FRANCESCO DE FELICE Per il pestaggio di Cucchi la Cassazione condanna a 12 anni i due carabinieri

FRANCESCO DE FELICE

Dopo cinque ore di camera di consiglio i giudici della Cassazione hanno scritto la parola fine al caso Cucchi. Dopo 12 anni e mezzo e 15 sentenze la quinta sezione penale della Cassazione ha condannato a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro in relazione al pestaggio subito da Stefano Cucchi la sera del 15 ottobre 2009 nella caserma della compagnia Casilina. La pena, quindi, è stata ridotta di un anno rispetto a quella inflitta loro in appello.

«A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui». È stato il commento a caldo di Ilaria Cucchi dopo la sentenza della Cassazione. Dello stesso tenore le parole di Rita Calore, madre di Stefano, riportate dal suo legale Stefano Maccioni: «Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causandone la morte».

In mattinata il sostituto pg della Cassazione Tomaso Epidendio, con la sua requisitoria, aveva sollecitato il rigetto dei ricorsi degli imputati, con la conferma delle condanne, tranne che per Tedesco, nei confronti del quale, secondo il pg, va celebrato un appello- bis sul solo trattamento sanzionatorio. Il sostituto pg ha sottolineato come Stefano Cucchi «ha vissuto una via crucis notturna, in cui tutti coloro che lo vedevano rimanevano impressionati dalle sue condizioni». Per il sostituto pg «si è voluto infliggere a Cucchi una severa punizione corporale di straordinaria gravità, per il suo comportamento strafottente - ha aggiunto-Tutto qui è drammaticamente grave ma concettualmente semplice: senza i calci, gli schiaffi, le spinte, ci sarebbe stata la frattura della vertebra? La risposta è palesemente negativa». Per il pg è giusto sottolineare l’esistenza dei futili motivi legati al pestaggio di Cucchi: «tutto è drammaticamente grave, ma concettualmente semplice: eliminiamo gli schiaffi, le spinte e i calci, quindi domandiamoci se ci sarebbero state la frattura della vertebra e la lesione dei nervi. La risposta è palesemente negativa». La quinta sezione penale della Cassazione ha deciso un processo d’appello bis per il maresciallo Roberto Mandolini, comandante della stazione Appia dove venne portato Cucchi dopo il pestaggio, per la compilazione del falso verbale di arresto, e per il carabiniere Francesco Tedesco, anch’egli accusato di falso. Per questo reato, però, sarebbe prossima, a maggio 2022, la prescrizione.

Per l’avvocato Bruno Naso, difensore del carabiniere Roberto Mandolini «attribuirgli un falso con una finalità di manipolazione per tutelare quei carabinieri era assurdo, perché nessuno avrebbe previsto, dopo il pestaggio, la morte di Cucchi che avviene 7 giorni dopo a seguito anche di alcune inadempienze che infatti vengono prescritti e non assolti. È il primo momento nel quale riceviamo una risposta - dice - intuiamo che finalmente viene data una risposta, che vedremo con le motivazioni, a una serie di interrogativi rispetto ai quali i giudici di merito si sono invece sottratti per 10 anni».

In settimana, giovedì, è attesa anche la sentenza del processo sui presunti depistaggi sul caso, che vede imputati altri otto carabinieri accusati, a vario titolo, di reati che vanno dal falso, all’omessa denuncia, la calunnia e il favoreggiamento: si tratta del generale Alessandro Casarsa, che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma, il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale, Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo il pestaggio, Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il geometra, Francesco Cavallo all’epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro, Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, e il carabiniere Luca De Ciani.