Nessuno stop alla gogna mediatica. La commissione Giustizia della Camera ha respinto ieri come inammissibile un emendamento che l’avrebbe vietata, per legge, almeno quando a metterla in azione è un’autorità dello Stato, magistratura compresa, con dichiarazioni non rispettose della presunzione di non colpevolezza. A proporre la norma che avrebbe semplicemente conferito concretezza anche mediatica a un articoletto della nostra Costituzione, il 27, era stato Enrico Costa. Il deputato ora schierato sotto le insegne di Azione e vera spina nel fianco della maggioranza sulle questioni legate alla giustizia. L’emendamento era stato proposto da Costa nell’ambito dell’esame sulle “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell'Italia all’Unione europea - Legge europea 2019- 2020”. Puntava a recepire nell’ordinamento italiano la direttiva sulla “presunzione d’innocenza”.

La disposizione, approvata a Bruxelles nel 2016, stabilisce che gli Stati membri debbano adottare “le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole”.

Il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, il deputato del Movimento 5 Stelle Mario Perantoni, ha dichiarato, appunto, inammissibile l’emendamento. «Ogni pretesto è buono per far imperversare la logica giustizialista che anima questa maggioranza», ha commentato a caldo l’ex viceministro della Giustizia. «Come Azione - ha aggiunto Costa - avevano presentato un emendamento alla legge europea per adeguare finalmente il nostro sistema penale ai contenuti, molto chiari, della direttiva 343 del 2016 sulla presunzione d’innocenza. Qualunque osservatore con un minimo di onestà intellettuale potrà notare come questi principi siano, nel nostro Paese, continuamente disattesi. Anzi, basta una dichiarazione pubblica, una conferenza stampa, un comunicato delle Procure per marchiare a fuoco un indagato, che anche ove fosse assolto, anni dopo, visti i tempi dei processi, non può recuperare la propria immagine», ha proseguito Costa. «Avremmo avuto l’occasione per intervenire, ma ancora una volta questa maggioranza si è sottratta dall’applicare principi di civiltà giuridica», ha quindi concluso Costa.