagli equilibri interni al centrodestra.

La quarta opzione, quella che tutti evocano e che è in realtà improbabile ma non impossibile, sono le elezioni anticipate a stretto giro. È intorno alla minaccia delle elezioni che si gioca buona parte della partita. Renzi non può permettersele: scomparirebbe. Per questo tanto il Colle quanto il Nazareno le danno oggi per certe, in caso di crisi, con l'obiettivo palese di spaventare l'ex premier. Ma elezioni oggi, oltre a essere molto difficili e molto pericolose per la sanità e per l'economia, finirebbero probabilmente per consegnare il Paese alla destra. Renzi lo sa e per questo assicura di non temerle. Ma anche il Pd sa che quel probabile esito del voto è la carta vincente del leader di Iv. Quindi prova a ribaltarla mettendo in campo un'opzione che, consentendo al centrosinistra di sperare in una vittoria, dovrebbe impaurire Renzi perché renderebbe davvero possibile il voto anticipato. È la strategia fatta filtrare più volte da Franceschini: coalizione Pd- M5S- LeU, rafforzata però da un “partito di Conte” che capitalizzerebbe l'ancora molto alta fiducia degli italiani nel premier.

È un disegno realistico e la minaccia è di conseguenza temibile per Renzi? Solo in parte. Sconta infatti tre limiti enormi. Il primo è che l'alleanza con i 5S, che sono ancora a metà del guado nel loro percorso di “normalizzazione”, non sarebbe indolore, come i rinnovati scontri sulla Tav e il veto sul Mes confermano. Il secondo è che sin qui nessun premier senza partito è mai riuscito a capitalizzare davvero il soggiorno a palazzo Chigi. All'atto pratico i consensi si sono rivelati sempre infinitamente minori di quanto promesso dai sondaggi.

Il limite più severo è però il terzo. Conte non ruberebbe probabilmente neppure un pugno di voti all'elettorato di destra. La sua formazione verrebbe foraggiata da voti ex 5S ma anche in uscita dal Pd. Zingaretti ritiene oggi di poter affrontare le urne senza timore perché convinto che il suo partito ne uscirebbe comunque bene. Con il partito di Conte in campo potrebbe avere brutte sorprese e lo sa. Ma soprattutto Conte reclamerebbe la candidatura a premier, senza la quale in effetti l'intera operazione avrebbe poco senso. Ma per un Pd che del premier dice da mesi in privato quel che ne dice in pubblico Renzi e peggio, dover passare cinque anni come l'ultimo sarebbe un incubo peggiore della vittoria della destra, È anche vero che Zingaretti è un segretario dimezzato, che deve fare i conti con una fazione franceschiniana che è oggi targata più Conte che Pd. Come è vero che il Colle giocherà un suo ruolo, pur senza invadenza come è nello stile di Mattarella, e che per i 5S allo sbando la candidatura a premier di Conte potrebbe essere il prezzo dell'alleanza. Dunque tutte le ipotesi, quale più quale meno probabile, restano e resteranno sino all'ultimo in ballo.