«Immaginate di aspettare per anni una sentenza e, proprio quando sembra che la giustizia stia per arrivare, una giornata di sciopero blocca tutto. È quello che è successo il 27 febbraio, quando i magistrati italiani hanno incrociato le braccia per protestare contro la riforma della giustizia. Risultato? Udienze rimandate a mesi, addirittura a anni, e migliaia di cittadini costretti a vivere un’ulteriore “pausa” della giustizia, con diritti e speranze messi in stand-by. Un caos che non solo rallenta il già lento sistema giudiziario, ma rischia di affossare anche gli ambiziosi obiettivi del Pnrr, destinato a rendere i tribunali italiani più veloci ed efficienti. La domanda è: quanto è giusto che una protesta blocchi tutto, mettendo in difficoltà proprio chi ha bisogno di risposte dalla giustizia?». A porsi la domanda è Tommaso Calderone, deputato di Forza Italia e capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, che insieme ai colleghi ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio per conoscere gli “effetti” dello sciopero organizzato dall’Associazione nazionale magistrati lo scorso 27 febbraio contro la separazione delle carriere. Una manifestazione con numeri record, che ha registrato, stando ai dati raccolti dallo stesso sindacato delle toghe, l’80% di adesioni. Ma con quali effetti sul sistema giustizia? Calderone sottolinea come il modello di magistratura pensato dai Costituenti fosse basato sull’indipendenza da ogni altro potere (articolo 104 primo comma della Costituzione), indicando chiaramente che la magistratura è concepita come un “potere neutro”, senza influenze politiche dirette. «Una simile impostazione - afferma - evidenzia il tema dell’opportunità dello sciopero della magistratura proclamato per influire su direttive politiche specifiche che proprio a essa si indirizza, considerando che in tal caso lo sciopero cesserebbe di operare come uno strumento di autotutela di categoria, per trasformarsi in un tentativo di sovrapposizione dei pubblici funzionari all’organo politico».

Il dato non è soltanto politico, per Calderone, che ricorda come la riforma della giustizia sia inserita tra quelle previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, «in quanto atta ad influenzare positivamente vari settori economici e sociali e contribuire al rafforzamento della competitività del Paese, così rappresentando un passaggio cruciale per modernizzare il sistema giudiziario italiano, rendendolo più rapido ed efficiente». L’asse 2 della componente M1C1 del Pnrr prevede infatti lo stanziamento di oltre 2,6 miliardi di euro per riforme e investimenti nel sistema giustizia. La finalità di queste risorse è ambiziosa: entro il 2026, si mira a ottenere una riduzione del 40 per cento dei tempi dei contenziosi civili e commerciali, una diminuzione del 25 per cento dei tempi dei procedimenti penali e l’abbattimento del 90 per cento delle cause pendenti presso i tribunali civili di primo e secondo grado. La riforma dovrebbe dunque avere un impatto diretto sul miglioramento della giustizia, ma l’efficacia di tali misure potrebbe essere seriamente compromessa da eventi come lo sciopero dei magistrati. L’astensione, infatti, avrebbe causato «significativi rinvii e ritardi nelle udienze già fissate - di mesi nell’ambito dei procedimenti penali e di anni nell’ambito di quelli civili - cagionando un grave danno ai cittadini in attesa di giustizia». Calderone chiede di verificare se e quanto gli slittamenti causati dallo sciopero incideranno sotto il profilo finanziario. Anche perché diverse udienze penali sono state rinviate senza preavviso, tramite un comunicato di appena quattro righe dell’Anm, lasciando ignari coloro che erano chiamati a comparire, come le parti private, i testimoni e i consulenti, magari anche da lontano, che hanno scoperto il loro destino solo una volta in aula. «Per i rinvii delle udienze penali - recitava infatti il vademecum -, a meno di non voler riversare sulle cancellerie l’onere di notificare alle parti il relativo avviso, il rinvio dovrà essere disposto in udienza, con la chiamata dei fascicoli fissati sul ruolo, eventualmente ad unico orario, compatibile con la partecipazione all’assemblea (meglio dalle 13 in poi)». La decisione di aderire o meno all’astensione, dunque, in alcuni casi è stata presa all’ultimo minuto, direttamente in udienza, per non aumentare il carico di lavoro delle cancellerie. Il tutto organizzando l’agenda in base all’assemblea di categoria. A ciò si aggiunga «come nessun dato è reperibile circa l’adesione allo sciopero dei numeri dei magistrati collocati fuori ruolo, dato sul quale sarebbe interessante far luce». Da qui la richiesta di conoscere «quali siano i dati relativi ai rinvii delle udienze nell’ambito dei procedimenti civili e penali conseguenti l’astensione del 27 febbraio scorso, se e quanto abbiano inciso finanziariamente sull’ attuazione delle riforme del Pnrr in termini di durata dei procedimenti civili e penali, quanti reati si prescriveranno a cagione dello sciopero stesso, e quanti siano i magistrati fuori ruolo che hanno aderito allo sciopero».

I magistrati, secondo Calderone, «hanno creato un danno ai cittadini italiani con il rinvio delle cause e allo Stato con il Pnrr. Ho dei clienti sottoposti a misura di prevenzione la cui udienza, fissata per il giorno dell’astensione, è stata rinviata a novembre a causa dello sciopero. Questi clienti dovranno rimanere per altri nove mesi con una misura di prevenzione sulle spalle, misura che magari avrebbe potuto essere revocata, consentendo loro di liberarsi di tale peso - spiega al Dubbio -. Per non parlare di chi è coinvolto in una causa civile e che si è visto rinviare l’udienza addirittura al 2026. Lo sciopero dei magistrati ha causato un disagio totale a migliaia di cittadini italiani - continua il deputato - avvocato -. Per questo ho chiesto al ministro Nordio di chiarire le conseguenze di questa scelta. Non si tratta di impedire ai magistrati di scioperare, ma di capire quale danno ha comportato ai cittadini».