SÌ BIPARTISAN ALLA CAMERA PER L’EMENDAMENTO ALLA MANOVRA SUL RIMBORSO PARZIALE DELLE SPESE LEGALI

Processare innocenti non sarà più un disguido. Costa, primo firmatario della norma: «Un passo verso la civiltà, si rifletta sulle accuse a vuoto»

È passato alla Camera, con voto bipartisan e il parere favorevole del governo, l’emendamento alla legge di Bilancio che istituisce il rimborso parziale delle spese legali per chi, sottoposto a un processo, viene assolto con una delle formule ampiamente liberatorie: perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Una norma che viene da lontano: già tre anni fa, e sempre come modifica alla Manovra, era stato il Cnf a proporre la detraibilità integrale delle spese sostenute per difendersi in un processo penale. «Poi era stato Gabriele Albertini a presentare una modifica simile in Senato», ricorda, intervistato dal Dubbio, il primo firmatario dell’emendamento appena approvato in commissione Bilancio, il deputato di Azione Enrico Costa. «Lo hanno sostenuto tutti», spiega. «Il budget certamente basso, di 8 milioni di euro, potrà essere ampliato: l’importante è che si sia introdotto un sacrosanto principio di civiltà giuridica. Ora si rifletta sulle responsabilità dei pm che fanno troppo spesso processare innocenti». TRE TRANCHE ANNUALI FINO AD UN MASSIMO DI 10.500 EURO PER OGNI IMPUTATO ASSOLTO CON FORMULA PIENA

Ok bipartisan in commissione Bilancio per l’emendamento Costa: «Un passo di civiltà giuridica». Sì anche alle modifiche al fondo per i risparmiatori frodati

Una norma di civiltà. Se pure con un budget piccolo, che spinge molti a definirla una sorta di “elemosina”, ma pur sempre un primo passo per far sì che chi patisce ingiustamente un processo possa trovare un minimo di ristoro economico. Insomma, fa sì che lo Stato paghi se accusa - e processa - ingiustamente qualcuno per un reato mai commesso. Così può riassumersi l’emendamento a prima firma Enrico Costa, ex viceministro della Giustizia oggi in forza ad Azione, alla Camera dei deputati ( al quale si sono associati Nunzio Angiola e Flora Frate di Azione, il leader di + Europa Riccardo Magi e Massimo Garavaglia della Lega). E sul senso della norma tutti sono d’accordo, senza distinzioni di colore politico. Tanto che il governo, in prima fila il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha deciso di farlo proprio, apportando giusto qualche modifica rispetto alla formulazione originaria. A sottoscriverlo una platea di deputati bipartisan: da Italia Viva a Forza Italia, passando per Noi per l’Italia e infine anche la Lega, che ha insistito per portare il budget annuale da 5 a 8 milioni. Così alla fine è passato all’unanimità in commissione Bilancio alla Camera, sancendone la ragionevolezza, oltre che l’urgenza. «Con l’approvazione di questo emendamento lo Stato dovrà prendere atto - con un risarcimento concreto - che la vita di molte persone è rovinata da processi che finiscono nel nulla. Ed è un importante passo di civiltà giuridica», ha commentato Costa. L’emendamento prevede l’introduzione di un nuovo articolo del codice penale, il 177 bis, che segue, dunque, il 177, relativo alla revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena. L’articolo - denominato “rimborso delle spese legali per gli imputati assolti con sentenza penale passata in giudicato” - si compone di nove punti, prevedendo tre rate annuali, fino a un massimo di 10.500 euro, tetto limite riconosciuto dallo Stato per risarcire i cittadini ingiustamente perseguiti. Le condizioni sono chiare: l’imputato deve essere stato assolto con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Niente da fare nei casi di prescrizione, amnistia o indulto, depenalizzazione dei reati o se si viene assolti per un capo d’imputazione ma non per gli altri per i quali ha subito un processo. Il rimborso partirà dall’anno successivo alla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile e non farà reddito. Per accedere al rimborso sarà necessario che il difensore presenti fattura, con espressa indicazione causale e dell’avvenuto pagamento, corredata da parere di congruità redatto dal competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati e da una copia della sentenza di assoluzione con attestazione di cancelleria della sua irrevocabilità. Ciò che fa sorgere dei dubbi è, come detto, il budget a disposizione. Perché destinare 8 milioni di euro l’anno significa presupporre che il numero di assolti sia decisamente basso rispetto alle medie italiane. I dati, infatti, raccontano che ogni anno, in media, si registrano mille ingiuste detenzioni. A queste vanno sommati i casi di assoluzione per imputati non sottoposti a misura cautelare: i numeri lievitano. L’emendamento prova a bypassare questo problema, stabilendo al comma 5 che «con decreto del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità di erogazione dei rimborsi di cui al comma 1, nonché le ulteriori disposizioni ai fini del contenimento della spesa nei limiti di cui al comma 6, attribuendo rilievo al numero di gradi di giudizio cui l'assolto è stato sottoposto e alla durata del giudizio». L’emendamento Costa riporta alla mente anche una proposta emendativa presentata dal Cnf alla legge di Bilancio 2019, che prevedeva la detrazione delle spese legali sostenute per la difesa, in quanto «il diritto di difesa, infatti, è garantito a livello costituzionale dall’articolo 24, al pari del diritto alla salute, e ricomprende necessariamente l’assistenza tecnica e professionale prestata dall’avvocato».

La commissione Bilancio alla Camera ha anche approvato la modifica del Fondo indennizzo risparmiatori, che permetterà alla commissione tecnica di bonificare direttamente fino al 100% dell'importo stabilito in fase istruttoria. Un emendamento a firma del deputato grillino Raphael Raduzzi a tutela dei risparmiatori frodati, sostengono il sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, e il sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa.