Stretta finale sulle nomine del Direttivo della Scuola superiore della magistratura, con il Csm che si prepara a una nuova infornata di incarichi. E ad essi si associa il rischio di nuove tensioni consiliari, i cui indizi trapelano da un documento-appello firmato dai togati Domenica Miele (Md), Roberto Fontana e Andrea Mirenda (indipendenti), che chiedono ai colleghi di improntare la scelta al merito, richiesta ineludibile dopo gli scandali degli ultimi anni.

Che si tratti di un momento delicato per il Csm lo spiegano gli stessi membri di Palazzo dei Marescialli, secondo in ballo ci sono poltrone «ben più importanti di un ufficio direttivo», dal momento che proprio dalla Scuola superiore passa il futuro culturale della magistratura. Secondo Miele, Fontana e Mirenda è dunque necessario evitare che anche queste nomine - come accade per quelle degli uffici - rappresentino una nuova occasione per far prevalere logiche di lottizzazione. La VI Commissione si ritrova per le mani due corposi elenchi: quello dei professori universitari, che conta 62 nomi tra i quali pescarne uno - il più accreditato è quello dell’attuale presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra, il cui incarico è in scadenza l’11 novembre -, e quello dei magistrati, 85 candidati tra i quali se ne sceglieranno sei (e tra cloro attualmente in pole position ci sarebbe Mario Palazzi, toga di Area in corsa anche alle ultime elezioni del Csm).

«La nomina dei componenti del Direttivo della Scuola superiore della magistratura - si legge nella lettera - costituisce un banco di prova fondamentale del permanere o meno all’interno del Consiglio, anche dopo lo scandalo del maggio 2019, di logiche di spartizione correntizia». Ed è per questo motivo, scrivono i tre togati, che è necessario far sì che l’unico criterio della scelta sia quello del merito, da valutare con una meticolosa comparazione analitica degli aspiranti affinché il mosaico complessivo includa competenze nei settori civile, penale, diritto delle persone, tutela dei soggetti deboli, diritto dell’economia e della crisi d’impresa e diritto dell’Unione europea. Questo perché è «l’alto livello di preparazione» a rappresentare «elemento portante su cui si regge l’indipendenza dell’ordine giudiziario» e «consolida la legittimazione della magistratura e dell’attività da essa posta in essere».

Un’offerta formativa complessa è dunque necessaria per garantire quel «processo di “rigenerazione” etica e culturale che deve impegnare tutta la magistratura ed il suo sistema di autogoverno». Per questo motivo, «bisogna fugare ogni dubbio sul fatto che solo e soltanto la conoscenza approfondita dei menzionati settori giurisdizionali, in una con la specifica esperienza formativa maturata in quell’ambito, saranno i requisiti che presiederanno all’individuazione dei colleghi destinati al direttivo della Ssm, escluso ogni altro fattore di condizionamento. Sarebbe, infatti, fortemente negativo per l’immagine del Consiglio, come pure della stessa magistratura - continua la lettera -, operare scelte di segno diverso, tali da far ritenere che le nomine in questione siano solo un ulteriore tassello del cursus honorum di ruoli apicali nell’associazionismo o nell’organo di autogoverno».