«Ora dovranno far venire Liliana Segre in ogni Commissione». Dopo la parziale sconfitta di Italia viva al Senato, è questa la battuta maliziosa che circola tra i renziani, quasi indispettiti con la senatrice a vita arrivata a Roma contro il parere del medico per votare la fiducia al governo di Giuseppe Conte.

Ironie a parte, però, il clima è davvero bellicoso e Iv non ha alcuna intenzione di mollare la presa. Anzi, la partita vera comincia adesso, è il ragionamento, che la maggioranza sarà costretta a vivacchiare nell’immobilismo senza il sostegno di Renzi. Sì, perché un conto è sopravvivere in Aula e un conto è riuscire a governare quotidianamente i lavori parlamentari nelle Commissioni dove si decidono tempi e modi del processo legislativo. Ed è in questo contesto che Italia viva attende la maggioranza al varco. Su 29 Commissioni, infatti, senza l’appoggio dei renziani, Pd, M5S e Leu si ritroveranno in minoranza. Qualche esempio?

Affari costituzionali. Sia alla Camera che al Senato per Conte saranno dolori. A Montecitorio le forze di governo possono contare su 24 parlamentari, presidente compreso, il centrodestra su 20, Iv su 3, Azione- Più Europa su 1. Se le minoranze si coalizzassero, la partita finirebbe dunque in parità, che da regolamento equivale a una sconfitta per la maggioranza.

A rischio Recovery e legge elettorale proporzionale

 

Non sarebbe una questione da poco. Anche perché dagli Affari costituzionali passano alcuni dei report più delicati per la sopravvivenza del governo, come la legge elettorale. Quel proporzionale promesso da Conte in Aula per rassicurare i costruttori diventerebbe quasi un traguardo impossibile.

Identica situazione a Palazzo Madama, dove la perfetta parità nella stessa Commissione rischia di trasformare l’ultima fase di legislatura in un vero e proprio Vietnam parlamentare.

La parità sostanziale tra i due “nuovi” blocchi si registra infatti anche in commissione Giustizia alla Camera come in quella Bilancio al Senato ( da dove dovrà passare, giusto per dire, il Recovery Plan), non proprio due snodi secondari dell’azione di governo.

Senza contare le Commissioni attualmente presiedute da Italia viva: Finanze e Trasporti a Montecitorio, Sanità a Palazzo Madama. «Le commissioni sono organi di garanzia e quindi credo che sia assolutamente impossibile vedere un cambio in questa fase. Continuerò a svolgere il mio ruolo di garanzia così come ho sempre fatto nell’interesse della commissione Trasporti», mette subito in chiaro la presidente renziana Raffaella Paita. Perché l’uscita dalla maggioranza, per Iv, non corrisponde affatto alle dimissioni dalle presidenze.

Unica via d'uscita: un unico gruppo parlamentare per i costruttori

Un problema in più per i contiani alle prese con una complicata caccia al responsabile. Unica via d’uscita: una volta rintracciati i costruttori, convincerli a organizzarsi in un unico gruppo parlamentare attraverso il quale redistribuire posti in Commissione e riequilibrare le forze in campo. Ma formalizzare un nuovo raggruppamento significa formalizzare l’esistenza di una nuova maggioranza, con una quarta gamba che sostituisce quella mozzata dai renziani. In altre parole, coi i “volenterosi” raggruppati il premier sarebbe costretto a salire al Colle per comunicare l’esistenza di una coalizione, passando probabilmente attraverso un rapido giro di consultazioni quirinalizie che aprirebbero la strada al Conte ter.

È il passaggio che il presidente del Consiglio fino ad ora ha provato a scongiurare con tutte le sue forze, terrorizzato da possibili tranelli renziani dell’ultimo minuto. Al momento, però, non sembrano esserci alternative sulla strada dell’avvocato: senza una mossa netta, i lavori parlamentari rimarrebbero impantanati. Certo, bisognerà dire addio al “sogno rimpastino” - con qualche casella sostituita e la distribuzione delle prebende lasciate incustodite da Italia viva - ma per uscire dalle sabbie mobili Conte potrebbe non avere altre chances.