«Di fronte all'evento drammatico che si è consumato» davanti alle coste calabresi, «ma ancor più a quel che questo raffigura di condizione drammatiche» in Afghanistan «come in altri Paesi, il cordoglio deve tradursi in scelte concrete, operative, da parte di tutti: dell'Italia, per la sua parte, dell'Unione europea, di tutti i Paesi che ne fanno parte, perché questa è la risposta vera da dare a quel che è avvenuto, a queste condizioni che, con violazioni di diritti umani e della libertà, colpiscono tutti, in qualunque parte del mondo». Dopo esser stato in silenzio davanti alle bare in fila sul parquet del Palasport di Crotone, trasformato in camera ardente dopo il tragico naufragio di migranti a Steccato di Cutro che è costato la vita ad almeno 70 persone, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha lanciato un monito alle istituzioni, intervenendo a Potenza all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università della Basilicata.

Un messaggio breve ma forte, quello del Capo dello Stato, che ha richiamato il governo e l’Ue alle proprie responsabilità nella gestione del fenomeno migratorio. «In qualunque comunità - ha sottolineato - la libertà non è effettiva se non è appannaggio di tutti e il mondo intero è ormai sempre più una comunità raccolta, con ormai nessuna distanza effettiva, interconnessa, dentro la quale la mancanza di libertà colpisce tutti, ovunque. Questo richiamo è per noi particolarmente avvertito in questi giorni» dopo la tragedia di Cutro, «che ha coinvolto interamente la commozione del nostro Paese».

Mattarella ha ricordato quanto avvenuto solo due anni fa a Kabul, con l’occupazione da parte dei Talebani, evento che ha spinto l’Italia ad accogliere le persone in fuga. Immagini terribili, quelle di quei giorni, che fanno comprendere «il perché intere famiglie, persone che non vedono futuro, cercano di lasciare con sofferenza, come sempre avviene, la propria terra, per cercare un avvenire altrove, per avere possibilità di un futuro altrove». Una risposta implicita, forse, alle parole con le quali il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha giudicato le partenze di migliaia di disperati, quasi colpevoli del loro tentativo di sfuggire a morte certa nel proprio Paese.

Il team di avvocati a sostegno delle vittime

In attesa delle mosse della procura e del Consiglio dei ministri convocato a Cutro giovedì 9 marzo, a Crotone si è costituito un pool di avvocati - Luigi Ligotti, Mitja Gialuz, Vincenzo Cardone e Francesco Verri - che assisterà gratuitamente alcune delle famiglie delle vittime. I filoni di indagine della procura, al momento, sono due: uno che vede indagati quattro presunti scafisti e un altro sulla macchina dei soccorsi. Nell’ambito del primo fascicolo, la prossima settimana, si terrà l’incidente probatorio. «Il secondo procedimento - spiegano gli avvocati Luigi Ligotti, Mitja Gialuz, Vincenzo Cardone e Francesco Verri - mira a raccogliere gli elementi per valutare se ci sono responsabilità per il mancato soccorso in mare. In entrambi i procedimenti forniremo il nostro attivo contributo - anche per mezzo di ricerche e investigazioni difensive - per accertare i fatti e perseguirli se risulteranno provati».

Nelle prossime ore verranno nominati dei consulenti, in grado di guidare il team di avvocati nell’interpretazione delle procedure e delle comunicazioni che sono avvenute (o non avvenute) la notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio. «Quello che vogliamo capire è cosa sia successo, dalla partenza all’arrivo, se così possiamo chiamarlo», spiega al Dubbio l’avvocato Verri. Nelle mani dei legali c’è intanto il rapporto di Frontex - che secondo la premier Giorgia Meloni non avrebbe avvisato le autorità italiane del pericolo -, un documento «stringato ma importante», evidenzia Verri. L’Agenzia europea, alle 23.03 di sabato 25 febbraio, ha avvisato la centrale operativa della Guardia costiera di Roma, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Nucleo di coordinamento centrale del ministero dell’Interno della presenza del caicco, fornendo le coordinate dell’imbarcazione. Ma non solo: nella mail spedita alle autorità italiane si segnalava la possibile presenza di persone sottocoperta, nonché «una telefonata satellitare dalla barca verso la Turchia», i «boccaporti a prua aperti», nessun salvagente visibile e una «significativa risposta termica» degli stessi. «Di notte, d'inverno, perché i boccaporti dovrebbero essere aperti? Perché c’è qualcuno sotto coperta. C’era una nave, di notte, con mare forza 4 e previsioni serie di peggioramento rimasta a navigare tutta la notte fino alla tragedia. Questo è un dato di fatto», rileva Verri. La procura di Crotone, intanto sta «lavorando in maniera puntuale, non ci stiamo fermando un attimo - ha dichiarato il procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia -. Stiamo acquisendo tutti gli elementi connessi a questa vicenda e ciò che riguarda i momenti precedenti al disastro. Ma siamo già a un buon punto di ricostruzione della rete di comunicazioni che sono avvenute prima dell’evento». E sul perché nessuno abbia soccorso l’imbarcazione il procuratore si è limitato a dire: «Bella domanda».

L’indagine aperta a Roma

Intanto anche la procura di Roma ha aperto un fascicolo - senza ipotesi di reato e senza indagati -, dopo l’esposto depositato dall’avvocato Fabio Anselmo per conto dei parlamentari di Avs Angelo Bonelli, Ilaria Cucchi, Giuseppe De Cristofaro, Devis Dori, Eleonora Evi, Aurora Floridia, Nicola Fratoianni, Francesca Ghirra, Marco Grimaldi e Luana Zanella, finalizzato a far emergere eventuali responsabilità politiche. «Dal 2019 - si legge nell’esposto - l’Italia ha iniziato a distinguere le situazioni di immigrazione illegale da quelle di ricerca e soccorso urgente (Sar), cui corrispondono procedure, mezzi e perfino “culture” di intervento diverse». L’evento, come noto, è stato gestito dalle Fiamme Gialle come ipotesi di immigrazione illegale, mentre la predisposizione di un evento Sar avrebbe consentito di spedire in mane le motovedette «praticamente inaffondabili» della Guardia Costiera. Ma chi classifica l’evento? «Le autorità a terra», ha spiegato alla stampa Vittorio Alessandro, ammiraglio in congedo della Guardia costiera. «L’evento doveva dunque essere classificato immediatamente come caso Sar - continua l’esposto -. Riteniamo che sia necessario approfondire se vi siano state disposizioni ministeriali che abbiano impedito l’uscita in mare della Guardia Costiera».