Le nomine del direttivo della Scuola superiore della magistratura agitano il Csm. Al punto, secondo i rumors, da spingere il Colle a chiedere chiarimenti al vicepresidente Fabio Pinelli sui criteri di selezione degli aspiranti componenti, dal momento che la sesta Commissione, lunedì e martedì, ha audito solo 29 candidati, scremando il corposo elenco di aspiranti senza un criterio noto.

Una scelta che ha fatto molto discutere i magistrati nelle varie mailing list, tutti curiosi di conoscere su quale base così tanti colleghi siano stati esclusi dalla selezione, nonostante l’appello lanciato dai consiglieri Roberto Fontana, Domenica Miele e Andrea Mirenda, che chiedevano una selezione trasparente. Così, prima ancora di scegliere i nomi da portare in Consiglio - la decisione dovrebbe arrivare oggi -, sembra già farsi strada l’ipotesi di una richiesta di accesso agli atti. Gli elenchi originali erano molto lunghi: da un lato quello dei professori universitari, che conta 62 nomi tra i quali pescarne uno, dall’altro quello dei magistrati, 85 candidati tra i quali se ne sceglieranno sei, ai quali vanno aggiunti i cinque scelti dal ministro della Giustizia (un magistrato, due professori e due avvocati).

Per quanto riguarda i professori, il nome più accreditato alla vigilia è quello dell’attuale presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra, il cui incarico è in scadenza l’ 11 novembre, che però non sarebbe graditissimo ai laici di centrodestra, essendo stata scelta dal Pd alla Consulta.

Tra le toghe, invece, circolano i nomi di Mariano Sciacca, presidente di sezione a Catania e già consigliere del Csm per Unicost, Mario Palazzi, sostituto procuratore a Roma, e Claudio Castelli, presidente della corte d’Appello di Brescia, entrambi di Area. Il nome di MI sarebbe quello di Tommaso Epidendio, procuratore generale in Cassazione. I posti sembrano essere divisi in maniera chiara: tre toghe di Magistratura Indipendente, due di Area e una di Unicost. Una logica di spartizione che Fontana, Miele e Mirenda, con il loro appello, avevano tentato di scongiurare, sottolineando come, trattandosi di poltrone «ben più importanti di un ufficio direttivo» - dal momento che è capace di condizionare i filoni giurisprudenziali e fidelizzare i magistrati ordinari in tirocinio che lì trascorrono molto mesi -, sarebbe stato necessario far sì che l’unico criterio della scelta fosse quello del merito.

Ciò perché è «l’alto livello di preparazione» a rappresentare «elemento portante su cui si regge l’indipendenza dell’ordine giudiziario» e a consolidare «la legittimazione della magistratura e dell’attività da essa posta in essere». Una richiesta importante, considerando che tale nomina «costituisce un banco di prova fondamentale del permanere o meno all’interno del Consiglio, anche dopo lo scandalo del maggio 2019, di logiche di spartizione correntizia».

Sarebbe, infatti, «fortemente negativo per l’immagine del Consiglio, come pure della stessa magistratura - continua la lettera -, operare scelte di segno diverso, tali da far ritenere che le nomine in questione siano solo un ulteriore tassello del cursus honorum di ruoli apicali nell’associazionismo o nell’organo di autogoverno». Che si tratti di posti ambitissimi è evidente anche per i molteplici annullamenti che, negli anni, hanno caratterizzato le nomine dei componenti della Ssm, sintomo della lottizzazione feroce che vige anche in questo campo.

Rispondendo ai colleghi perplessi sulle modalità di scelta, Mirenda, pur sottolineando l’indubbio valore dei contendenti, ha chiarito come «una prima selezione dei candidati (quelli chiamati alle audizioni)» apparirebbe «fondata su criteri non agevolmente riconoscibili». «Prima si devono decidere in modo trasparente, mettendoli a verbale, i criteri di merito (a cominciare dall’individuazione delle specializzazioni che s’intende privilegiare nella costruzione del Direttivo e dei titoli in relazioni ad esse) ha dunque evidenziato -, e poi - solo poi - si valutano i candidati. Perché altrimenti i criteri si costruiscono ex post, secondo una formula spartitoria tristemente resa nota nelle chat di Palamara». Da qui l’appello firmato assieme a Fontana e Miele, «affinché ora e sempre - siano rispettate le regole dell’Autogoverno, “per la vita del diritto” e per un Csm migliore di quelli che sin qui abbiamo avuto».