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Se un marziano fosse atterrato sul palco del teatro Ghione per assistere alla kermesse pacifista di Michele Santoro cosa avrebbe mai pensato della guerra in Ucraina? Che la Russia è la vittima di una vile aggressione da parte di Stati Uniti e Nato e che gli ucraini sono dei nazisti usati dall’Occidente per destabilizzare il regime del povero Vladimir Putin. Tre ore di spettacolo e di una seguitissima diretta streaming che ha costantemente oscillato tra farsa e tragedia in cui nessuno ha nominato i massacri di Bucha. Michele Santoro e gli altri tre ore di spettacolo senza nominare Bucha
“La pace proibita” l’imbarazzante raduno di intellettuali e artisti che trasforma i russi in vittime e gli ucraini in nazisti aggressori
Se un marziano fosse atterrato improvvisamente sul palco del teatro Ghione per assistere alla kermesse pacifista di Michele Santoro cosa avrebbe mai pensato della guerra in Ucraina?
Che la Russia è la vittima di una vile aggressione da parte di Stati Uniti e Nato e che gli ucraini sono dei nazisti usati dall’Occidente per destabilizzare il regime del povero Vladimir Putin.
Tre ore di spettacolo e di una seguitissima diretta streaming che ha costantemente oscillato tra farsa e tragedia in cui nessuno, ma proprio nessuno tra i prestigiosi oratori intervenuti, ha nominato i massacri di Bucha, le esecuzioni dei civili ucraini, le fosse comuni, oppure le macerie di Mariupol ridotta a un portacenere dall’artiglieria di Mosca. È i cinque milioni di sfollati? Spariti anche loro dai radar.
Nel nome della pace perpetua e delle supercazzole sono riusciti a cancellare la guerra che gli scorre tutti i giorni sotto gli occhi, a negarne gli orrori a mistificare i legami di causa- effetto ma soprattutto a rimuoverne le responsabilità.
Come la filosofa Donatella Di Cesare che non ha speso una sillaba sulle città da due mesi sotto il fuoco dell’armata russa, che non ha detto nulla sugli eccidi nei villaggi, dedicando il suo intervento all’uccisione nel 2014 dei 48 militanti filorussi, arsi vivi nel palazzo dei sindacati di Odessa dopo giorni di scontri con i nazionalisti ucraini. Mosca non ha fatto altro che difendersi.
Tra un intervento e l’altro, poi, scorrono le immagini del faziosissimo documentario francese Ukraine, les masques de la révolution di Paul Moreira, per cui la rivoluzione di Maidan è stata niente altro un golpe orchestrato dal Dipartimento di Stato Usa mentre in Donbass è da anni in corso un feroce pulizia etnica nei confronti delle minoranze russofone. Ricostruzione smentita dalla stessa Onu che parla di scontri tra milizie e di vittime da entrambi le parti.
Ma come si fa a falsificare la realtà al punto da rovesciarne del tutto il significato?
Come si fa a trasformare le vittime in carnefici e gli aggressori in aggrediti con tanta invasata leggerezza?
Fa impressione e anche un po’ pena vedere un’intellettuale importante come Luciana Castellina accostata a guitti mitomani e narcisisti come Carlo Freccero, a ex grillini e complottisti.
Le performance degli artisti che si alternano sul palco recitando brani o cantando canzoni che inneggiano al generico valore della pace, da Elio Germano ad Ascanio Celestini, passando per Fiorella Mannoia, aggiungono poi quel tocco stralunato alla serata.
E che dire di Sabina Guzzanti per la quale la censura sui media italiani è praticamente uguale a quella di Mosca perché se lì ti arrestano o ti ammazzano, qui da noi «ti rovinano la carriera?». Chissà cosa ne penserebbero i colleghi di Ana Politkovskaja e delle decine di giornalisti critici verso lo “zar” assassinati in circostanze misteriose.
Che la nostra informazione sia schierata in modo compatto dalla parte di Kiev ( ma molto meno che in altri paesi occidentali) è un dato di fatto, associare il mainstream italico alla disinformatia del Cremlino vuol dire invece stare fuori dal mondo.
Ma il momento più imbarazzante della serata è stato forse lo speech di Moni Ovadia, interamente consacrato al battaglione Azov, all’ideologia nazista dei suoi leader, e ai suoi oscuri legami con la Cia. Un battaglione regionale di 2500 persone ( oggi più che dimezzato dall’offensiva russa) su un esercito di oltre 200mila unità che diventa l’emblema del governo ucraino. Tanto nazisti gli ucraini lo sono sempre stati, ci spiega Ovadia ricordando pogrom degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Fatti terribili, avvenuti 80 anni fa, usati come pretesto per giustificare la “denazificazione” o la “deucrainizzazione” di Putin. Neanche l’ufficio stampa del Cremlino sarebbe riuscito a confezionare una versione più fantasy del conflitto in corso.
Peccato che Ovadia non citi mai i tagliagole ceceni “kadyrosky” o i mercenari russi del gruppo Wagner, anche loro fondati da un ammiratore di Adolf Hitler, l’ex paracadutista Dimitri Utkin che vanta il simbolo delle SS tatuato sul collo. Evidentemente quando i nazi sono i nemici del mio nemico possono anche andar bene.
La kermesse marziana organizzata da Michele Santoro ci regala una fotografia triste e ingiallita del movimento pacifista, ridotto a puro avanspettacolo, chiuso dentro il velluti dei teatri e animato da un’avanguardia di rancorosi boomer di successo. Nel 2003, quando gli Stati Uniti di George W. Bush scatenarono la loro guerra illegale contro l’Iraq di Saddam Hussein, le piazze italiane ( e del mondo intero) si riempirono di pacifisti, la gran parte di loro giovanissimi, che giustamente chiedevano l’immediato ritiro delle truppe di occupazione angloamericane. Un movimento di massa con le idee chiare Oggi che l’invasione illegale l’hanno fatta i russi quelle piazze sono tristemente vuote. Non ci sono più le guerre di una volta,